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May 5, 2020

Zoom_02_Francesca Pasquali:
sdoganiamo la competenza!

Cristina Ferretti
Attraverso lo sguardo di chi opera nel nostro territorio "Zoom" cerca di individuare il significato di eccellenza, che spesso ci caratterizza. Lo fa dialogando con le persone sulle peculiarità dell'Alto Adige in una visione di crescita locale, con un’intento più nazionale e a volte con ispirazioni e aspirazioni internazionali. Perché per noi l'Alto Adige è un punto di riferimento, sul quale fare Zoom per non essere solo un semplice punto.

Francesca Pasquali, nata e cresciuta a Bolzano, dottoressa commercialista professionista e revisore legale con Laurea a Bologna, madre di due figli. Presidente società Edyna Srl, Presidente Privatklink BrixSana Srl, Membro del Consiglio di Amministrazione di Botzen Invest E.F.Spa, Membro del collegio Sindacale della Fondazione Cassa di Risparmio.  Vivace, talentuosa ed impegnata a dare visibilità e potenziale alle eccellenze altoatesine.

In Alto Adige sono poche le figure femminili, come te, che attraverso un costante impegno sono riuscite ad emergere nelle posizioni apicali della regione. Secondo te, come si declina l’essere una donna rispetto ai ruoli della società?

Ci sono ancora pochissime donne nei posti che contano. Da un punto di vista professionale si fa fatica ad incontrarle. La prevalenza nei board è di tipo maschile e raramente femminile. A mio avviso è un po’ un retaggio culturale, in cui  le donne fanno fatica ad affermarsi ed avere la stessa credibilità dell’ uomo. Noto ancora oggi che se un uomo e una donna sono nello stesso contesto, prima ci si riferisce all’uomo e poi alla donna. Non è plateale, è una consuetudine mitigata, ma c’è. Pian pianino, sempre più iniziamo ad essere ascoltate.

Valutando a posteriori quanto il tuo percorso finora effettuato, quanto di tutta la tua vita, anche privata, hai dovuto mettere in più rispetto a molti colleghi?
In realtà io lavoro tantissimo. Le donne rispetto agli uomini quando hanno raggiunto degli obiettivi professionali lavorano decisamente di più degli uomini per raggiungere i risultati, almeno da quello che io osservo e ho vissuto fino ad ora.  Si vuole dimostrare di ottenere i risultati e non parlare solo di voleri raggiungere. L’aspetto della dimostrazione è una caratteristica femminile. Mi sento che devo dimostrare a me stessa che sono in grado di farlo. Forse l’uomo non ne sente la necessità. Siamo soprattutto in competizione con noi stesse.
Della mia vita privata ho investito tantissimo, ma l’ho fatto anche perché mio marito mi ha sempre stimolato e supportato ed in casa vige una cultura paritetica.

Anche il primo team nazionale a supporto delle misure cautelari contro il Covid-19 è composto da soli uomini. Solo nel secondo round hanno coinvolto anche alcune donne. Come mai in Alto Adige ed in Italia non si riesce ad uscire da questa spirale organizzativa e non si da valore a tutti gli aspetti della società?
La società fa fatica e tra donne non ci si aiuta abbastanza perché è chiaro che poche arrivano. Mi permetto di sottolineare che la cultura della collaborazione fra donne non è completa, i pochi posti disponibili non aiutano al dialogo e al cameratismo tra pari.  Le quote rosa sono uno strumento per potersi imporre. Il fatto che sia una forzatura è vero, ma il rischio che vengano scelte donne non all’altezza non dovrebbe scandalizzare, ci sono diversi uomini poco preparati e competenti come anche donne. È comunque uno strumento necessario per spingere i tempi che sono maturi, ma che devono ancora formare la cultura.

Le donne nei board delle aziende fanno la differenza sì o no? L’introduzione della diversità di genere nei Consigli d’Amministrazione aggiunge grande valore, un board efficace è infatti più inclusivo e S.M.A.R.T.: sostenibile, meritocratico, agile, responsabile, tecnologico.
Io dico di sì. Semplicemente per il fatto che anche il diverso approccio nell’affrontare le questioni fa emergere delle soluzioni che altrimenti, in un contesto di unico genere, non si sarebbero analizzate. Più modi di ragionare e diverse tecniche di analisi possono solo arricchire il confronto e alla fine il risultato è sicuramente migliore da un punto di vista qualitativo. Fondamentale per noi donne è non “snaturarsi “scimiottando gli uomini, è importante essere noi stesse.   

La mia esperienza è ricca di gratificazioni e qualche dispiacere, ho dovuto combattere con parecchi pregiudizi di vario genere. Comunque, nel complesso sono soddisfatta del contributo che ho dato e sto portando nei contesti nei quali mi trovo a lavorare e del riscontro che ricevo. Assolutamente positiva la presenza nei board di tutte le diversità, di genere, di età, di gruppo linguistico ecc. Stimola la ricerca di un equilibrio e un punto d’incontro, non solo professionale, ma anche personale e bisogna alzare sempre di più l’asticella verso l’alto, guai ad appiattirsi. 

Chi o che cosa nel tuo percorso di formazione ha contribuito a rafforzare quella caratteristica del tuo carattere che ha determinato le tue scelte? 
Innanzitutto è un’inclinazione del mio carattere: o ci sei o non ci sei quando devi decidere nei momenti giusti. La preparazione, lo studio, il lavoro e le esperienze di vita e lavorative. Tantissimo l’ambiente culturale famiglia d’origine e gli amici con cui ho vissuto. Vengo da una famiglia impegnata in diversi campi, dove la curiosità per la vita ed i suoi aspetti ha sempre stimolato la crescita del percorso di vita.

Nicola Zingaretti, segretario del Partito democratico – al governo da settembre – ha proposto il 14 gennaio un Equity Act per la parità salariale uomo-donna. Come commenti questa proposta e secondo te qual è la strada da seguire per rimuovere il gender gap nel mondo del lavoro?
Se ne parla da sempre. Non è una novità. E ben venga. Tutte le proposte che vanno in questo senso bisogna percorrerle.  Deve partire prima di tutto da noi donne, essere consapevoli e pretendere quello che viene dato ad un uomo. Siamo ancora lontani ad avere gli stessi compensi. Il cambiamento dipende da noi stesse che dobbiamo essere consapevoli di pretendere. Tendiamo invece ad accontentarci. 

Dovrebbe essere la politica ad assumersi la responsabilità di rendere effettiva la parità di genere? 
È l’essere umano, la cultura e tutto l’ambiente culturale che hanno la responsabilità. La famiglia, l’educazione fin da piccoli a capire rispetto nei confronti della donna. Oramai gran parte delle donne lavorano, e non portano solo a casa denaro, ma esperienza, cultura, relazioni sociali che accrescono tutta la famiglia. Offrono contenuti di confronto e dialogo utili a costruire i mondi dei nostri figli.

Il Covid-19 ha potuto dare spazio alla riflessione sui tempi?
Abbiamo preso coscienza del tempo in maniera diversa. Eravamo accelerati su tutto. Siamo stati costretti a fermarci e riappropriarci della consapevolezza dei valori importanti. 

In tempo di Covid-19 dove vedi proiettato l’impegno per ricostruire il nostro futuro locale?
Secondo me già nel momento del Covid-19, per chi ha avuto la possibilità, la creatività è stata fondamentale per proiettarsi nel futuro. Moltissimi si sono adoperati fin da subito nel convertire produzioni o modificare dinamiche commerciali. Chi è stato creativo ha già dato un segnale per il futuro: cliniche a disposizione del servizio sanitario aziende tessili che hanno prodotto mascherine, ristoranti che hanno iniziato attività take away. Chi ha potuto ha tamponato con soluzioni smart.
Ognuno nel proprio ambito deve ripartire come può. L’impegno sarà di dare valore a tutti i settori. Non c’è un settore che ha più senso di un altro. Sarà difficile per il settore turistico, perché bisogna capire cosa succede anche della mobilità delle persone; questo sarà un settore delicato soprattutto per la nostra regione.

Quanto la questione linguistica influenza lo sviluppo del territorio?
Non dovrebbe influenzare, perché viviamo in un territorio dove ritengo sia giusto che ci si capisca reciprocamente. È importante conoscere entrambe le lingue e l’inglese per i giovani.  Fondamentale è che non prevalga il motivo della conoscenza, rispetto alle competenze. Un bravo traduttore non può essere superiore rispetto alla sostanza di quello che dici. Bisogna che ognuno possa parlare la propria madrelingua. Questo è il contesto sereno in cui operare.

E come persona di cultura, cosa pensi che l’Alto Adige dovrebbe assolutamente avere il coraggio di fare?La scuola unica trilingue. È il punto di partenza, senza paura.

 

Foto Francesca Pasquali

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