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September 30, 2019

Un pomeriggio tra amici (di Museion): storie e gesti tra arte e teatro

Abram Tomasi

Era mercoledì 25 settembre. Alle 17 a Museion iniziava una lezione aperta. Sapevo che era un progetto collaborativo tra Museion Young Friends - il programma per giovanissimi del museo bolzanino – e Giovani in scena - corso di teatro per ragazzi dai 20 ai 26 anni organizzato dal Teatro Stabile di Bolzano. Per il resto, ero pronto a tutto. Se tu che leggi, non c’eri, di seguito troverai il mio racconto che potrai  utilizzare per fingere con gli amici di esserci stato, così la prossima volta verrete insieme.

Con i collaboratori di Museion Young Friends e alcuni giovani attori, ci siamo seduti in cerchio e abbiamo parlato un po’:

  1. Di arte e teatro. Due discipline che separate che non sanno stare. Il Museion, insieme agli attori dello Stabile di Bolzano, lo dimostrerà il 29 novembre. L’occasione sarà la Lunga Notte dei Musei e proprio al museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano le opere si animeranno grazie a performance artistiche e attoriali.
  2. Di architettura. L’interno del Museion viene spesso descritto come una scatola bianca. Proprio come succede con la scrittura, per cui non si scrive mai su pagine già scarabocchiate, ma su fogli vuoti. È dal nulla che si crea qualcosa. In questo caso, è da una scatola bianca che si crea un percorso artistico o la possibilità di inscenare una storia.
  3. Di un’idea. Quello che non vuole fare il Museion è chiudere l’arte in teche di vetro. Quello che vuole fare è invece liberare le opere, le sculture e le installazioni e unirle alle altre forme artistiche. È quello che succedeva durante la Secessione Viennese o con la Bauhaus. L’arte deve essere totale e non scissa.
  4. Il progetto Giovani in Scena ha compiuto 10 anni. Ora è pronto a cambiare format: non presenterà più spettacoli come era solito fare, o almeno non saranno le classiche rappresentazioni con un inizio, un intreccio e una fine. Questo lo diceva Aristotele, tantissimi anni fa. Ora si racconteranno invece frammenti di storie viste da angolazioni diverse.

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Non abbiamo solo parlato. Chiara Visca, attrice e insegnante di recitazione, ci ha invitato ad alzarci e ci ha guidato a muoverci nello spazio:

  1. Cercate una posizione neutra. Il primo esercizio. Mi sento obbligato a chiudere verso l’interno le punte dei piedi, stringere le gambe, raddrizzare la schiena e stendere il collo. E guardare dritto. Perché solitamente non ci posizioniamo così? Per il corpo sarebbe più semplice, avrebbe il baricentro centrato. Ma noi non siamo semplici, siamo personaggi che si raccontano con il proprio corpo. Se hai la testa un po’ inclinata, per esempio, può suggerire che guardi la realtà da un’altra prospettiva.
  2. Muovetevi su una zattera ed evitare, o almeno tentate, il naufragio. Osservo gli spostamenti degli altri e cerco di equilibrarmi con i movimenti dei loro corpi. Ci notiamo, a volte ci sorridiamo perché siamo complici. La zattera affonda più volte. Ma ogni volta ci salviamo.
  3. Ritagliatevi un piccolo spazio e fare un’azione riproducibile più volte. Io fingo di essere nella mia camera e camminare avanti e indietro, ripetendo qualcosa ad alta voce nel tentativo di impararlo. C’è chi gioca a pallavolo, chi è alle giostre, chi ascolta musica indie nelle cuffie e chi prende dall’armadio il cappotto preferito.
  4. Mettete insieme le azioni di ognuno e inventate una storia. È l’ultimo esercizio. Mi ricorda il gioco surrealista Cadavre exquis, che prevede la stesura di un racconto collettivo, alternandosi nella scrittura e non conoscendo i contributi precedenti. Le nostre azioni erano tutte in simultanea e così anche qui non potevo conoscerle a priori. Racconto la mia versione dei fatti e ascolto quella gli altri. Sono tutte storie diverse.

Cos’è successo quella sera al Museion? Sono uscito dal museo di Bolzano e non sono riuscito a sfuggire da questa domanda. È stato un appuntamento sorprendente e un po’ naïf. La testa piena di informazioni e il corpo in movimento come se dovesse farsi spazio su un palcoscenico. Ho cercato di capire il senso della lezione aperta: una chiamata per i giovani ad avvicinarsi all’arte e allo spettacolo. Ma non solo questo. Quel mercoledì siamo entrati nella scatola bianca e abbiamo raccontato noi stessi.

Foto di Roberta Pedrini 

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