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May 22, 2020

Designers made in BZ 03_Max Hornäcker

Claudia Gelati

Illustratori, designer del prodotto, grafici, social designer, fotografi, esperti di comunicazione…  Personalità diversissime tra di loro che oggi ‘fanno cose’ e lavorano nei settori più diversi sparpagliati per tutta l’Europa, con il comune denominatore di aver fatto di Bolzano la propria casa almeno per un periodo, abitando le vie della città, decifrando lo slang locale ma sopratutto progettando e studiando negli atelier e nelle officine della nostra Facoltà di Design e Arti di Unibz. Designers made in Bolzano, appunto.

Andiamo con ordine: chi è Max Hornäckerda dove viene (e dove va) e cosa fa oggi nella vita per mettere in tavola la famosa pagnotta? 
Ciao, mi chiamo Max e sono un designer tedesco cresciuto in Toscana. Mi sono laureato alla Facoltà di Design e Arti della Libera Università di Bolzano nel 2017.  Dopo la laurea, ho lavorato per un anno in uno studio a Lana, per poi trasferirmi a Londra, dove sto terminando un master in Design Products al Royal College of Art.
Al momento sono a casa in Toscana, seguo online le ultime lezioni e nel frattempo preparo il Graduation Show ‘RCA2020’ insieme ad altri studenti del mio corso.
Credo che questa situazione abbia colto un po’ tutti di sorpresa, e purtroppo da quando è iniziato il lockdown non ho più avuto modo di lavorare sui miei progetti. Negli ultimi mesi, oltre a studiare, ho lavorato come designer da Brompton, l’azienda che produce biciclette pieghevoli, e all’ArtBar, il pub dell’RCA a Kensington.
Nel frattempo sto preparando portfolio e lettere motivazionali da inviare a degli studi di prodotto a Londra, dove ho intenzione tornare appena sarà sicuro. Insomma, cerco di tenermi tutte le porte aperte! 

1_Sedimentary MatterDa ex-studente della facoltà di Design e Arti di casa nostra: come sei approdato a Bolzano e ci sono degli insegnamenti, dei valori o un metodo che hai acquisito in Facoltà e che ancora oggi trovi utili nel tuo lavoro? 
In realtà arrivare a studiare a Bolzano è stato un caso: è stato grazie a mio fratello Nicola, pure lui studente di Design e Arti, che mi ha fatto scoprire la facoltà.
L’Università di Bolzano mi ha subito incuriosito: oltre alla didattica, ho trovato molto allettante il bilinguismo, non avrei mai pensato che maneggiare due lingue mi sarebbe davvero tornato utile. Prima di questo, Bolzano per me era solo una cittadina di passaggio in mezzo alle Alpi, sulla strada per andare in Germania. 
Una delle cose più importanti che ho imparato a Bolzano è stato osservare e assimilare. Col passare degli anni, ho scoperto che il design non si limita soltanto agli oggetti più stereotipati, come una sedia, un libro o un poster, ma che è proprio un mezzo per trasformare qualsiasi idea in qualcosa di tangibile o visibile.
Questa abitudine ad osservare e cercare il miglior modo di comunicare un concetto è tutt’ora parte del mio lavoro. Oltre agli insegnamenti, ho avuto modo di incontrare delle persone eccezionali, sia professori che studenti, che tutt’oggi sento con regolarità: la cosa più affascinante è vedere come le persone si sono evolute e dove sono finite. 

2_City of LondonCon la fine del percorso universitario come ti sei sentito? Sapevi già cosa avresti voluto fare e quali esperienze hai fatto nel mentre? 
Devo dire che sono stato molto fortunato: immediatamente dopo aver conseguito la laurea ho ricevuto un offerta di lavoro nello studio di Harry Thaler (anche lui  studente RCA) quindi il sentimento di “vuoto dentro”, che penso abbiano tutti dopo la laurea, nel mio caso è stato molto breve. Le prime esperienze professionali nell’ambito del prodotto, mi hanno dato molta confidenza nel proseguire in questa direzione, e questo infine mi ha portato a iscrivermi al master. Prima riprendere gli studi, ho avuto anche l’opportunità di fare un tirocinio a Londra, da Max Frommeld. 

Dai ora puoi anche dircelo, tanto non ci legge nessuno: cos’è il design per te e qual’è la tua visione, il tuo credo progettuale. 
Questa è difficile… Per me il design è un constante dialogo tra le persone e il mondo materiale, che risulta in traduzioni tangibili e visive. È il risultato tra ricerca e necessità, e qualsiasi intervento che facciamo deve migliorare, per quanto possibile, il mondo che abitiamo. 

Per quanto riguarda la mia “visione”, uno dei migliori consigli che abbia mai ricevuto é stato questo: “Se sei la persona più intelligente nella stanza, sei nella stanza sbagliata”. Con questo voglio dire che non bisogna mai smettere di imparare ed essere sempre aperti a nuove esperienze e nuovi insegnamenti. È proprio quando sono arrivato a Londra che mi sono accorto che Bolzano è stato soltanto l’inizio di un lungo percorso, che sicuramente non si fermerà con il raggiungimento del master. 

3_Stool makingTra i progetti e/o collaborazioni che hai seguito, raccontacene uno che ti sta particolarmente a cuore e che non possiamo non conoscere. Progetti futuri o al quale stai lavorando al momento? 
Uno tra i progetti più interessanti a cui ho lavorato è nato nei primi mesi al College, Sedimentary Matter. Il tutto è nato dal mudlarking, un’attività che mi ha fatto scoprire Andrew, un compagno di corso. Mudlarking significa andare sul letto del fiume Tamigi a cercare tra sassi e detriti pezzi di ceramica e di vetro. Il fiume di Londra è soggetto alla marea, e due volte al giorno vengono scoperte le sponde, svelando oggetti persi o buttati nel corso degli ultimi decenni, se non secoli. Camminando sul foreshore è possibile trovare bottiglie e pipe in ceramica dell’età vittoriana, innumerevoli tipi di terracotta medievale, bossoli di fucile e proiettili da moschetto, fino a monete dell’Impero Romano.
E tutto questo a cielo aperto in una delle città più abitate d’Europa. Ogni volta che ci vado, trovo affascinante il fatto che non incontro nessuno laggiù, e che riesco ad avere un momento per me stesso (è veramente difficile ritagliarsi uno spazio “per sé” a Londra).
Da allora ho iniziato a raccogliere e collezionare gli oggetti che ho trovato. Ho deciso di svolgere qualche ricerca su essi su internet e nel Museum of London, e ho anche avuto l’occasione di mostrarli ad un un archeologo. In Sedimentary Matter ho dunque realizzato una collezione di 7-8 pezzi che cercano di suggerire il valore intrinseco che questi artefatti hanno, combinandoli con elementi di ottone. Ho avuto la fortuna di esibire la collezione al Base, in Tortona, durante il Salone del Mobile, e al POTENTIAL e in Austria.  
Al momento cerco di sfruttare al meglio l’officina che ho a casa e a imparare nuove tecniche. Ho iniziato a intagliare legno per fare cucchiai. Nelle prossime settimane voglio iniziare a utilizzare il tornio e a sperimentare con la ceramica, partendo dalla terra argillosa della cava vicino a casa, e a costruirmi un forno per la ceramica. Da quando sono di nuovo in Toscana, dove vivo in campagna in mezzo agli ulivi, mi sono accorto che la natura è una cosa che mi mancava tantissimo e credo che per questo motivo cercherò a fare un progetto che valorizzi le risorse locali.  

4_Spoon makingAttualmente stiamo vivendo una situazione molto particolare, che forse mai avremmo pensato di dover fronteggiare allalba di nuovo decennio. Una situazione in cui, ci sono lavori più urgenti, più necessari di altri. Come è cambiato il tuo lavoro a causa del Covid19? Pensi che anche il design possa dare un contribuito importante? Se si, quale? 
Trovo ancora molto difficile abituarmi a lezioni virtuali e a tutorial su zoom, ma credo che questa situazione abbia reso l’home office una soluzione molto interessante per quanto riguarda il lavoro remoto e penso che in futuro sia molto più accettabile lavorare da casa, dove possibile.
Penso anche che design stia dando un grandissimo contributo all’emergenza Covid, sopratutto per quanto riguarda improvvisare PPE, ovvero mascherine e visiere con risorse che tutti abbiamo a casa, ma purtroppo ho anche visto molti progetti che sono stati fatti tanto per fare, nel senso che non offrono una soluzione praticabile nelle circostanze in cui viviamo e che allo stesso tempo possono risultare pericolosi. Penso che il più grande contributo che possiamo dare sia minimizzare il rischio di contagio finché non ci sia una migliore comprensione della pandemia, e se possibile aiutare le autorità sanitarie. Ho visto tantissime iniziative a Londra, dal donare mascherine fatte in casa, far saltare la coda agli anziani nel supermercato, rispettare le distanze e chiedere alle famiglie in difficoltà se hanno bisogno d’aiuto. 
Al momento sono rappresentante degli studenti, e cerco attivamente far valere i diritti degli studenti: purtroppo da inizio pandemia, le lezioni e i tutorial sono progressivamente diminuiti ed è sempre più difficile ad avere un rapporto costruttivo con il personale universitario. La mia attività in questo caso consiste in negoziare, suggerire alternative e placare gli animi. Al di fuori del contesto scolastico, nel mio piccolo, ho aiutato i miei vicini a fare la spesa, essendo essi anziani e quindi soggetti a rischio e da quando sono tornato in Italia, cerco di dare supporto alla mia famiglia.5_Mudlarking

Ti lasciamo tornare al tuo lavoro, o a guardare Netflix o magari ad annaffiare le piante, ma prima dicci un po’…
Quel libro che non può mancare nella libreria di un designer o di un creativo: 
Glenn Adamson – Fewer, Better Things: The Hidden Wisdom of Objects 

Due strumenti, attrezzi o aggeggi che non possono mai mancare nel tuo astuccio o zaino: 
Una calamita, utile sia in officina per distinguere l’inox da altri metalli che sul letto del fiume, e un metro a nastro Talmeter (grazie Harry!) 

Tre account Instagram must-follow: 
@tomsachs
@weratedogs
@student.design

 

Photo credits: Max Hörnacker 

 

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