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December 2, 2019

“Maternal” di Maura Delpero: intervista alla regista bolzanina

Maria Quinz

Con la regista Maura Delpero ci siamo inseguite per un po’, per organizzare l’intervista. C’eravamo già conosciute e frequentate a Berlino, un certo numero di lune fa. Erano tempi di  vagabondaggi e sogni, in giro per l’Europa, quando entrambe, giovani studentesse bolzanine, inseguivamo emozioni metropolitane e atmosfere bohémienne.

Di Maura ricordo bene il sorriso e la capacità di cavalcare la vita, con curiosità, determinazione e desiderio di indagare a fondo il presente. Direi che non è cambiata in questo, anzi.

Oggi sa bene come raccontarci il suo personale punto di vista su ciò che la incuriosisce e anima. E questo lo fa attraverso un’arte così complessa e profonda, come può esserlo il cinema d’autore o anche il documentario di ricerca.

Di questi tempi Maura, già autrice dei lungometraggi, “Signori professori” (2008) e “Nadea e Sveta” (2012), sta letteralmente girando il mondo per presentare il suo nuovo film. Stiamo parlando della sua ultima fatica cinematografica: “Maternal (Hogar)”, presentato al pubblico di numerosi festival internazionali, a novembre 2019 e che farà il suo debutto nelle sale cinematografiche in Argentina, il 12 dicembre. 

foto sul set di Materal

Il film è una produzione italo/argentina, di dispàrte, Vivo Film e Campo Cine con il sostegno, tra gli altri, di IDM Südtirol e che ha già ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui la menzione speciale al Festival di Locarno.

Come mi dice Maura, i riconoscimenti più sentiti, che ripagano gli sforzi, sono però quelli che arrivano dal pubblico. Sono le emozioni che si colgono palpabili nel buio in sala, quelle che regalano attimi da ricordare. Perché “Maternal (Hogar)” è un film che tocca diverse corde sensibili dell’emotività, affrontando un tema universale e al tempo stesso fortemente intimo: quello della maternità.

La vicenda ruota intorno a un “hogar”, un centro religioso, italo-argentino di Buenos Aires per ragazze madri. Si tratta di un luogo particolare, per certi tratti paradossale, nel momento in cui la maternità precoce di giovani madri adolescenti arriva ad incontrarsi con il voto di castità delle suore che le accolgono, con sentimento cristiano, ma anche norme rigide e predefinite. Tre sono le protagoniste, che si troveranno a intrecciare le loro storie e la loro esperienza di maternità: Suor Paola (l’attrice Lidiya Liberman), una giovane suora appena arrivata a Buenos Aires dall’Italia per finire il noviziato e prendere i voti; Lu e Fati, due diciassettenni, ancora bambine, diventate madri, troppo presto.

Chiedo a Maura di raccontarci la genesi e l’avventura produttiva di“Maternal”, passando  attraverso la narrazione della sua esperienza come regista e documentarista.

Maura, come è nata la tua passione per il cinema?

L’approccio al cinema è stato relativamente tardivo. Ha risposto a una necessità creativa che esisteva da tempo e non trovava risposta univoca. Non riuscivo a veicolare tale istinto, che sentivo in realtà molto profondo, in un’unica arte. Credo che, aver trovato il cinema, che è un’arte multiforme, sia stato il giusto approdo. Corrisponde a una mia modalità creativa molto associativa e combinatoria. Sicuramente il fatto di esserci arrivata tardi, si deve anche ad altri elementi: al fatto di non venire da una famiglia che avesse a che fare con il cinema, come altri colleghi; il fatto di essere donna, cosa che spesso non concilia con il concedersi un’ambizione, soprattutto quando si è piccoli e non è facile esprimere in modo chiaro i propri sogni.

Quando ho lavorato nel cinema con una prima esperienza di assistente alla regia, ho capito in maniera netta, che era quello che volevo fare. Da allora non ho più avuto dubbi. I momenti difficili non sono mancati, ma il desiderio di indagare quest’arte, è sempre stato più forte.

NINA_SPIA

Perché sei passata al film di finzione, con “Maternal” dopo la regia documentaria?

Il passaggio dal documentario alla finzione si deve al mio percorso personale e al contesto del film. Ho sentito in primis, che c’era una continuità con il documentario precedente, che aveva più elementi di finzione. “Maternal” è un film di finzione con elementi di ispirazione fortemente documentaria. Era un passaggio in avanti nella stessa direzione: come un movimento di lancetta sullo stesso quadrante.

È stata una scelta naturale. Ad essa si aggiungeva il desiderio di sperimentare la dinamica regista/attore. C’è stata grande complementarietà con le attrici di “Maternal”, cosa che sospettavo prima e che mi è piaciuta molto. Ho vissuto poi una sensazione di pancia, facendo ricerca negli hogar, in cui ho lavorato, per conoscere questo mondo da vicino. Qui le suore accolgono madri adolescenti minorenni, in situazioni che vanno protette. Gli anni di lavoro nel documentario mi hanno insegnato ad avere “una bussola interna”, che mi dice quando una situazione documentaria può sostenere l’invadenza di una camera. Ho sentito che lì, in quella casa isolata dal mondo, il mio sguardo non dovesse essere documentaristico. Sono entrata con un taccuino per prendere appunti: ho scritto così una vicenda di finzione, assorbendo un mondo, di cui quella storia era figlia.

Esiste un filo che lega i tuoi progetti a livello tematico o personale?

Tutti i miei lavori, direttamente o indirettamente hanno a che fare con me: con i sentimenti che mi dominano, con gli interrogativi che mi inseguono. I miei, sono film che cercano risposte e spesso aprono altre domande. Capita di frequente ai registi di individuare dopo un fil rouge nei propri lavori. Si dice anche che molti autori realizzino, in fondo, sempre lo stesso film. A volte è un critico che fa notare la cosa. Ricordo che anni fa, una giornalista aveva individuato un elemento comune tra i miei lavori ed era “il racconto delle solitudini”. Credo che ci sia una parte di verità. Anche in “Maternal” parlo di donne sole.

Penso inoltre di aver capito a posteriori, che un tema ricorrente nei miei lavori, sia anche quello della casa. Curioso che l’ultima frase del documentario “Nadea e Sveta” fosse: “la casa è la casa”. “Hogar”, il titolo originale del film, in spagnolo significa casa. E se ci penso bene, anche in “Signori professori” un personaggio provava nostalgia di casa. Cosa paradossale per me, perché io sono sempre stata una viaggiatrice e ho vissuto in tantissime abitazioni. Forse è un po’ come per i naviganti che cercano porti, o per il viandante che vagheggia la propria casa nel mondo…

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Quali sono stati gli aspetti più difficili nella lavorazione del film?

Le difficoltà pratiche maggiori sono state quelle produttive, nel costruire un assetto finanziario per gradi, con piccoli fondi e partecipazioni. Dal punto di vista della regia forse, la difficoltà maggiore è stata raccontare la maternità, difendendo la pluralità. Mi è stato consigliato più volte di scegliere un punto di vista dominante nella narrazione, ma io sono rimasta ferma. È stata una scelta anche ideologica, quella di voler raccontare la complessità della maternità e i tanti modi di viverla, senza un modello unico dominante, se non addirittura schiacciante. Ovviamente un racconto così corale e prismatico, dal punto di vista della struttura narrativa, è molto più complesso. Gestire il peso dei personaggi nella storia e come tra loro,  si passino il testimone, è stata una scommessa. C’è voluto tanto lavoro di scalpello, soprattutto in fase di scrittura, ma direi che ci siamo riusciti.

E il lavoro sul set?

Con “Maternal”ho avuto un set complesso perché il budget a disposizione era limitato. Ha significato poche ore e poco tempo per girare. Il set annoverava bambini, neonati, attrici non professioniste da amalgamare alle professioniste. È stata una corsa contro il tempo. Per fortuna anche le sfide più difficili sono andate a buon fine. I complimenti più frequenti, che ho ricevuto, sono stati proprio nella gestione degli attori non professionisti, soprattutto le ragazze e i bambini, che strappano al pubblico non poche emozioni.

Perché hai scelto di lavorare con attori protagonisti e non?

Il cast è di tipo neorealista, mescola attrici professioniste e non. Questo aspetto ha a che fare con la natura dei personaggi: due gruppi inizialmente distanti, con donne completamente diverse. In qualche modo mi piaceva assecondare la differenza, anche con una forma di recitazione altra. Sembra in contraddizione ma non lo è: il desiderio era quello di creare un unico coro. Lo sforzo più rischioso è stato di accompagnare le professioniste a spogliarsi di una serie di abiti del mestiere, per assumere una voce che non stonasse con le attrici non professioniste. Con le prime c’è stato quindi un lavoro a levare; con le ragazze c’è stata la creazione di un linguaggio cinematografico dal nulla. Ne è risultata un’unica voce, come speravo.

Che ruolo hanno gli uomini in “Maternal”?

Non ci sono uomini nel film. E questo nasce dal fatto che l’ispirazione è documentaria: nella realtà che racconto, gli uomini sono assenti. Le suore non hanno compagno ed è molto difficile che le ragazze abbiano un ragazzo, che si assuma la responsabilità della paternità. Le ragazze sono fondamentalmente sole, in un mondo di donne sole. In realtà c’è una presenza-assenza degli uomini in off che fa altrettanto rumore. Nel cinema si decide cosa sta nel quadro, ma in realtà, può essere fortemente presente, anche ciò che si trova al di fuori dall’inquadratura. Del resto, tutte le pance incinte, dipendono dall’incontro delle ragazze con un uomo. C’è però in “Maternal” una “piccola presenza”, a cui sono molto affezionata e che lascio il piacere al pubblico di conoscere, quando vedrà il film. Credo sia un bel rappresentante maschile che dà speranza per i giovani che verranno.

Maura Delpero at AFI-01

Maura, quali sono le recenti “tappe” di “Maternal” nei festival internazionali?

Il film è appena stato premiato a Mar del Plata con il FIPRESCI, il premio dei critici cinematografici internazionali e con la Menzione Speciale della Giuria. È ora in partenza per l’Afi Los Angeles Film Festival, poi per Il Cairo e a seguire altri festival. Siamo contenti perché il film sta ricevendo molte richieste. A dicembre uscirà nelle sale in Argentina e a inizio primavera del 2020, in Francia. Non c’è ancora una data per Italia. Spero di poterla annunciare a breve.

Speriamo anche noi di vedere presto “Maternal” nelle sale italiane!

 

Foto credits: foto 1. Suor Paola (Lidiya Liberman) e Nina in una scena del film; Fatima e Suor Paola  (foto di Santiago Torresagasti); foto 3.,4. altre immagini dal set di “Maternal”; foto 5. Maura Delpero in un recente ritratto all’AFI Los Angeles Film Festival, novembre 2019.

 

 

 

 

  

  

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