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May 7, 2019

A Piedicastello a Trento, due Gallerie per ripercorrere la storia

Francesca Fattinger

Passeggiando in una giornata di sole tra le case di Piedicastello, quartiere antico e colorato di Trento non lontano dalla stazione dei treni, mi sono trovata di fronte a due gallerie, una bianca e una nera: Le Gallerie. Incuriosita mi sono addentrata in questi che non erano altro che due tunnel stradali lunghi più di 300 metri in uso fino al 2007 poi trasformati in luoghi di racconto, di ricordo, di memoria e di storia. Il bianco e il nero si ritrovano anche nei video, nelle fotografie e nei documenti esposti al loro interno: i colori delle fonti della storia. Sì perché questi spazi sono gestiti e curati dalla Fondazione Museo storico del Trentino per ospitarvi all’interno un museo innovativo ed esperienziale, in cui poter passeggiare tra i giorni della nostra storia. Siamo all’undicesimo anno dalla prima mostra inaugurata nel 2008 e dedicata al Trentino durante la prima guerra mondiale e ad oggi si tratta di uno spazio culturale ed espositivo efficace e toccante.Le Gallerie TN 1 - ph. Francesca Fattinger

 Entrata nella prima galleria, nella galleria nera, quasi risucchiata dal buio, mi aspetta una mostra dedicata all’ultimo anno della Grande Guerra combattuto sul fronte italo-austriaco: un racconto di cosa è successo tra il 1917 e il 1918 in una mostra curata da Lorenzo Gardumi, con la collaborazione scientifica di Mauro Passarin e con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento. Se nel 1917 c’è il prima e dopo Caporetto, la linea di resistenza sul Piave e le esperienze della cosiddetta “guerra reale” testimoniata da brani di diari sparsi per tutta l’esposizione, nel 1918 siamo di fronte all’anno che conclude per sfinimento la guerra con una pace talmente fragile che non può che essere piena di contraddizioni.

Le Gallerie TN 2 Francesca Fattinger

Soldati e civili hanno voce nella mostra tramite documenti ufficiali e non, in mezzo a fotografie e filmati originali dell’epoca, scenografie e approfondimenti, e ci mostrano la trasformazione della prospettiva italiana della guerra da offensiva a difensiva. Ma chi sono davvero i soldati, chi sono davvero i civili? Questa la domanda che torna e ritorna nel percorrere la mostra. Come sottolinea Giorgio Postal, presidente della Fondazione Museo storico del Trentino: “(…) interrogarsi sulle esperienze dal basso, dei combattenti in trincea come dei civili sul fronte interno, forniva la chiave di lettura ideale a comprendere meglio (speriamo) le dinamiche di un evento separatore come fu la Grande Guerra, di una catastrofe dopo la quale niente fu come prima.” 

Le Gallerie TN 4 - ph. Francesca Fattinger

Una scritta ingombra totalmente il passaggio dopo pochi passi dall’entrata: “Le uniche munizioni che non mi mancano sono gli uomini”, parole del generale Luigi Cadorna, famoso per aver portato i soldati italiani alla disfatta di Caporetto e che mostra una versione della guerra che la rappresentazione ufficiale del campo di battaglia non dava: “una terra di nessuno, fatta di cadaveri in putrefazione” che veniva nascosta totalmente all’opinione pubblica.
Lorenzo Gardumi, curatore della mostra, nel suo contributo sul catalogo sottolinea questo aspetto: “ la guerra smembra letteralmente il corpo dei soldati, tant’è che una delle caratteristiche del primo conflitto mondiale è proprio l’alto numero di dispersi, soldati che è stato impossibile ricomporre e identificare”. “L’impatto con la guerra” continua “significa entrare in un mondo alla rovescia, dove non valgono le consuetudini (…) dove la morte, la visione quotidiana della morte, l’atto dell’uccidere e la violenza, costituiscono l’orizzonte di riferimento.”

Le Gallerie TN 5 - ph. Francesca Fattinger

Ma la guerra non solo distrugge i corpi, anche le menti dei soldati sono messe a dura prova: proprio la coabitazione forzata con la morte li destabilizza, tanto che molti soldati tentano la salvezza nella diserzione e nell’autolesionismo. Questo fa sì che aumenti il numero dei ricoveri nei manicomi, ma medici e psichiatri considerano i soldati ricoverati come “disertori” da ricondurre al più presto alla guerra. Una parentesi è dedicata anche al corpo della donna, dove il tema dello stupro da parte del “barbaro nemico” viene tematizzato da alcuni film d’epoca. 

Le Gallerie TN 6 - ph. Francesca Fattinger

Alla fine della galleria nera si entra nella galleria bianca e la storia continua, ma si entra in una diversa esposizione: Ferro, fuoco e sangue, vivere la grande guerra, in collaborazione con il comune di Vicenza, a cura di Mauro Passarin. Mi ritrovo a camminare tra immagini che si rimandano a vicenda: oggetti dilaniati dalla guerra, reperti con un forte legame tra memoria e dolore, sono trasfigurati ed estetizzati in un’atemporalità che ne esalta le caratteristiche estetiche e formali. Le immagini che mi ritrovo a guardare sono una sfida alla brutalità della guerra, mostrano il lato umano degli oggetti che mantengono il legame al loro contesto ma assumono anche una lingua propria, quasi come se fossero dotati di emozioni proprie. Così fango, sete, brutalità, fuoco, rumore, paura, freddo, riparo e attesa si fanno corporei, sono oggetti concreti da guardare, sono reperti, fotografie, oggetti, poesie dello sguardo in bilico tra lo stupore, la lacrima e il sorriso.

Le Gallerie TN 7 - ph. Francesca Fattinger

Questa frase di Robert Musil mi conduce alla fine della mostra e sembra effettivamente perfetta per descrivere quegli anni: “Se un poeta avesse scritto un poema utopico su come si vivrà tra 2000 anni o su come, secondo lui, si viveva 2000 anni fa, l’originalità della sua fantasia non sarebbe in grado di descrivere con altrettanta naturalezza l’incredibile vita che milioni di uomini stanno conducendo da due anni”.

Le Gallerie TN 8- ph. Francesca Fattinger

Foto: Francesca Fattinger

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