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July 11, 2019
Destinazione Marte: intervista al danzatore-coreografo Nicola Galli
Text Maria Quinz
Scindere il danzatore dalla sua danza è un’impresa impraticabile, se non forse impossibile. A maggior ragione tale azione si rivelerà anacronistica se il danzatore è tanto altro ancora. Non solo performer ma anche coreografo, costumista e scenografo. E poi artista che ama esplorare mondi differenti come scienza, anatomia, paesaggio e rappresentazione grafica, legati tra loro con i fili sottili, ma forti della danza. Il tutto condito con uno sguardo giovane, introspettivo e curioso e con un’attenzione particolare rivolta verso l’universo dei più piccoli. Quegli spettatori-bambini che, con sensi affinati e vigili, sanno approcciare l’arte del teatro con incondizionato stupore e invidiabile concentrazione.
Stiamo parlando di Nicola Galli, giovane artista originario di Ferrara, che vedremo a breve all’interno del cartellone di Bolzano Danza Festival 2019. Nicola presenterà il suo spettacolo per bambini Mars, il 20 luglio durante l’apprezzatissimo evento, riproposto da diverse edizioni della Notte a Teatro (a partire dalle 18) e il 21 luglio (alle ore 10), sempre presso il Teatro Comunale. Mars mette in scena il fascino misterioso di un immaginario pianeta Marte e la sua esplorazione da parte di un corpo che cerca di orientarsi e colonizzare lo spazio alieno, scenario futuribile di un prossimo paesaggio dell’umano. Di questo e altro parliamo con Nicola.
Nicola, sei giovanissimo ma hai già all’attivo numerosi spettacoli e altrettanti progetti tra performance, ricerca coreografica e installazione artistica. Come è nata la tua passione per il linguaggio della danza con un approccio così trasversale?
La passione per la danza è nata nell’adolescenza, ma ho sempre allenato il mio corpo praticando ginnastica artistica dall’età di 3 anni. Ho incontrato la danza e il teatro per necessità di studio personale, quasi per caso, trovando in questa disciplina un grande strumento di introspezione.
Senza programmare troppo queste esperienze, ho deciso di non seguire un percorso di studi tradizionale preferendo un approccio osmotico per conoscere e intrecciare gli argomenti che sempre di più mi hanno interessano: l’anatomia, la scienza, il paesaggio e l’arte visiva.
Lo stesso approccio è nato nel momento in cui mi sono affacciato professionalmente sulla finestra dell’arte, desideroso di voler rivestire il ruolo di coreografo e danzatore e sperimentare altri ruoli come l’illuminotecnica e la scenografia.
A Bolzano Danza Festival 2019 presenti il tuo spettacolo Mars nella versione kids. Ci racconti di questo progetto?
La creazione MARS è il terzo episodio di una composizione coreografica dedicata al sistema planetario. É nata nel 2016 attraverso un processo creativo particolarmente intenso, trascorrendo alcune settimane in solitudine per immergermi nell’atmosfera di Marte e generare un immaginario coreografico stimolato dallo studio del pianeta.
Questa creazione è stata presentata sia su palcoscenici che in luoghi non convenzionali; la sua duttilità ha nutrito molto il mio movimento, ogni tappa ha modellato lo spettacolo rendendolo permeabile.
MARS si basa su una serie di simulazioni sceniche nelle quali corpo, luce e suono si fondono per riprodurre i paesaggi e l’atmosfera che compongono il pianeta: pianure, valli, crateri e vulcani.
In una replica in Sardegna (durante il Festival Autunno Danza) ho potuto notare la reazione di due bambini presenti tra il pubblico: silenziosissimi e attenti osservatori, sono rimasti affascinati per questo immaginario astronomico. Da quel momento ho sentito necessario sperimentare lo spettacolo di fronte allo sguardo di giovanissimi spettatori.
Quanto stimolo ti da lavorare – come in questo caso – con e per i più piccoli?
Fin da piccolo sono stato abituato ad andare a teatro e trovo fondamentale l’educazione alla visione per allenare gli spettatori (di qualunque età) a coltivare l’immaginazione, stimolare la curiosità e il perpetuo domandarsi.
I giovani spettatori sono tremendamente sinceri e sono portatori di una forza che va protetta e nutrita; per me non significa solo ideare e presentare uno spettacolo dedicato all’infanzia, significa in modo più ampio dedicare un tempo e uno spazio per crescere individui che abiteranno il mondo di domani. Il teatro, o più l’arte in generale, è innanzitutto uno strumento per conoscersi e conoscere l’altro.
Che consiglio daresti ai ragazzi interessati a intraprendere la strada professionale della danza?
In un generale capovolgimento distopico nel quale il sogno ricercato tende ad aderire alla visibilità e all’estetica mediatica, consiglio loro di non lasciarsi affascinare da questo status monocromatico e fugace, ma di scegliere un proprio obiettivo, studiare – che sia in un’accademia o seguendo un percorso fuori strada come il mio – e non smettere mai di farlo.
Un secondo, ma non meno importante consiglio, è di essere prima di tutto spettatori, andare a teatro per conoscere cosa succede sul palcoscenico e quante sfumature esistono nella propria sfera emozionale.
La tua ricerca spazia anche nell’ambito dell’ideazione grafica-visiva. Come leghi questo tuo particolare interesse con la danza?
Il legame tra danza e grafica è il motore che porta avanti la mia ricerca: quando immagino ho bisogno innanzitutto di disegnare. Che sia un movimento, un costume o una scenografia, disegno ogni elemento (prima a mano poi al computer) creando una serie di tessere da posizionare, sovrapporre o affiancare in una linea temporale.
Questo metodo personale mi permette di visualizzare una rete di idee che progressivamente definisce le fondamenta della creazione.
Tale metodo organizzativo delle idee non può poi che riversarsi sulla scena attraverso un netto segno geometrico che ordina i corpi e gli elementi scenici.
Ad esempio nel duetto VENUS (secondo episodio della trilogia) ho creato la coreografia partendo dal principio delle curve di Bézier, un sistema utilizzato nella computer grafica per tracciare linee curve.
Pensare la danza in termini grafici mi aiuta a pensare che il movimento non è solo dentro i corpi ma è un reticolo di fili invisibili che tutto connette.
Una curiosità: come nasce un tuo nuovo progetto? Da quale stimolo? (Visivo, concettuale, narrativo, musicale o altro)?
L’innesco che mi porta a selezionare l’oggetto di studio nasce dalla lettura di saggi, dalla fascinazione per un paesaggio e (recentemente) dall’ascolto di opere musicali.
Da questa iniziale e istintiva attrazione, subito inizia la fase quasi ossessiva di studio che può durare anche un anno e solitamente cammina parallela alle attività quotidiane di produzione e tournée.
É normale per me essere in sala prove per creare uno spettacolo e percepire la mente già protesa verso il successivo; probabilmente è per questo che ogni spettacolo sembra confluire nel successivo, in una lunga e unica narrazione.
Nicola, hai qualche progetto o sogno per il futuro?
Certamente, in questo momento sto studiando per una nuova creazione e facendo esperimenti con le plastiche e l’elettromagnetismo.
Il mio sogno perenne è piuttosto una speranza: la maggiore diffusione di questa disciplina educativa (in tutte le sue forme) per la conoscenza del sé.
Personalmente spero di riuscire sempre a offrire agli spettatori un motivo in più per andare a teatro.
Credits: Foto 1. Mars, Donato Aquaro; Foto 2. De rerum natura, Nicola Galli; Foto 3. Mars, Dario Bonazza; Foto 4. Genoma scenico e 5. Venus, Compagnia Nicola Galli.
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