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October 2, 2019
L’energia felice del mare, negli scatti di Christian Martinelli
Francesca Fattinger
“Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice”, così diceva Jean-Claude Izzo e sembra proprio di riviverla quella felicità, davanti alle foto della serie “Confini, The Cube” di Christian Martinelli alla galleria foto-forum di Bolzano. Di fronte ai suoi orizzonti, il mare si fa pura astrazione: è colore, è aria, è energia, è attesa trepidante.
E le fotografie si animano quando a raccontarle, è lo stesso Christian: il fotografo dai tempi lunghi che ti guarda dritto negli occhi e che con passione e leggerezza ti racconta la sua vita; una vita fatta di fotografia, ma soprattutto di persone e progetti che proseguono parallelamente, arricchendosi. Tra questi 14 progetti, come i 14 fotogrammi di un rullino, troviamo “Solitudini” in cui ha fotografato alberi solitari in giro per il mondo o “100 clouds” in cui è andato letteralmente a caccia di nuvole in 50 differenti paesi, ma c’è anche “Cube stories”.
Quest’ultimo è frutto della collaborazione con Andrea Pizzini, nato con e grazie a lui, una notte a Pechino. Mentre i due chiacchieravano, l’idea di creare una “camera speciale”. Così per caso, proprio quella notte è nata la prima scintilla che ha dato poi vita all’intero progetto. Il loro sogno, ora, è di riportarlo prima o poi proprio lì dov’è nato, per chiudere un cerchio, o forse, per aprirne un altro.
Così la “camera speciale” dopo quella sera ha cominciato a prendere una forma precisa ed è diventata un’enorme macchina fotografica a forma di cubo specchiante di 8 m cubi, un compagno fedele che Christian ha portato con sé e ha utilizzato in diverse occasioni. In questa particolare occasione, è stato usato per marcare il territorio dell’intero periplo italiano: il suo occhio e la sua traccia, segno di appartenenza e di passaggio.
Il viaggio, che è durato sei mesi nell’arco di quattro anni e che gli ha fatto percorrere più di 20.000 chilometri, è cominciato là da dove affondano le radici materne: a Iglesias in Sardegna. La prima fotografia è stata scattata proprio lì, a pochi chilometri di distanza dalla casa di famiglia. Sua nonna, che abitava a Iglesias, poche volte aveva davvero visto il mare. Quel mare che invece Christian, con il suo cubo, ha immortalato nella prima fotografia, che è poi diventata una delle 70 immagini monotipo che compongono questo ciclo.
Da lì il progetto è partito e piano piano si è trasformato in quello che è ora: un costante confronto con il tema dell’appartenenza a un territorio. E come ogni percorso di vita che si rispetti non è rimasto chiuso in se stesso, ma si è arricchito di nuovi occhi, nuove storie e nuovi compagni di viaggio. Un esempio: a Genova in una libreria Christian trova un libro che lo chiama, che gli parla. Si tratta del “La lunga strada di sabbia” di Pier Paolo Pasolini, frutto di un reportage che Pasolini realizzò nel 1959 percorrendo in piena estate tutta la costa italiana da Ventimiglia a Trieste a bordo della sua Fiat 1100. Questa lettura accompagna Christian, mostrandogli un’Italia che non c’è più e la sua attenzione si sposta dal punto di vista antropologico di Pasolini a un esclusivo interesse per il paesaggio. Ma non si tratta di una rappresentazione documentaristica dei luoghi, bensì di una dimensione più intima, più rarefatta: più i tempi fotografici aumentano, più l’energia del mare che vuole catturare si trasforma, si dilata, si alleggerisce. Così la magia della fotografia si realizza, accentuata dall’uso del cubo.
Nel suo viaggio, contrario rispetto a quello di Pasolini, Christian non trova più – ahimè – molta sabbia, perché il cemento spesso l’ha sostituita, ma il fotografo va comunque alla ricerca di un silenzio quasi impossibile da trovare. La mattina presto o la sera, sono i momenti di lavoro ideali per Christian, quando i pescatori si alzano e lavorano. Così il suo viaggio muta nella discesa a sud, le parole aumentano e gli incontri cambiano: il paesaggio umano e naturale si trasforma e i confini diventano in realtà nuovi inizi, un ripartire da sé e dagli altri. Sguardi e linee nel paesaggio si incontrano all’interno del cubo, sono rispecchiati, catturati e trasformati: in cosa, spetta a noi dirlo.
Foto: Christian Martinelli
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