Food

March 13, 2019

La cucina di calycanthus: intervista alla blogger Maria Teresa Di Marco

Maria Quinz

Il calychanthus è un piccolo fiore invernale, dall’aspetto poco appariscente, ma dal profumo intensissimo e deciso. È un fiore che annuncia il risveglio della natura, prima che esploda nel suo fulgore. Le amiche Maria Teresa di Marco Marie Cecile Ferré, assieme al fotografo Maurizio Maurizi, lo hanno scelto per raccontare la ricchezza di ricordi, persone, ricette, sapori e profumi, che hanno ispirato il loro blog di cucina e fotografia, fin dagli esordi. 

La cucina di calycanthus è uno dei blog italiani più noti e apprezzati nell’ambito food. Vanta eccellenti collaborazioni con altre realtà editoriali, come COOK de Il Corriere della Sera e uno stretto sodalizio con Guido Tommasi Editore.

Maria Teresa di Marco, detta Maite, è cresciuta tra le nostre montagne, a Rovereto, e ora vive nell’assolata Barcellona. Lì si trova oggi la sua cucina, quartier generale delle sperimentazioni culinarie delle due amiche e del fotografo. Mi faccio raccontare da lei come è cominciata questa bella avventura.

IMG_1019psMaria Teresa, come è nata l’idea del blog di cucina?

Premetto che in passato facevo tutt’altro. Dopo gli studi, mi sono occupata prevalentemente di comunicazione di massa e storia dei media, per progetti culturali e insegnavo all’università. Poi mi ha colpito un evento tragico, uno di quelli che possono travolgerti nella vita e che, sommato alla mia insoddisfazione verso l’università, mi ha spronato a reagire. Insegnavo a Torino e dopo aver ricevuto la ridicola proposta di compenso annuo di 52 euro per la mia cattedra, mi sono detta che dovevo dare una sferzata di cambiamento alla mia vita. Era il 2008. Abitavo di nuovo a Rovereto e mi sono riavvicinata a Marie, conosciuta a Parigi ai tempi dell’università. Già allora avevamo iniziato a cucinare insieme. Una volta ripreso, non abbiamo più smesso.

Com’era il progetto iniziale?

Il progetto all’inizio non ci era del tutto chiaro. Erano anni in cui la rete era ancora una “cosa piccola” e nel food esistevano piccole nicchie, più o meno 15/20 blog di rilievo, ma non così tanti da spaventarci. Per noi fu abbastanza facile emergere, più di quanto non sarebbe oggi. Tutte le mattine studiavamo gli altri blog, come in una rassegna stampa, per capire cosa contenevano. Negli anni le cose sono cambiate molto. Noi ce ne siamo accorte con un certo ritardo, perché la nostra vita di blogger si è modificata, aprendosi a nuove strade, quando siamo entrate in contatto con il nostro editore di riferimento, che è Guido Tommasi Editore.

DSCF2347Come è cominciata invece la collaborazione con Guido Tommasi Editore?

Anche in quel caso tutto è iniziato in modo spontaneo. Realizzavamo dei file in pdf, che erano già dei potenziali piccoli libri tematici di ricette, divertendoci molto. Per esempio ne avevamo fatto uno sulla cucina di Alice nel paese delle meraviglie, smembrando il testo e creando delle ambientazioni fotografiche divertenti. Ma anche con temi più comuni, come il menu di Natale o la cucina di recupero. Erano già di fatto, piccole pubblicazioni. L’editore era rimasto colpito perché facevamo già intravedere la possibilità che i nostri lavori diventassero libri. Ci siamo buttati in questo progetto con entusiasmo e in 10/11 anni abbiamo pubblicato insieme più di 15 libri, che sono in parte stati tradotti in altre lingue, tra cui tedesco, francese, inglese, russo e cinese. 

Quanta parte c’è nel blog e nei libri della tua/vostra storia personale?

Quello che facciamo è fortemente connaturato alle nostre vite e alle nostre vicende personali. Oggi io e Maurizio viviamo a Barcellona mentre Marie a Roma. Insieme a Marie, anche a distanza, decidiamo i progetti nel complesso, facciamo le prove di quello che potrebbe andare o meno, valutiamo le ricette. Inizialmente cercavamo di avere più voci. Poi è risultato naturale che ci fosse una sola voce del blog, la mia, perché poteva risultare difficile per chi ci seguiva, capire chi stesse parlando e star dietro al filo di un discorso generale. Devo aggiungere che il modo di fare ricerca, lavorando all’università, alla fine è stato utile anche qui. Che tu indaghi sul cinema italiano degli anni Cinquanta, come ho fatto io per il dottorato o sui ricettari di un determinato contesto storico/geografico, il modo di orientarsi è molto simile. Cambia il contenuto ma la forma di organizzare il lavoro è la stessa. Tutto fa brodo…

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C’è un legame tra la tua cucina e le tue origini?

Il legame con le origini ritorna, in quel miscuglio che è stata la mia vita. Sono nata da genitori siciliani a Venezia, un po’ per caso e sono cresciuta in Trentino. Ho vissuto in Toscana, Francia, Lazio e ora in Spagna. Senz’altro la cucina siciliana di mia madre ha avuto la presa più forte. Quello sulla cucina sicilianaè stato il primo libro, assieme alla cucina toscana, regione dove Marie è cresciuta. Se ripercorriamo i titoli c’è tanto di me: la Sicilia da dove vengo, Toscana e Lazio – con Roma – il luogo di nascita di Maurizio e dove ci siamo trovati a vivere. E poi Venezia, un’altra patria sottesa, che è un po’ casa per me.

L’editore vorrebbe che facessimo tutte 21 le regioni. Non so come ci riusciremo… perché i nostri sono libri che richiedono almeno un anno di lavoro. Ci sono tempi tecnici da considerare, come la stagionalità dei prodotti, per esempio. Naturalmente anche il Trentino è una patria. Chissà che il prossimo regionale non sia proprio quello! 

DSCF7889cQuale consiglio daresti a chi volesse aprire un blog?

Di armarsi di pazienza e coraggio. In questo momento non è semplice. C’è stata un’esplosione enorme nel settore. Tutti parlano di una bolla di inflazione che scoppierà ma che ancora non sembra sgonfiarsi. Credo che il punto fondamentale sia trovare un equilibrio tra l’originalità dei contenuti e il riuscire a parlare a un proprio pubblico. Il blog non deve essere né il diario che scrivo dalla cameretta, né essere troppo generico, “urlato al megafono”. Va benissimo raccontare cose anche intime e personali, ma non come se si scrivesse per sé stessi. Bisogna ricordarsi che c’è un pubblico. Magari anche molto piccolo ma che va considerato. Si deve cercare un’originalità del proprio discorso e indirizzarlo a qualcuno: il discorso deve essere personale e devo poterlo fare io e non chiunque altro. Il tutto, mi rendo conto, non è semplice.

Quanto contano le immagini per voi?

Ora si dà molta attenzione all’immagine. Ma in passato non era scontato. Intorno al 2008 c’era una spaccatura tra chi prediligeva curare l’immagine e chi soltanto il contenuto. Questo oggi non può funzionare. Bisogna curare entrambi gli aspetti. La nostra scommessa, anche a costo di molte liti, è che ci siano buoni contenuti e buone immagini e che funzionino insieme, senza una cacofonia di fondo. Per esempio, il fotografo ha necessità di luce in primis, mentre io ho la necessità della verità del cibo. Dobbiamo tuttavia arrivare a una sintesi che convinca entrambi. Sulle cucine regionali, per esempio, abbiamo cercato di lavorare con oggetti, ceramiche, tovagliati che richiamassero le atmosfere locali e che da li venissero. La chiave che abbiamo scelto è questa: tutto quello che sta nei nostri libri o nel blog, lo abbiamo fotografato, cucinato e mangiato. Non è cosa così scontata, perché in questo ambito c’è un gran uso di lacche che rendono il cibo appetibile nella foto, ma immangiabile. A noi invece piacciono le cose genuine e vere, oltre che belle e soprattutto buone.

 

Foto Maurizio Maurizi

 

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