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July 10, 2020
Claudia Corrent: la fotografia
come storia di un’ombra
Francesca Fattinger
Finalmente sono riuscita a chiacchierare con una fotografa, Claudia Corrent, che fa poesia e filosofia con le immagini, ci insegna a guardare oltre, a ragionare sulla potenza insita in ogni scatto, che sia suo, nostro o dei grandi fotografi e delle grandi fotografe della storia. Nel periodo della quarantena è stata più prolifica che mai e con la riscoperta della potenza, spesso sottovalutata, del “qui e ora”, ha trasformato bambine e bambini in ricercatori di meraviglie del quotidiano, ha fotografato piazze lontane incredibilmente deserte e ha mandato cartoline con i luoghi elettivi delle persone che l’hanno contattata per essere parte del progetto. Uno degli aspetti che mi piace di più del suo lavoro è che non è mai solo il suo occhio l’artefice delle sue opere: lo sguardo è sempre guidato da molto altro, da idee, da sogni, da pensieri, da persone di ogni età che entrano nel suo mondo. Per questo ogni suo progetto è un tuffo in quel mondo dell’”oltre”, che alla fine non è altro che l’anima stessa della fotografia.
La domanda più difficile del mondo lo so, me ne scuso in partenza, ma secondo me dalla tua risposta scopriremo delle cose bellissime. Chi è Claudia Corrent?
Aiuto! Anagraficamente? Filosoficamente?
Partiamo dal semplice: sono nata a Bolzano e ho studiato filosofia, lavoro nell’ambito dell’immagine: mi piace insegnarla, ragionarci su, scattare fotografie.
Vivo con la mia amata felina femmina ventiduenne e il mio moroso a Bolzano ma sogno il mare. Sono curiosa, pratica ma vivo anche in un mondo un po’ tutto mio.
Desidero sempre qualcosa che non ho, faccio grandi passeggiate, osservo molto l’esterno e l’interno. Alla ricerca di equilibrio come tutti.
Ai miei occhi i tuoi progetti miscelano, come potenti pozioni magiche per attivare la meraviglia, alcune componenti principali: interesse per l’altra e l’altro di fronte a te, che diventano protagonisti in qualità di soggetti e oggetti dei tuoi progetti, poesia, filosofia, abitare, mare e tempo… e potrei andare avanti all’infinito. Ce ne vuoi parlare un po’?
I miei progetti nascono dai miei bisogni, dai miei interessi e mescolo pensieri, idee facendo fare delle “capriole alle immagini”. Possono essere delle letture, dei film, un’immagine che ho visto e che poi al momento giusto ritorna fuori ed esce in autonomia. Vedere è ricordare, diceva Platone, e sono rapita dalla loro forza, dalla loro suggestione, dal loro farsi carico di significati e memorie. Le immagini sono state in questi anni conforto, cura, riposo. Ne ricerco di un certo tipo e le creo per sedare ansie, per elaborare situazioni, per venire a capo delle cose, per cercare il senso. Nascono così gli ultimi lavori legati al collage e alla memoria, cercando di mescolare cose lontanissime, ragionando sul tempo e sul suo passaggio, sulle relazioni che abbiamo con le persone e con i nostri luoghi elettivi.
Sono affascinata dalle immagini del passato, dal trasformare quello che “è stato” – noema della fotografia secondo Barthes – in qualcosa d’altro, in qualcosa che può cambiare. E poi la fotografia coglie il paradosso: tenta di frenare l’irreparabile, l’abisso che ci attende (come direbbe il poeta Arminio) cogliendo qualcosa di eterno, di sospeso ben sapendo che è solo illusione.
C’è un racconto di Plinio il vecchio che spiega la nascita a cui far risalire la fondazione dell’immagine, la racconto spesso quando insegno ai ragazzi perché è molto significativa. La storia narra della figlia di un vasaio che, disperata dalla partenza del suo amato, chiede al padre di far qualcosa. Il vasaio perciò tratteggia sul muro la sagoma del fidanzato che viene proiettata dal lume della candela. Da qui poi egli farà un ritratto con l’argilla.
È una storia che trovo bellissima e che spiega davvero perché abbiamo bisogno delle immagini: esse servono per perpetuare il ricordo, lenire l’assenza, trattenere la perdita. Racconta però anche altro da un punto di vista ontologico: l’immagine (la fotografia) è la storia di un’ombra, un elemento a metà tra il visibile e l’invisibile nonostante la sua materialità.
La pandemia ci ha bloccato, fermato in una stasi sconosciuta, ma ci ha anche attivato e ci ha fatto scoprire qualche parte nascosta di noi, un progetto nel cassetto da tirare fuori, un libro da leggere che ci aspettava da tempo. Cosa ti ha fatto scoprire e cosa porterai con te nel futuro?
La pandemia mi ha fatto ragionare sul “qui e ora”. Nel momento che non si può avere il controllo di quello che succede fuori, allora si può far qualcosa per quello che avviene all’interno. Poi è tornata con forza una frase di Lacan, lo psicoanalista francese che dice: “Hai tu agito in conformità del tuo desiderio?” É potente come frase, sapendo che il termine latino de-siderio significa letteralmente “mancanza di stelle”. Non è bellissimo?!
In questo tempo incerto essere guidati da questa idea benefica ti porta vicinissimo a quello che vuoi fare, essere, diventare.
Da un punto di vista pratico invece in quei due mesi ho fatto più progetti che negli ultimi anni: con Foto-forum abbiamo raccolto le immagini scattate in quarantena dai bambini e ora ne uscirà una piccola pubblicazione, ho scattato con le webcam entrando nelle camere dei ragazzi e uscendo nelle piazze deserte, ho creato della cartoline con i luoghi elettivi delle persone con google earth e poi le ho spedite ed infine ho iniziato un lavoro legato alle fotografie di archivio con l’uso dello scan.
Una domanda importante sul tuo insegnare fotografia, come si fa a insegnare a guardare il mondo attraverso un obiettivo? O forse è qualcosa di più e di diverso? Quali sono i prossimi appuntamenti da segnare in agenda?
L’insegnamento è una parte che mi piace tantissimo del mio lavoro, ed è molto vario perché dipende dall’età dei bambini, dal gruppo, dalle singole personalità.
Credo sia molto importante un’educazione visiva, vista l’ipertrofia di immagini che vediamo quotidianamente. Uno dei compiti futuri sarà proprio quello di “leggerle” e capirne i significati.
Non so poi se il termine “leggerle” sia davvero appropriato perché le immagini si vedono e non si leggono. Penso però che sia molto importante lavorare sull’aspetto della cultura visiva fin da piccoli.
Cerco di far ragionare i ragazzi quando si parla di fotografie, non insegno quasi mai fotografia vera e propria, cosa sono i diaframmi, come si scatta, è solo un aspetto molto marginale. La fotografia è tanto tanto altro.
Produrre immagini è diventato semplicissimo e ci riescono tutti, mi interessa invece dare stimoli, produrre domande, questo è l’aspetto che mi interessa di più.
Come appuntamenti al momento sto curando con Foto-forum e con l’aiuto di Rorhof tre settimana di didattica per bambini di immagine e fotografia, poi avrò un laboratorio di Polaroid al centro giovani Vintola. Infine ho appena finito una bellissima esperienza di formazione a Bologna di filosofia con i bambini e non vedo l’ora di inventarmi nuovi laboratori per far ragionare i bambini con le idee e le immagini.
Foto di Claudia Corrent
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