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March 15, 2019

Da lontano era un’isola:
Giulia Cenci al Kunst Merano Arte

Mauro Sperandio

Dopo i Distant Eyes di Irene Fenara, la stagione espositiva del Kunst Merano Arte si apre ufficialmente con una tripla personale che vede protagoniste le opere di Katinka Bock, Giulia Cenci e Philipp Messner. A nomare l’esposizione provvede il titolo di un libro pubblicato nei primissimi anni ’70 da Bruno Munari, immortale fonte d’ispirazione e solleticatore di sempre nuove riflessioni: Da lontano era un’isola (16.03–16.06.2019). Se Munari vide paesaggi e personaggi nelle forme e nelle striature di alcuni sassi trovati passeggiando, nel arrangiare e riarrangiare i loro materiali, i tre artisti daranno nuova vita ai tre piani della galleria meranese.
Di particolare interesse si mostra il lavoro di Giulia Cenci, cortonese risiedente ad Amsterdam, che ha trasformato il terzo piano del Kunst Meran in un habitat in cui muoversi e scoprire, aggirandosi tra figure zoomorfe e robotiche, tra vuoto e materia. Alle parole della scultrice affidiamo il racconto della sua isola…

Chiara Cenci

Le tue sculture mostrano dettagli anatomici e meccanici. La resina e la schiuma poliuretanica avvolgono ed esplodono in maniera non sempre controllabile. Che importanza ha il non-controllo totale sul tuo lavoro?

Grande. Come fondamentale è per me l’errore. Nonostante ci sia sempre un progetto iniziale piuttosto dettagliato, il lavoro in studio riserva sempre esiti inattesi. Diciamo che il 50% del risultato finale non era prevedibile fin dall’inizio. Mi può anche capitare di spostare senza un’idea precisa delle sculture all’interno del mio studio, scoprendo nuovi motivi d’installazione.

Le tue installazioni danno vita a scenografie, ambientazioni in cui il pubblico si muove in maniera per parte libera e per parte indotta dalla collocazione delle singole opere. C’è un intento registico nel tuo lavoro?

No, non direi. Penso al movimento dello spettatore, alla sua presenza fisica e alla relazione che intrattiene con le opere e quindi alla dimensione, massima e minima, di queste ultime. Non mi prefiguro dei movimenti, ma cerco di creare degli habitat in cui il pubblico si trovi come fosse in una foresta: un luogo estraneo in cui è necessario trovare un proprio modo di muoversi tra ostacoli e oggetti assolutamente non familiari.

Chiara Cenci Kunst Merano Arte

Le scelte espositive sono dunque strettamente legate con l’essenza stessa dell’opera?

Si tratta di un’idea differente di mostra. Non c’è una scultura da ammirare o un quadro alla parete da osservare frontalmente. Voglio che il pubblico si senta parte di un avvenimento, di una situazione.

Gli spazi “classici” delle gallerie immagino ti vadano stretti…

Mi piace lavorare nelle gallerie, come forse in qualsiasi posto, trovo stimolanti tutti gli ambienti, come anche questo “difficile” terzo piano del Kunst Merano Arte. Lo scorso anno ho lavorato in una foresta, scoprendo un mondo che non conoscevo, essendo il mio lavoro, e i materiali che impiego molto sintetici e legati all’idea di artificio. Un ambiente così naturale mi ha dato la possibilità di esaltare la “innaturalezza” dei materiali che uso, come nel caso di pezzi di auto o macchinari.

Ti attirano gli oggetti giunti al termine del loro ciclo funzionale?

 Non credo che ci sia nulla che smette di essere funzionale. Io vedo la materia tutta – noi, l’aria, l’acqua, l’argilla, la plastica – come qualcosa destinato a cambiare. Ci sarà sempre un processo destinato a dare nuova forma o identità a qualsiasi cosa. Non esiste l’inutile. In quest’ottica tu conti come un insetto e io come un granello di sabbia. In principio, lavorando ad esempio con l’argilla, guardavo a ciò che avanzava dalla scultura come a degli scarti. Ho capito poi che erano parti di una cosa unica che avevano cambiato forma.

chiara cenci

Che rapporto c’è tra spazio lo spazio in cui lavori e quello domestico?

Sono due spazi nettamente separati. Nello studio passo quasi dodici ore al giorno, per quasi tutto l’anno. Si tratta di un luogo caotico, ma bellissimo. È un’estensione del mio corpo, ma un posto che mi assorbe molte energie e che, alla sera, devo assolutamente abbandonare per riposare. Il grande appartamento in cui vivo con il mio compagno è pressoché vuoto, con pochissimi mobili. Una parte fondamentale di casa è il giardino, in cui riesco a rilassarmi occupandomi delle mie piante. Non riuscirei a riposarmi non facendo nulla.

Foto ©: (1) Giulia Cenci, diesel, 2019. Courtesy the artist and Spazio A, Pistoia. Photo Ivo Corrà; (2) Giulia Cenci, marine snow (scuro-scuro) , 2019 (detail). Courtesy the artist and Spazio A, Pistoia. Photo Ivo Corrà; (3) Giulia Cenci, marine snow (scuro-scuro), 2019 (detail). Courtesy the artist and Spazio A, Pistoia. Photo Ivo Corrà; (4) Giulia Cenci, white noise (scuro-scuro), 2019. Courtesy the artist and Spazio A, Pistoia. Photo Ivo Corrà.

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