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February 28, 2019

Verknüpfungszwang #18: La città dell’accoglienza

Allegra Baggio Corradi

Ci troviamo oggi al terzo piano dell’Istituto Warburg. Più precisamente siamo nel cucinino, luogo di incontri inaspettati e sede del frigorifero più rifornito eppure meno utilizzato di Albione. All’interno troviamo marmellate degli anni Quaranta, insalate di quinoa dell’altro ieri, latte congelato in vista di un embargo post-Brexit e perfino prodotti di bellezza preparati secondo tecniche rinascimentali. E’ mercoledì, il giorno in cui i corridoi del Warburg brulicano di personaggi tra i più vari, giorno di seminari e conferenze. Mentre rifletto sulla sconfitta culturale che dopo anni di vita inglese mi ha portato ad arrendermi alla sconsolata convivenza con il caffè istantaneo in polvere, entra un volto nuovo. “Ciao!”, dice. “Ciao”, rispondo ancora amareggiata dal più amaro dei caffè. “Sono Giacomo, tu?”. “Allegra. Sei nuovo?” “Si”. Prolessi, venti minuti di conversazione dopo. “Sai che tra pochi giorni andrò a Trento per una conferenza presso l’Isig? Tu che sei di Bolzano sicuramente conoscerai l’istituto.” “Uhm, in realtà no. Parlamene.” Prolessi, omesse informazioni fornite solo in seguito. “Ciao, ci vediamo.” “Si, certo.”

L’Isig. Che cosa è? Incuriosita dal racconto di Giacomo, torno nello studiolo al quarto piano e cerco il sito dell’istituto storico italo-germanico di Trento. Leggo e percepisco una nuova compulsione alla conoscenza. Prolessi, circa quattro settimane dopo. Mi trovo nell’ufficio di Massimo Rospocher al secondo piano della Fondazione Bruno Kessler (FBK). Lui siede di fronte a me e prima di iniziare mi chiede se l’avessi contattato in seguito alla lettura dell’articolo sulle esotiche coppie miste trentine pubblicato qualche tempo fa su un quotidiano locale. Dopo averlo rassicurato di essere qui mossa da un interesse per la sua ricerca, iniziamo a parlare.

Ciao Massimo, grazie per l’accoglienza! Prima di parlare dei tuoi progetti potresti introdurci alla storia dell’Istituto storico italo-germanico?

Si, certamente. L’Isig è un centro di ricerca avanzata fondato nel 1973 nell’ambito dell’Istituto trentino di cultura (Itc). I fondatori furono lo storico conciliarista Hubert Jedin e il suo allievo Paolo Prodi che fu direttore dell’istituto per oltre un ventennio. L’Isig nacque come centro per la storiografia europea, in particolare italiana e tedesca, in vista di un più mirato studio delle origini del sentire comune che portò alla formazione della moderna civiltà europea. I temi portanti dell’Isig inclusero sin dalla fondazione la storia religiosa, politica e sociale dell’età moderna e contemporanea, attenzione alla Riforma, alla confessionalizzazione, al disciplinamento sociale e all’evoluzione dello Stato moderno. Parallelamente all’Isig si sviluppò anche l’istituto di scienze religiose (1975), affidato ad un altro allievo di Jedin, Monsignor Rogger. Nel 2007 l’Itc si trasformò in una personalità giuridica di diritto privato. Nacque così la Fondazione Bruno Kessler (FBK), intitolata al politico trentino che contribuì alla fondazione dell’università di Trento. Nel tempo si sono succeduti diversi direttori che hanno improntato le ricerche dell’Isig a temi e periodi differenti. E’ così che tra gli scaffali dei nostri corridoi sono diventati dirimpettai Göbbels e Gioacchino da Fiore. Mai avrebbero potuto incontrarsi se non qui. Attualmente l’interesse principale dei ricercatori affiliati è rivolto alla storiografia moderna e contemporanea, germanica e transnazionale. Oltre alle scienze umane, la Fondazione di cui l’Isig fa parte si occupa anche di scienze dure, con più di 400 ricercatori attivi nel settore scientifico-tecnologico presso l’università di Trento.

L’attività dell’Isig sembra spingersi notevolmente oltre il Trentino. Tramite quali canali opera l’istituto al di fuori della regione e dei confini italiani, pur mantenendo saldo il legame con il territorio?

I progetti attualmente in corso presso l’istituto sono un buon esempio di come le dimensioni locali e globali sono continuamente in dialogo tra loro. A partire dal 2017 l’istituto ha riflettuto sui concetti di ‘mediatizzazione’ e ‘medialità’ al fine di comprendere il cambiamento dei media nel contesto delle trasformazioni socio-politiche e culturali e i fenomeni di autopercezione e condizionamento causati dall’interazione con i mezzi di comunicazione di massa. All’interno di questo bacino tematico sono nati diversi progetti, tra cui “La crisi delle guerre d’Italia nel sistema multimediale del Cinquecento”, “Da cardinale volante a Papa internazionale: Pacelli al soglio di Pietro” e “Autoritratti di stato. Forme di visualizzazione del potere in età contemporanea”.
L’Isig promuove anche progetti scientifici in collaborazione con realtà nazionali e internazionali. Ne sono un esempio “Percorsi di avvicinamento fra Europa occidentale e Repubblica Popolare Cinese negli anni della guerra fredda” in associazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia e “La dimensione europea della cultura della stampa popolare (1500-1900)” che l’Isig sviluppa insieme all’università olandese di Utrecht, oppure ancora il progetto sulla cultura urbana rinascimentale “Public Renaissance” in collaborazione con Erlangen, Exeter, Valencia e Groningen.

Quale è il tuo ruolo presso l’Isig e come vi sei giunto? Raccontaci la tua storia!

Sono trentino, ma ho completato i miei studi presso l’Istituto universitario europeo (EUI) di Fiesole. Molte sono state le peripezie attraverso gli Stati Uniti, il Canada, l’Inghilterra e l’Australia. Di formazione sono uno storico del Rinascimento. Sono tornato a Trento nel 2011 quando ho ottenuto una posizione a tempo indeterminato presso l’Isig. Da allora ho insegnato presso l’università di Trento, ho scritto e pubblicato un libro sulla percezione di Papa Giulio II nello spazio pubblico europeo e mi sono occupato di numerosi progetti. I miei interessi gravitano intorno al concetto di opinione pubblica e alla storia della comunicazione nella prima età moderna. Mi interessa ascoltare le diverse voci che la storia ha parlato, prendendo in uguale considerazione i cantastorie e i teologi, il popolo e l’élite. Dal basso all’alto, esploro la storia sociale e culturale dell’era moderna e i modi in cui essa è stata scritta e propagata attraverso l’opinione pubblica e mezzi di comunicazione. Il mio interesse principale, nonché l’argomento centrale del libro che mi piacerebbe presto completare, è la piazza come spazio politico nell’Italia Rinascimentale. Conduco ricerche in questa direzione prendendo parte a numerosi progetti, ad esempio “La città dell’accoglienza”.

Ci puoi parlare di questo progetto?

“La città dell’accoglienza” è un progetto avviato nel 2018 e cofinanziato dalla Fondazione Caritro di Trento e Rovereto. In qualità di coordinatore mi occupo di favorire e seguire il lavoro di Alessandro Paris, ricercatore post-doc dell’Isig e studioso di storia religiosa, politica e sociale del principato vescovile di Trento nella prima età moderna. All’interno degli studi di storia urbana, “La città dell’accoglienza” si prefigge di documentare la struttura e l’evoluzione del tessuto sociale e della vita quotidiana di Trento all’epoca del Concilio. Il profondo rinnovamento urbanistico favorito dal transito e dall’arrivo di personalità provenienti da tutta Europa trasformò Trento in un autentico ricettacolo culturale e un importante centro di sviluppo economico e politico. Nonostante la presenza di soli 5000 abitanti, la Trento cinquecentesca era in grado di fornire ospitalità a 1000 persone, un numero molto elevato. Quest’anomalia è alla base della nostra ricerca, basata sullo studio di estimi, bandi, fogli volanti, lettere e atti notarili. “La città dell’accoglienza” tenta, infatti, di ricostruire la geografia urbana di Trento in un’epoca di forte cambiamento. Di particolare interesse è la mutazione dei luoghi dell’ospitalità trentina come, ad esempio, le taverne, gli alberghi, le piazze, le librerie e le dogane. Le testimonianze di viaggiatori più e meno noti sono fondamentali per la ricostruzione più accurata possibile di una Trento di cui non vediamo ché le opache tracce lasciate dagli affreschi o la sporadica presenza di targhe di antiche osterie e taverne. Il ruolo di Trento come spartiacque culturale tra i mondi germanico e italiano venne rimarcato dallo scrittore francese Montaigne nei suoi diari di viaggio oppure dallo stesso Goethe. La forte impronta germanica della storia rinascimentale di Trento fu legata soprattutto al settore dell’ospitalità, gestito in larga parte dalla comunità tedesca locale, ma questo non è che uno dei numerosi esempi del cunnubio tra cultura urbana e spazio politico pubblico che il progetto esplora. 

In che modo saranno fruibili da parte del pubblico i risultati emersi dalle ricerche de “La città dell’accoglienza”? 

L’obiettivo che il progetto si pone è quello di sviluppare un’applicazione digitale fruibile direttamente da dispositivi mobili. Il nostro modello è quello del progetto Hidden Florence che ha portato alla ricostruzione di percorsi urbani da seguire tramite il proprio smartphone attraverso la Firenze rinascimentale. Seguendo un lanaiolo da casa, al lavoro, all’osteria, alla parrocchia è possibile immergersi nella vita quotidiana di un cittadino comune del Cinquecento a partire dagli elementi architettonici ancora presenti in città. A Trento desideriamo implementare il modello fiorentino arrivando a sviluppare percorsi di realtà aumentata con suoni ed effetti tridimensionali di ultima generazione.

Non vedo l’ora di farmi accogliere dalla Trento rinascimentale! Ora, un’ultima domanda, Massimo. La rubrica in cui apparirà questo articolo si chiama “Verknüpfungszwang”, compulsione alla conoscenza. Quale è la compulsione che ti spinge ogni giorno a conoscere?

Nutro un desiderio compulsivo di cambiamento. Affinché io sia stimolato sento la necessità di evolvermi, spostarmi e progredire in direzione del nuovo per non soccombere all’ansia scatenata dalla monotonia. Spesso mi chiedo se il mio percorso sino ad ora sia stato coerente nonostante i numerosi cambiamenti, ma credo che il filo rosso che corre lungo la mia vita e la mia ricerca apparirà chiaro, forse, solamente in futuro. Per ora presto ascolto alla compulsione!

Immagine: Allegra Baggio Corradi

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