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June 9, 2020

Zoom_08_Marion Fischnaller: con la gentilezza raggiungi ogni obiettivo

Cristina Ferretti

Marion Fischnaller, bolzanina, sposata e madre di una bambina, laureata al MCI di Innsbruck in Marketing, dopo una lunga esperienza in Thun, dal 2012 Head of Marketing di Pompadour Italia.

Da tanti anni responsabile marketing in aziende locali leader di settore. Da altoatesina qual è l’approccio che bisogna avere per dialogare con mercati fuori dalla nostra provincia?
Penso che il vantaggio di essere altoatesina è quello di essere aperta nella visione. Soprattutto mi confronto con i mercati internazionali in cui lavoro. Siamo veloci nell’apprendere le esigenze dei mercati. L’approccio linguistico facilita molto e la cultura mitteleuropea ha un filo conduttore. Raccolgo gli elementi positivi da ogni mercato e li metto dentro le mie strategie e nel mio lavoro.
C’è un detto che mi calza bene: guardare oltre il proprio piatto. Non parto mai dal mio mercato di riferimento, fuori da qui ci sono tendenze importanti che spesso localmente non si percepiscono, ma muovono molti pensieri e attività. Individuare e capire le esigenze ti aiuta a creare una strategia utile anche a più lungo termine. Di principio è utile  avere un imprinting di apertura e curiosità innato; senza di questo fare comunicazione è difficile. 

Cosa porti della Provincia di Bolzano nei messaggi di comunicazione?
Decisamente l’aspetto della qualità. Gli assets di comunicazione che usi devono portare sempre la qualità. E in questo senso gli ambasciatori che scegliamo sono espressione di qualità e di naturalezza. Mi piace che vi siano anche una certa eleganza, che caratterizza anche uno stile italiano che da noi si mescola: insomma trasmettere che si può aspirare all’eccellenza. Avere radici forti ma un carattere internazionale, che guarda avanti. Questi aspetti sono importanti per il marchio che promuovi quando associ i valori della nostra terra: Qualità, tradizione, storia e natura. Anche la mia azienda aspira all’eccellenza e in questo ci sono sinergie. 

Come vien vista fuori dall’Alto Adige la professionalità o la produzione locale?
Ogni mese mi incontro con i colleghi del marketing internazionale e ci scambiamo le strategie. Quando si parla di noi per i germanici l’Alto Adige è un luogo ambito dove vivere, lavorare o andare in pensione: un’alta qualità di vita.
Al mondo italiano invece risultiamo sempre ben organizzati, ben amministrati, ma con quello sfottò di essere il secchione di turno: che ammiri, ma ti sta anche un po’ sulle scatole.  Noi stessi a volte forse ci montiamo la testa e dobbiamo stare attenti e portare anche umiltà nella comunicazione che esportiamo. 

Usando testimonial locali che obiettivi di messaggio avete pensato?
Carolina Kostner aveva a suo tempo un’incredibile awareness in Italia. Al secondo posto subito dopo Valentino Rossi e prima di Federica Pellegrini.  La sua espressione solare e la gioia di vivere, nonché la tenacia in tutte le fasi della sua vita era evidente.  Adesso abbiamo spostato il focus dallo sport ed agonismo e siamo andati verso un il mondo di sostenibilità.. Dal recupero della materia prima, alla certificazione Rainforest Alliance delle ns miscele, dalle confezioni che sono certificate FSC e completamente plastic- e alluminiumfree alla  produzione a zero emissioni C02 e i pannelli solari sul tetto della ns sede a Bolzano, ci siamo impegnati a percorrere ancora con più obiettivi questa strada che da anni percorriamo. Per sostenere questo impegno abbiamo trovato in Norbert Niederkofler (chef altoatesino tre stelle Michelin n.d.r.), un ambassador che rappresenta e riassume nella sua filosofia la cucina di qualità veramente sostenibile creandone un’opera d’arte. È partito dalla semplicità. A volte radicale, ma sempre autentico. Norbert ha un posizionamento in questo campo d’eccellenza mondiale ed è diventato tra i più grandi chef del mondo. Essere stati scelti anche da lui come brand, ci ha fatto molto piacere e ho sottolineato il ns impegno reciproco. 

Non sono molte le donne a livello locale che hanno raggiunto posizioni determinanti per l’immagine dell’azienda? Come potresti descrivere il tuo percorso?
La tenacia e perseveranza di non mollare è stata fondamentale: voler crescere e prendere per buona ogni occasione della crescita. La fortuna di trovare anche dei mentori da seguire all’interno ed esterno e poter imparare da loro. In questo modo si possono captare caratteristiche manageriali utili per il tuo percorso. E poi formarsi in continuazione, essere curiosi e non farsi abbattere. Alcune situazioni dure tirano fuori una nuova energia ed a volte bisogna cercare nuove strade.
Sono convinta che serve avere un contesto benevolo nei tuoi confronti ed un pizzico di fortuna. Avere una certa gentilezza e essere rispettosi verso il prossimo è stato per me importante e penso che mi qualifica molto. Difficile dire come mai le donne emergono meno. L’amministratore nelle scelte aziendali determina anche la cultura e la fiducia nelle donne e nel loro valore.  Bisogna avere coraggio di essere professioniste e credere nel proprio operato e delle proprie competenze. Quando un compito ti viene affidato lo devi fare a regola d’arte. 

Quali sono per te i valori importanti che come donna, madre e professionista non hai mai voluto mettere in gioco?
Sicuramente tendo a considerare tutti i valori: il valore di squadra è fondamentale. Ma anche in generale a tenere all’armonia ed equilibrio personale mi hanno aiutata a non dovere mai fare delle scelte che mi privavano di qualche cosa. 

Esiste secondo te ancora la questione linguistica?
Sin dalla mia infanzia per me non è mai esistita. I miei nonni erano di Luson, noi di Bolzano. Quando ci si trovava dai nonni in famiglia e lì c’erano 10 figli con le loro rispettive famiglie, c’è sempre stato buon umore, nonostante le difficoltà. Uno dei miei 9 zii è andato in Francia da giovane a lavorare per Bocuse (Paul Bocuse, chef francese morto nel 2018 e definito lo chef più bravo del secolo). Il mondo internazionale veniva da noi e quando ci trovavamo dai miei nonni si parlava in dialetto tedesco, in italiano con le mie cugine di Cattolica e un po’ in francese o per aiutarci inglese con i miei cugini francesi appunto. Lì ho imparato che il mondo è tutto il mondo, e non solo il nostro come a volte si pensa, nonostante che sento fortemente la mia “Heimat”. Mai ho vissuto in famiglia alcun limite né di pensiero, né di cultura. Questo mi ha caratterizzata.

Come esperta di comunicazione quali sono le dinamiche di cui l’Alto Adige dovrebbe iniziare a spogliarsi per mostrare un volto al passo con i tempi?
La semplificazione dell’organizzazione del sistema di comunicazione dell’Alto Adige; forse troppi uffici e agenzie? Non è facile portare tutta questa gente su una sola comunicazione. C’è il rischio di avere troppe teste, troppe visioni. Inoltre, anche attenzione ad alcuni messaggi che si vogliono trasportare. Quando si parla di sostenibilità bisogna preservare il luogo che abbiamo. Se vuoi avere un limited edition Alto Adige bisogna controllare che l’apertura non sia di massa.
Non dobbiamo poi dimenticarci che chi preserva i nostri paesaggi sono i contadini di alta montagna, i “Bergbauern”. Loro dovrebbero essere sostenuti molto di più. Ci garantiscono con sudore il nostro paesaggio bello e coltivato da secoli e lo rendono da cartolina turistico.

Il sistema originale della natura e della economia circolare del nostro territorio è vitale. La sostenibilità sta anche nel garantire il valore della tradizione contadina ed agricola. Qui, sta la vera sostenibilità: tornare alla semplicità.

Che cosa l’Alto Adige dovrebbe avere il coraggio di fare?
Avvicinarsi da un progetto di sostenibilità del territorio vero ed a lungo termine. Facendo anche delle scelte radicali e scomode. Un posizionamento chiaro per non perdere il nostro primato verso altri regioni che si stanno portando avanti in questo senso.

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