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February 14, 2019

Verknüpfungszwang #16: Gli schiaffi di Amadeus

Allegra Baggio Corradi

Il naturalista secentesco inglese John Ray, iniziatore della moderna tassonomia, viaggiò estensivamente attraverso le Alpi per approfondire i suoi studi zoologici, botanici e di teologia naturale. Nel 1665 intraprese un viaggio da Trento alla Svizzera. L’itinerario prevedeva di passare, al contrario di quanto accadeva per molti altri naturalisti del suo tempo, dalla valle dell’Adige. Seguiamolo nei suoi spostamenti leggendo alcuni passi del suo diario in una raccolta di zibaldoni di viaggio compilata da Sir Gavin de Beer, Travellers in the Alps. Ne troviamo una copia al secondo piano della biblioteca Warburg, casa della parola, nella sezione ‘viaggi in Europa’.

Lungo l’asse Trento-Lucerna, Ray sostò una notte a Taufers vicino a Münstertal. Attraversò la frontiera e giunse a Cierfs ai piedi del passo Ofen. Lì si accorse di essere entrato in un territorio di lingua romancia che alle sue orecchie suonava spagnoleggiante più che italiana. Procedette poi per Zernes in Egadina e arrivò a Ponte dove stette una notte senza però sapere dove si trovasse. Annotò quella sera nel suo diario “ho scavalcato un’alta montagna  di nome ________”. Sappiamo, dato che la mattina seguente giunse a Albula, che si trattava del passo Bergün. Da Glarus Ray rimase particolarmente impressionato perché, con suo sommo stupore, cattolici e protestanti avevano imparato a vivere in armonia, servendosi perfino delle medesime chiese per celebrare messa. In situazioni di penuria si economizza anche sulla fede! Tra le annotazioni più interessanti di Ray va sicuramente ricordato il suo sbalordimento di fronte all’onesta degli abitanti locali “che anche se porti con te un sacco pieno d’oro, non ti succede nulla”. Curioso è anche che i proprietari degli ostelli non gradissero il disordine così come non apprezzavano che gli ospiti si sentissero eccessivamente a loro agio. Lasciare un cappotto nel soggiorno era considerato inappropriato così come disfare le valigie. Le alte vette dell’accoglienza sono in Tirolo, si sa.

Gli appunti antropologici della teologia naturale di Ray sono dei curiosa storici, ma la natura scientifica delle osservazioni non rende il panorama di viaggio nel Tirolo del Seicento abbastanza variegato. Aggiungiamo dunque qualche cangiatura leggendo le testimonianze di alcuni viaggiatori francesi. Se Ray rimase impressionato dalla civilizzata convivenza tra protestanti e cattolici, Michel de Montaigne che passò per Bolzano nel 1580, descrisse la città nel suo Journal come “molto brutta in paragone delle altre della Germania”. Charles Patin, giurista e filosofo che si recò a Bolzano, Trento e Innsbruck nel secondo Seicento affermò che “è molto difficile fornire una buona descrizione del genio o dei talenti naturali dei Tirolesi, che non sono né Italiani né Tedeschi, ma parte di entrambe i gruppi nazionali”. L’illuminista Montesquieu che di ritorno in Francia da Venezia passò per Bolzano, notò che “tutto ciò che ho visto del Tirolo da Trento fino a Innsbruck non mi è piaciuto. Siamo sempre rimasti tra due montagne, e di strano c’è che, dopo aver sofferto il caldo a Mantova, m’è capitato di tremare di freddo tra questi monti tirolesi, benché avessi abiti adatti all’inverno e tutto questo il primo di agosto.”

Concludiamo la carrellata di impressioni tirolesi con una nota di Mozart che durante il suo soggiorno a Bolzano scrisse alla sorella Nannerl “Soll ich noch komen nach botzen, so schlag ich mich lieber in d’fozen”. Alla faccia della sincerità.

Alla prossima connessione! Alla prossima compulsione! La conclusione.

Immagine: Allegra Baggio Corradi/franzmagazine 

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