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June 18, 2020

I racconti delle balie #03

Stefania Santoni

Nellʼantica Grecia, luoghi quali crocevia, sorgenti, pozzi e simili
avevano specifiche qualità e specifiche personificazioni: déi, demoni, 
ninfe, daimones e se si era inconsapevoli di tutto questo, se si era disattenti
alle figure che abitavano un incrocio o un bosco, se si era insensibili ai luoghi
ai correva un grave pericolo. Si poteva essere posseduti. 

James Hillman

«Ogni luogo ha unʼanima. Il nostro compito è di scoprirla», sosteneva lo psichiatra junghiano James Hillman. Gli antichi romani chiamavano questo concetto genius loci

Ogni spazio è difatti marchiato e unico per essere autentico; è latore di un messaggio, di quel significato che il viandante è invitato a scoprire: perché lʼanima di un luogo è un codice da sentire, interpretare, interiorizzare. Ma non solo. Lei è un invito alla conoscenza: perché ciò che è fuori di noi racconta, in modo più o meno indiretto, ciò che è dentro di noi.

Sono cresciuta a due passi di un luogo incantato: un castello, quello di Toblino, incastonato nel turchese dellʼacqua del suo lago. Fin da bambina ho sempre avuto percezione e coscienza del suo mistero e fascino: qui si respira unʼaria diversa; qui si avverte unʼenergia profonda che smuove le porte del cuore. 

Non a caso questo castello ha ospitato amori travagliati, segreti, nascosti. 

Anticamente il nostro maniero era abitato da fate e Fati, figure mitologiche che avevano il compito di presiedere il destino degli uomini e delle donne: ce lo testimonia unʼiscrizione romana risalente al III secolo d.C. (la celebre epigrafe dei Tublinati). La scelta di questa dimora da parte di tali figure non è assolutamente casuale: fate e Fati erano legati a doppio filo con la dimensione fluida e quindi con lʼacqua, da sempre elemento di vita e di rinascita in tutte le culture. 

Questo aspetto magico e misterioso, legato ai primi abitanti del nostro luogo, si riscontra anche in quella leggenda che racconta la presenza di una galleria che partiva dai sotterranei del castello, passando sotto il lago, per poi risalire e giungere fino alle cantine di un altro castello, quello di Madruzzo. Qui viveva un principe-vescovo che ogni notte si serviva di questo passaggio segreto per far visita di nascosto alla sua amante: la principessa di Toblino.  

Si tratta di Claudia, figlia di Lodovico Particella, oriundo di Fossombrone, e di Carlo Emanuele, principe-vescovo di Trento e ultimo discendente dei Madruzzo. Dopo aver supplicato il Papa di ottenere lo scioglimento dei voti sacerdotali, il prelato si sarebbe abbandonato a ogni sorta di nefandezze e passioni, fra cui lʼintrigo amoroso con Claudia. 

Una versione del racconto vede Carlo Emanuele cospiratore della morte di Claudia e del fratello Vincenzo, entrambi annegati tragicamente nel lago, mentre secondo un’altra tradizione il nostro castello avrebbe ospitato il contrastato amore di Aliprando di Toblino con Ginevra, la bella castellana di Sténico. Una notte, mentre Aliprando ritornava al suo maniero in riva al lago cavalcando lungo l’aspro sentiero che dalle Giudicarie scendeva nella Valle del Sarca, cadde in un’imboscata tesagli da Graziadeo di Castel Campo, suo rivale in amore, e ucciso. 

La tradizione popolare ci rivela anche la presenza di un tesoro nascosto: i signori del Castello avrebbero fatto murare in una delle stanze al primo piano del castello una casa colma di marenghi dʼoro. Di questo tesoro vennero a conoscenza anche i soldati francesi del generale Vendôme. Misero a soqquadro lʼintero castello e torturarono i prigionieri distruggendo ogni cosa, ma invano: dei marenghi dʼoro non trovarono alcuna traccia. Così le milizie transalpine si accanirono con furore soprattutto con una lapide romana, credendo che nascondesse lʼingresso della stanza del tesoro. Ancora oggi la lapida, spezzata e murato sotto il portico della corte, è lì a ricordare quel terribile saccheggio. 

Quasi tutti i castelli del Trentino vantano uno o più fantasmi che, nelle notti di luna piena, vagano in cerca di un posto tranquillo dove stare, come i saloni di un antico castello. Quello di Toblino, per parte sua, può invece dire di essere tra i pochi di aver avuto…finti fantasmi!

Quando il maniero venne definitivamente abbandonato dai suoi proprietari, una gruppo di falsati lo occupò trasformandolo nella loro dimora. Tuttavia era rischioso battere la moneta nottetempo, senza la sicurezza che nessuno si sarebbe avvicinato al castello, insospettivo da strani rumori notturni, Fu così che questi malandrini, per non essere disturbati nel loro lavoro, decisero di cominciare ad accendere, nel pieno della notte, alcune lanterne rosse sugli spalti delle mura e di scuotere pesanti catene: erano infatti convinti che questo rumore, che dal castello arrivava fino alla strada, avrebbe tenuti tutti lontani, anche i più imprudenti e curiosi.  

Principi, principesse, passaggi sotterraneo, fate, finti fantasmi e tesori: ecco di che cosa è custode e memoria il Castello di Toblino. 

A te, invece, che cosa evocano i merli e le mura di questa antica fortezza?

 

Foto by pixabay

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