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June 4, 2020

Un tuffo nella dimensione visiva del fotografo trentino Francesco Frizzera

Abram Tomasi

loving life and living loves

Franesco Frizzera è un fotografo di Rovereto. Nei suoi scatti ci sono torrenti, prati, boschi, baci e corpi. Spesso schiene, spesso nudi e spesso nella natura, anzi parte di lei. Di lui so che: ha fatto un viaggio in Africa che gli ha cambiato la vita. Si fa molte foto. Racconta il Trentino come io non l’ho visto mai, nostalgico e romantico. Alcuni suoi scatti parlano di amori liberi e bellissimi. Così mi sono immerso nel suo mondo e ne sono riemerso con quattro fotografie. Quattro storie che mi faccio narrare. Per conoscere lui e la sua visione delle cose. Ma prima un breve identikit, per entrare nella sua dimensione.

Francesco, qual è la tua storia? Quella che ti ha portato a scattare immagini, piuttosto che dipingerle o scriverle?

Non conosco esattamente il motivo per il quale ho scelto di fotografare invece che dipingere o scrivere. Mi piacciono molto anche questi modi di esprimersi. Ma so come ho iniziato: era il 2010 e volevo caricare su Facebook delle foto di alcuni dipinti che avevo realizzato in quel periodo. Era estate, scattavo i disegni sul tavolo dall’alto, ho alzato la lente per fotografare mia sorella di fronte a me che mi guardava.
Ho pensato a lungo al perché preferisco l’immagine reale rispetto a tutto il resto, forse perché la fotografia è la maniera perfetta di ricordarsi di una situazione nel dettaglio e comunicarla con un linguaggio dinamico e facilmente comprensibile dalle masse, nonché da me stesso. Ti ricordi il tutto, lo stampi, lo ristampi, lo nascondi nei diari. Lo ritrovi anni dopo. Lo appendi sui muri. Dici “quello è stato reale”, “quello ero io”, “quello era ciò che volevo vivere”.

La soddisfazione più grande e il momento in cui hai pensato di non essere abbastanza e di abbandonare tutto?

Una delle soddisfazioni più grandi è stata l’inaugurazione della mia prima personale nella mia città natia, Rovereto. Dopo essere tornato da un viaggio di due mesi e mezzo in Zimbabwe ho deciso di mostrare le fotografie fatte durante quella profondissima esperienza, nella quale ho lavorato come supervisore di cantiere in un progetto umanitario gestito e sponsorizzato dall’associazione trentina Spagnolli Bazzoni Onlus. Ho ricevuto moltissimi complimenti e moltissime persone sono arrivate da tutta Italia per vedere le mie foto. Non ero esaltato per me stesso come individuo ma come efficace strumento di sensibilizzazione. Ero fuori di me vedendo come – tramite una scelta di condivisione – ero riuscito a comunicare un messaggio molto importante. 
Di abbandonare tutto non ho mai pensato davvero seriamente, di non essere all’altezza spesso. Mi capita sempre quando guardo le fotografie dei grandi, ma su quelle non si discute.

Cosa rende le tue fotografie solamente tue e riconoscibili?

A livello di stile visivo cerco di lavorare sui colori e sull’effetto dell’inquadratura oltre che a ricercare dei momenti eterei o dinamici da immortalare. Sto cercando in tutti i modi di far sì che dalle mie fotografie si percepisca un senso di pura verità e onnipotenza del momento. La profonda intenzione di far conoscere quell’attimo, con immagini non troppo distanti dalla vita reale, nella sua totale essenza e nella sua totale importanza, che sia una sagoma che guarda un tramonto o il ritratto di un albino nella savana.

Da quali emozioni trai ispirazione?

Dalla fatica, dall’ansia e dalla rabbia. Dalla tristezza e dalla serenità. Mi sono sempre chiesto quanto tenere lontana la mia persona e la mia vita da ciò che fotografavo e decidevo di condividere, ma mi sono reso conto che mi ha preso totalmente. Ho in progetto una serie sulle emozioni da sviluppare quest’estate. Spero di poterti far vedere qualcosa molto presto.

 Chi sono i tuoi modelli e quali i tuoi scenari?

I miei modelli sono i miei fotografi preferiti: Mike Brodie, Sebastiao Salgado e Ryan Mckingley. Ribellione, Sacrificio e Coraggio. Mike Brodie fuggì di casa da adolescente andando a vivere sui treni merci negli USA per anni, rubò una 35mm ad una passeggera e scattò questa incredibile esperienza. Sebastiano spese decenni della sua vita in continue missioni fotografiche in posti davvero inospitali su tutto il globo, per raccogliere immagini al fine di condividere. Ryan è cresciuto nell’underground di NYC, ha visto morire suo fratello e uno dei suoi più cari amici di AIDS e uscendo da questo dolore ci ha regalato delle immagini che ci ricordano di quanto siamo belli, di quanto siamo perfetti così. La fotografia mi ha portato a ribellarmi e a scappare, a partire per esperienze lontane, conscio del peso emotivo che avrei vissuto una volta arrivato sul posto, a pensare come mettermi in relazione con le persone, con gli atteggiamenti e poi con le foto, a ridere ed essere riconoscente di ogni momento, a notare i dettagli. Le piccole cose.

Quali sono i tuoi progetti più belli e quelli ancora nel cassetto semiaperto?

Tra i progetti più belli ci sono alcuni tentativi mai ultimati che riprenderò in mano seguendo il concetto, più che il vecchio progetto. Vorrei parlare di natura, dell’indifesa giovinezza, della forza dei singoli, della magnifica solitudine e della solidarietà. Di come e dove vorrei realizzare questi progetti, preferirei tenertelo ancora nascosto.

Ora lasciamo parlare le immagini. Ne ho scelte 4, raccontamele. 

 1.

La sua Africa

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Puoi raccontarmi la storia di questo scatto e del tuo viaggio?

Ero in visita in un villaggio di pigmei per la consegna di utensili per l’agricoltura che stavamo donando. Gli adulti della tribù circondavano la nostra squadra, ballando e cantando, in segno di ringraziamento. Mi sono allontanato in cerca di fotografie e ho trovato dei giovani che giocavano in un vastissimo campo da calcio, lungo circa 300 metri. Questa foto coincide con la realizzazione di un mio sogno: giocare a calcio in una prateria africana, con il silenzio attorno, il sole che cala e le urla dei giocatori in cerca della palla. Devi sapere che questi ragazzi, se non sono a scuola o nei campi, giocano a calcio e questo è, e forse sarà, l’unico momento in cui si sentiranno parte di qualcosa di grande: il cliché della partita, della sfida tra i singoli, della sfida tra squadre, qualcosa che coinvolge tutti quanti su questo pianeta. La presenza della mia macchina fotografica ha fatto sentire quei ragazzi delle star e hanno dato il meglio di loro. Ricordo che correvano con il doppio della foga, in cerca dell’azione migliore. Mi volevano stupire o forse avevano bisogno di stupire loro stessi. Per un secondo abbiamo sentito il peso dell’infinito, dell’immortalità. Senza tempo. Sono andato in Burundi come fotografo per documentare il viaggio di un gruppo di persone attive in ambito umanitario.

2.

Lui, Francesco

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Qual è il significato di questa fotografia? E dell’autoritratto per te?

Questa fotografia rappresenta un tuffo e tutti sanno che a volte tuffarsi fa paura. Il soggetto fluttua a causa dell’asse orizzontale, che è inclinata. Questo lo faccio spesso, per sconvolgere tutto, giocare un pò. Penso a volta possa essere utile fare una cosa simile anche nella vita vera e comprendere che è inutile inseguire un’idea di vita perfetta ma piuttosto è meglio seguire la propria, imprevedibile e unica.

3.

Casa

90849238_2955929964494175_7187960054295822336_oCosa ami e cosa odi del Trentino? Ti è mai successo di sentirti limitato a livello creativo? Senza stimoli o senza persone che ti capissero?

Del Trentino adoro le foreste e la possibilità di incontrare delle vere e proprie energie stando dentro un bosco. È terapeutico. Il silenzio e il rumore del vento. La notte in alta montagna. D’altra parte soffro dell’assenza di attività, persone, intenzioni volte al miglioramento della scena artistica. Non c’è competizione né miglioramento e siamo più indietro di altre regioni sull’aspetto della comunicazione e dell’innovazione. Tutt’ora vivo in Trentino e mi sento molto limitato a livello creativo partendo già dal fatto che non riesco mai a trovare modelli che comprendono come ho intenzione di lavorare, che tipo di foto vorrei fare. Perché le voglio fare. Qui siamo ancora fermi al post su Instagram, non si vede oltre.

4.

Libertà

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Puoi raccontarmi questo scatto e la tua idea di amore?

Questa foto l’ho fatta a Trento durante il Gay Pride, chiamato “Dolomiti Pride” per evitare scontri di opinioni da parte della vecchia generazione di questa regione che ancora fa fatica ad accettare questo tipo di realtà diversa dalla loro. È stato un evento bellissimo, uno dei più belli ai quali sono stato finora. C’era amore ovunque. Non mi è piaciuta l’idea di chiamarlo “Dolomiti Pride”, in tutta Italia questi eventi vengono chiamati con il loro giusto nome, “Gay Pride”. Penso questo sia un chiaro segno della chiusura mentale di questa regione. Il fatto che ci fossero tantissime persone che sostenevano quell’evento è stato molto importante. Ho incontrato questi due ragazzi che si abbracciavano e baciavano, erano studenti spagnoli e mi hanno detto che quella giornata per loro era la  più bella vissuta da quando hanno iniziato gli studi. Mi hanno raccontato di quanto per loro era emotivamente difficile uscire a cena il weekend e venire puntati da sguardi di disapprovazione nel momento in cui scattava una carezza o un bacio. Mi hanno chiesto perché in un paese che apparentemente sembra essere aperto ci fosse una così profonda chiusura mentale. E io non hai saputo rispondere.

Secondo me l’amore è la scelta ultima e definitiva. Non esiste l’anima gemella. Esiste la scelta definitiva. Non esistono le compatibilità, le energie, le coincidenze, il destino. Esiste la scelta definitiva che ci porta a dire “non ho bisogno di te, vivo, mangio, respiro lo stesso. Ma voglio stare con te, vedere cosa possiamo costruire insieme, perché con te è più bello”. Nella mia famiglia sono mancati i soldi per anni e in quel lungo frangente ho visto i miei genitori cambiare, non riconoscersi più, per poi riscoprirsi. Penso che nell’amore ci voglia tanto coraggio e tanta fiducia che le cose possano sempre migliorare. Credere nelle proprie capacità e nei propri sforzi è più importante che credere nelle capacità dell’altro. Fidarsi di sé stessi, della propria scelta, conta più che fidarsi della scelta dell’altro. Nell’amore bisogna cercare di avvicinarsi il più possibile all’altro e cercare in tutti i modi di mostrare la volontà di avvicinarsi a suoi dubbi e alle sue necessità. Questa è la cosa più importante.

Foto: Francesco Frizzera 

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