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September 17, 2019

Christian Fogarolli e la seduzione dell’anomalia

Francesca Fattinger

Inizia da qui, una serie di racconti dedicati agli artisti trentini di fama internazionale. Artisti che ci interrogano, ci fanno pensare, discutere… ci muovono e smuovono. Il primo a cui dedichiamo un breve ritratto è Christian Fogarolli, la cui ricerca si snoda tra campi scientifici e parascientifici ricondotti all’interno dei suoi progetti artistici. Un’arte quindi con un’anima fortemente interdisciplinare che si alimenta di incontri con studiosi di diverse discipline, dalla psichiatria all’antropologia fino alle scienze naturali, di una attenta ricerca d’archivio e di contatti con le persone e con le loro storie. Questo spesso anche per dare luce a quelle micro-storie che la storia ha cancellato, messo da parte o semplicemente nascosto; storie che parlano di anomalie, squilibri e pazzie e che collegano fortemente il passato alla contemporaneità, nella ricerca spasmodica di riportare tutte le devianze a una riparazione, un riallineamento forzato alla normalità.

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La tua è un’arte che supera i confini, che li mescola, li fonde e li confonde: tra passato e contemporaneità, tra arte e scienza, tra storia collettiva e storie individuali. È questo il destino degli artisti: superare confini? Raccontaci cosa significa per te fare l’artista.

Fare l’artista non ha un significato intrinseco globale, non esiste una definizione generale vera e propria. In questo momento storico trovo spesso questo termine perfino ambiguo e subdolo, ora le discipline si mescolano, i medium si intrecciano e la comunicazione istantanea e diffusa ha minato l’idea storica che la società possedeva di questa figura.
Il mio processo di lavoro tende sempre a confrontarsi con diversi ambiti e discipline: medicina, psichiatria, psicologia, antropologia, informatica, scienze naturali. Tento di fondere diversi approcci nell’arte, anche senza significati precisi, ma per il semplice gusto di farlo e per poter dare all’osservatore delle nuove possibilità visive e interpretative della realtà o di particolari tematiche.
Eviterei in ogni caso di utilizzare il termine abusato “confini e sconfini” e preferirei in qualche modo parlare del tentativo (a volte fallimentare) di creare delle personali gestualità espressive basate su un interesse enciclopedico tra passato e contemporaneo. Il minimo comun denominatore è un interesse ossessivo verso la devianza psichica, è su questa linea che sto costruendo un personale percorso. 

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La ricerca in archivi, depositi o addirittura istituti psichiatrici, appare come il primo passo di ogni progetto, per poi proseguire trasformando le storie che trovi, dando voce ai loro protagonisti. Come è nato questo tuo interesse?

La ricerca teorica, archivistica e pratica è alla base del processo creativo dei progetti; lavoro quasi sempre per blocchi progettuali precisi che contengono al loro interno lavori realizzati con diversi linguaggi espressivi: fotografia, installazione, scultura e video.
L’interesse verso specifiche tematiche è come un sentimento inconscio esistente e per il quale non si conosce una causa precisa. La mia curiosità e attenzione verso una presunta anormalità del pensiero e della mente, mi hanno portato nel 2011 a instaurare una serie di collaborazioni con diverse istituzioni che si occupano di cura e riabilitazione mentale. Da quel momento si è creato un percorso preciso di lavoro che continua attualmente a livello internazionale.
Potrei chiedermi davvero da dove parte questo mio interesse in una sorta di autoanalisi. In questo caso la risposta potrebbe essere l’attrazione di conoscenza verso ciò che l’uomo non comprende realmente, che crede distorto, sbagliato e deforme.
Per comprendere meglio il contesto in cui vive, l’uomo crea continuamente delle categorie, divide e raggruppa, per somiglianze e differenze, è un vizio enciclopedico prezioso per l’arte e a volte temibile a livello societario. Oltre a questo credo emerga un personale interesse verso la cura, la riparazione, la rigenerazione, forse generato da un’istruzione in storia dell’arte e restauro; questo mi ha portato a creare una personale analogia tra uomini e opere d’arte e di pensare come entrambi possano essere diagnosticati, indagati e curati.

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Il tuo interesse scientifico, in realtà soprattutto psicologico e psichiatrico, riguarda ciò che la società ha considerato e considera come anomalo, deviato, sbagliato, malato. Questo accade in lavori come Less Regain, Stone of Madness o Lost Identities, hai voglia di parlarcene?

 Vorrei specificare per prima cosa: non sono uno scienziato o un medico, non mi occupo di scienza, utilizzo ciò che spesso viene chiamato “scienza”, a fini artistici, creo nuovi punti di vista attraverso un’estetica che sento mi rappresenti.
Come detto precedentemente, tutti i progetti si focalizzano su come alcune discipline scientifiche si servano costantemente del mezzo artistico per indagare l’anormalità, la devianza e la malattia in tutte le sue forme, questo al fine di progredire: è successo nel passato e accade oggi. Mi avvicino a queste dinamiche in genere attraverso letture o interazioni che con l’arte hanno poco a che fare, ma che sono invece vicine all’ambito neurologico o psicanalitico.
Come puoi catturare qualcosa che non vedi e non tocchi? I tentativi fotografici, le sessioni psicanalitiche, l’immagine in movimento e la materia creativa hanno tentato di rispondere invano a molti quesiti, ma rimangono queste tracce straordinarie che viste con l’occhio odierno vertono più verso l’arte che verso la scienza.

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E ora a che cosa stai lavorando? Che direzioni sta prendendo la tua ricerca e dove potremo trovare i tuoi lavori?

Si è appena chiusa una mostra al Museo di Grenoble in cui le tematiche della devianza, del corpo e della follia erano ben rappresentate attraverso lavori di artisti storici fino alla odierna contemporaneità. In questo fine 2019 e per gran parte del 2020 mi concentrerò sull’aspetto dell’intangibilità della malattia mentale, unica a non manifestarsi attraverso un riscontro concreto od organico (senza addentrarci nell’organicismo). Il progetto Pneuma, partito da circa un mese, relaziona arte e malattia mentale attraverso contatto diretto con pazienti in diversi paesi in tutta Europa: Italia, Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Austria, Inghilterra, Spagna, Romania, Olanda.
Il progetto è promosso e finanziato attraverso il premio Italian Council dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie urbane del Ministero per i beni e le attività culturali e prende avvio dalla “Dichiarazione sulla Salute mentale per l’Europa” stipulata a Helsinki per la prima volta nel 2005 dagli Stati Membri dell’UE e dell’OMS. In Pneuma sono coinvolti venti differenti realtà in tutto il mondo: musei, fondazioni, istituti italiani di cultura, Università, centri di ricerca medica, associazioni, radio e produttori cinematografici. 
L’interazione e le attività con i pazienti di diversi istituti europei saranno la base per la realizzazione d’inediti lavori: un’installazione ambientale, un’opera video e dei lavori fotografici che entreranno poi a far parte della collezione permanente del Museo d’Arte Moderna di Bologna (Mambo).
Nel mese di ottobre di quest’anno sarà inoltre presentata una nuova installazione per la collezione permanente del Museum dr. Guislain nella città di Gand, un luogo unico al mondo per l’unione tra arte contemporanea, storia della medicina e odierna cura del disagio psichico.
Altri lavori sono visibili nella mostra personale in corso a Parigi presso la Galerie Alberta Pane e a breve in due festival internazionali: Photo Open Up di Padova e Tulca in Irlanda.

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Foto:
(00) Christian Fogarolli, 2018, In pink, detail. Exhibition view at Galerie Mazzoli, Berlin.
(01) Christian Fogarolli, 2019, Stone of Madness, exhibition view at Museo Palazzo Poggi, curated by L. Balbi, Bologna 
(02) Christian Fogarolli, 2018, Crime and Redemption, exhibition view at Museo Palazzo Fortuny, “Futuruins” curated by D. Ferretti and D. Ozerkov, Venezia
(03) Christian Fogarolli, 2018, Crime and Redemption, detail. Exhibition view at Museo Palazzo Fortuny, “Futuruins” curated by D. Ferretti and D. Ozerkov, Venezia
(04) Christian Fogarolli, 2017, Midòlla, gelatin silver process from a negative glass on white marble of Carrara, 240 x 30 x 2 cm. Exhibition view at Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Galleria Civica, Trento.
(05) Christian Fogarolli, 2019, Il corpo d’aria, exhibition view at Galerie Alberta Pane, Paris.

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