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December 16, 2019
Tra pop e minimal: Richard Artschwager al Mart di Rovereto
Francesca Fattinger
Il Mart fino al 2 febbraio 2020 presenta la prima esposizione antologica in Italia dedicata all’artista Richard Artschwager in un progetto internazionale curato da Germano Celant, in collaborazione con il Guggenheim Museum di Bilbao che ospiterà la mostra dal 28 febbraio al 10 maggio 2020. La scelta di collaborare con questo prestigioso museo è risultata particolarmente felice per i molti parallelismi che lo accomunano alla sede del Mart: entrambi sono sorti in contesti post-industriali e sono stati costruiti per dare vita a un nuovo slancio culturale ed entrambi sono stati progettati da un archistar, Frank O. Gery e Mario Botta, per contenere al loro interno celebri collezioni sull’arte del Novecento e grandi mostre temporanee. Tra cui quella ora presente nelle sale del Mart dedicata a Richard Artschwager: un artista americano, nato nel 1923 a Washington DC e morto nel 2013 a New York, che ha saputo collegare mondi distanti, semplicemente affiancandoli e facendoli dialogare tra loro.
Germano Celant, per spiegare il suo ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’arte contemporanea, parla così del suo lavoro: “ha tentato agli inizi degli anni ’60 di integrare due linguaggi che rappresentano due movimenti nella storia dell’arte contemporanea che sono la minimal art da una parte, quindi un discorso artistico legato a forme pure e volumi, e la pop art, che era invece un modo di raccontare attraverso immagini popolari. Nel suo percorso c’è quindi sempre un intreccio tra un’entità astratta e una figurata, tra un materiale molto industriale e la pittura tradizionale. Questo tentativo di osmosi di due momenti così diversi è fondamentale perché ha permesso di superarli linguisticamente nella storia dell’arte contemporanea”. Il percorso espositivo è pensato da Celant come un labirinto aperto, con 80 opere dai primi anni Sessanta del Novecento al primo decennio del Duemila. Le opere vanno dalle strutture in legno e formica fino ai dipinti su celotex, passando per le sculture in setole di nylon e i “corner pieces”. Tutti esempi di come questo artista abbia percorso una via molto personale nell’arte del Ventesimo secolo, sempre in bilico tra artigianato e industrializzazione, per capire meglio il modo in cui oggetti, persone e spazio stavano cambiando le loro relazioni. Resosi conto che non poteva esistere un unico ordinamento di pensiero e di immagine ha pensato di associare tendenze apparentemente conflittuali non facendone mai prevaricare l’una sull’altra, ma passando da un medium all’altro attraverso la trasversalità dell’oggetto.
È l’oggetto a giocare sempre da protagonista, a cavallo tra la sua dimensione materica, visiva e in quanto domanda aperta rivolta allo spettatore. “Quest’opera è saldamente ancorata a due mondi nello stesso tempo: il mondo delle immagini, che può essere appreso ma non afferrato fisicamente, e il mondo degli oggetti, che è lo spazio che noi stessi occupiamo”, così spiegava la sua arte lo stesso Artschwager e così continuava invece parlando del reale centro di interesse del suo lavoro: “ciò che mi interessa più di tutto è quella linea di demarcazione fra cose ordinarie e cose che riconosciamo come opere d’arte”. Ecco perché l’artista affronta la rappresentazione di luoghi, scene di vita quotidiana e oggetti d’uso comune come tavoli, armadi, sedie, interpretati attraverso nuovi materiali industriali come formica, celotex, crine; ed ecco perché nella sua opera anche una semplice e anonima superficie di formica è sia se stessa sia una rappresentazione di altro.
In questo la percezione e le sue strutture sono messe perennemente in discussione. La percezione delle immagini interessa a Richard Artschwager per il suo intrinseco legame con la nostra vita quotidiana, ma anche per la sua estraneità, in un continuo straniamento tra oggetti comuni e astrazioni o illusionismi pittorici. Le contraddizioni sono inscenate per essere analizzate ed esplorate nella loro tensione fino a poco prima del punto di rottura: laddove umorismo, ontologia e lettura realistica della realtà si incontrano.
Nella mostra troverete i principali capolavori di Artschwager grazie a prestiti di alcune delle più prestigiose collezioni del mondo come il Whitney Museum of American Art, la Broad Art Foundation, la Tate, la Fondation Cartier pour l’art contemporain, la Fondazione Prada, la Emanuel Hoffmann Foundation e il Museum Ludwig e grazie alla collaborazione di alcune tra le più prestigiose gallerie internazionali traNew York, Vienna, Bruxelles, Berlino e Napoli.
Foto di Luca Meneghel
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