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May 14, 2019

La finestra sui giornali: 73 anni di storia della stampa altoatesina

Mauro Sperandio

Cosa mettereste in una scatola del tempo da far ritrovare ai vostri lontanissimi discendenti? Qualche oggetto a voi caro, delle fotografie, un messaggio significativo che, magari, vi faccia ben figurare. Degli oggetti particolari e forse una registrazione della vostra voce, giusto per “dare profumo” alla vostra persona, per cercare di far capire la vostra personalità. Imballando quanto vorrete far ritrovare nel futuro, potreste volervi servire della sempre abbondante carta di giornale e benissimo fareste. Al momento di aprire la scatola del tempo, i vostri pronipoti potrebbero gradire tanto il contenitore quanto il contenuto. Se quest’ultimo racconterà di voi, le stropicciate pagine dei giornali diranno del contesto in cui vi trovavate, di ciò che veniva applaudito e di ciò che veniva condannato, di quanto era possibile fare il sabato sera e di come quel certo problema creava scontri e divisioni. I giornali che hanno detto continueranno a parlare, rispecchiando l’antica attualità e il modo di leggerla.

A questa meta-lettura, ovvero alla storia del giornalismo nella provincia di Bolzano, è dedicato La finestra sui giornali, approfondito ma agile libro di Lorena Munforti e Giancarlo Riccio, pubblicato dall’editore Bolzanino Curcu Genovese. I due autori, nota per le lunghe collaborazioni con varie testate del gruppo RCS e con l’Enciclopedia Treccani la prima e per essere un’apprezzata firma della Lettura del Corriere della Sera e del Corriere dell’Alto Adige, nonché docente di storia del giornalismo il primo, hanno raccolto una pregevole serie di interviste ai protagonisti del giornalismo altoatesino di lingua italiana. Nomi quali quelli di Umberto Gandini, Toni Visentini, Paolo Pagliaro  Günther Pallaver e Arnold Tribus raccontano della loro esperienza di giornalisti, della vita delle redazioni e delle peculiarità che caratterizzano il contesto politico e sociale altoatesino/sudtirolese.

Una pubblicazione approfondita, dicevo, ma scorrevole da leggere, quasi “golosa” nei passaggi che trasportano il lettore nell’atmosfera delle redazioni dei quotidiani che hanno raccontato o continuano a raccontare la provincia di Bolzano.

Incontriamo Giancarlo Ricco per parlare non solo di passato, ma anche di futuro del giornalismo locale.

giancarlo riccio

Le sono note la storia e il presente del giornalismo in Alto Adige. Quali scenari si sente di preconizzare?

Il rischio è che ci sia una massiccia omologazione delle testate, in nome del marketing e non solo riguardo i temi da affrontare. Guardo fuori regione, mi viene in mente il caso di Milano, dove nella vita reale c’è un grandissimo fermento in ambito classico, con la nascita di nuove orchestre anche finanziate da importanti istituzioni, ma i media si interessano quasi solo di musica pop.

Oltre allo scollamento tra vita reale e notizie frutto di una  “sensibilità indotta”, da quali rischi si deve difendere la stampa locale?

È convinzione mia tanto quanto di Lorena Munforti, co-curatrice di questa pubblicazione, che i giornali locali avranno un grande futuro se dimostreranno coraggio e sapranno offrire un panorama polifonico, dando spazio a visioni e personalità differenti.

Possiamo dirci salvi dal rischio di influenze della politica nei confronti della stampa locale?

È recente, giusto in vista delle elezioni europee, l’invito fatto dal Gruppo Verde nel Consiglio provinciale ad evitare la pubblicità elettorale a favore di specifici candidati o partiti da parte di gruppi d’opinione o associazioni di categoria. Nel nostro territorio il vero problema è che i media di lingua italiana, salvo il Corriere dell’Alto Adige e qualche piccola emittente radiofonica, sono in mano ad un unico attore, ovvero il Gruppo Athesia. Questo, sia chiaro, è avvenuto in maniera assolutamente legale, perché le norme in materia di concentrazioni editoriali sono meno restrittive rispetto al resto d’Italia. A detta dei direttori dei principali quotidiani della provincia questo non rappresenta un problema, perché l’autonomia e l’indipendenza dei giornalisti e dei direttori è in mano solo a loro stessi. Ciò tuttavia può dare origine a delle contraddizioni, quali quelle evidenziate dai giornalisti che abbiamo intervistato per questo libro.

sabato 11 nov. 1989 Il Mattino

Quale testimonianza ritiene di particolare significato?

Sicuramente quella di Umberto Gandini, il più anziano dei giornalisti intervistati, celebre traduttore dal tedesco e romanziere. Egli racconta le esperienze sia de Il Mattino dell’Alto Adige, quotidiano che ebbe una vita breve ma molto intensa, che delle due pagine dedicate alla nostra provincia inserite per un certo periodo di tempo nel quotidiano milanese di centro-sinistra Il Giorno.

La testimonianza di Paolo Pagliaro, coautore e co-ideatore con Lilli Gruber del programma televisivo “Otto e mezzo”, offre una curiosa immagine di come l’Alto Adige, che spesso si ritiene il centro dell’universo, fosse in realtà visto da chi si trova nelle grandi città italiane…

Vero. Pagliaro racconta di come, ai tempi della sua collaborazione da Bolzano per La Repubblica, egli scrivesse con eccezionale frequenza, beneficiando delle scarse conoscenze geografiche di molti nelle grandi redazioni romane. Per questi poco accorti colleghi Trento era vicina a Trieste e Bolzano era un sobborgo di entrambe. Il territorio del Trentino – Alto Adige era un’entità non precisamente nota e definita, che solo nel 2003, grazie ad un’intuizione del Corriere della Sera, ha potuto contare sulla presenza di un quotidiano di rilevanza nazionale, con l’apertura delle redazioni di Trento e Bolzano.

Crede che il giornalismo altoatesino abbia una cifra stilistica propria e definita?

Nel bene e nel male, il giornalismo altoatesino è inevitabilmente figlio della convivenza tra due gruppi linguistici, come dicono i più prudenti, o meglio, come dico io, tra due gruppi etnici che si sono dovuti confrontare in seguito al trattato di Saint Germain del 1919. Tra le caratteristiche del giornalismo nostrano c’è la necessità di conoscere almeno un po’ l’altra lingua, fattore che influenza positivamente l’apertura mentale dei giornalisti nostri conterranei. Parlando invece dei vizi tipicamente locali, mi sento di citare una certa dose di pigrizia che tiene lontani gli altoatesini dalle redazioni dei quotidiani nazionali e quindi da esperienze di ampio respiro. Da questa mancanza deriva un’eccessiva prudenza nel raccontare le cose; passi per i fatti di cronaca nera, che sempre più spesso si intrecciano con vicende di rilevanza internazionale, ma non si può non notare come il giornalismo d’inchiesta, con qualche eccezione data da ff, salto.bz e, in qualche occasione da franzmagazine, non abbia forse qui mai abitato.

la finestra sui giornali

Che succede quando sono i giornalisti di fuori regione a occuparsi del Südtirol?

Non è raro che gli inviati dei grandi giornali che si trovino a parlare dell’Alto Adige si occupino, purtroppo, quasi solo le cose positive: il florido settore turistico, i mercatini di Natale, la diatriba Messner-Jovanotti sul concerto a Plan de Corones. Ci tengo però a ricordare come, soprattutto da qualche anno a questa parte, la bravura della redazione dell’Ansa dell’Alto Adige, guidata da Stefan Wallisch, offra un importante faro agli addetti ai lavori e non solo.

Si rilevano significative presenze di madrelingua tedesca tra le pagine in lingua italiana?

Fino a un po’ di anni fa diversi giornalisti di madre lingua tedesca, come Günther Pallaver, che ha firmato per noi una dotta introduzione, trovavano spazio in quotidiani italiani. Un esempio significativo è rappresentato da Das Blatt für deutsche Leser che compariva ne L’Alto Adige. Oggi simili presenze non si rilevano.

Tra le postfazioni si distingue quella del noto avvocato Arnaldo Loner, che, dopo i qualificati pareri degli addetti ai lavori, riporta i giornali ai loro legittimi destinatari: i lettori.

L’avvocato Loner, a cui va anche il merito di aver rappresentato le istituzioni contro i criminali nazifascisti del lager di Bolzano, ricorda come i giornali locali siano un importante elemento di compagnia, affermando la sussistenza di un dialogo serrato tra lettori e giornali locali, che parlano di fatti e persone vicine e spesso personalmente note, avendo la responsabilità di narrare fatti e protagonisti della vita che sentiamo riguardarci davvero.

Lorena Munforti e Giancarlo Riccio, La finestra sui giornali,  ed. Curcu Genovese, Bolzano 2018.

Foto:@Giancarlo Riccio e Lorena Munforti

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