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February 7, 2019

Verknüpfungszwang #15: Cavallucci a Tamara

Allegra Baggio Corradi

Ci eravamo lasciati con una domanda: un luogo è definito dal proprio nome? Il linguaggio serve per articolare le idee e riporre ordine in una Babele di segni e simboli. Forse.

“Finalmente il viaggio conduce alla città di Tamara. Ci si addentra per vie fitte d’insegne che sporgono dai muri. L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose: la tenaglia indica la casa del cavadenti, il boccale la taverna, le alabarde il corpo di guardia, la stadera l’erbivendola. (…) Lo sguardo percorre vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso e mentre credi di visitare Tamara non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti. Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo.” Così Italo Calvino ne Le città invisibili. Così noi ogni giorno mentre percorriamo le strade che la città ci indica. Il discorso urbano definisce se stesso, ma non si fa conoscere. Quante volte riflettiamo sul significato di questo discorso dipende dall’interesse che nutriamo per i segni e dalle interferenze circostanziali.

La ricostruzione di tutte le storie e della Storia sono largamente circostanziali. Il loro linguaggio non è mai chiaro, diretto, limpido. Gli equivoci pullulano, fanno lo sgambetto come all’uomo che suppone di sapere cosa Tamara sia realmente. Nei depositi delle invisibili città di carta, gli archivi, il linguaggio dei segni del passato attende di essere dotato di significati. Infinite Tamara aspettano un viaggiatore che una notte d’inverno si decida ad apporre dei finali alle loro storie.

Nel Tiroler Landesarchiv di Innsbruck abitano i regesti di pergamene giuridiche trentine redatte tra il 1285 e il 1310. Centinaia di questi documenti sono stati trascritti e pubblicati da Cristina Belloni in due volumi. Ne troviamo uno al quarto piano della biblioteca Warburg, sezione ‘storia medioevale italiana’, codice di riferimento HNH 735. Ah, il sintetico linguaggio dei metadata contemporanei! Il volume è intonso, solo il catalogatore lo ha tenuto tra le mani dopo che ha varcato la soglia della biblioteca. La sua voce non è ancora stata ascoltata.

Nelle osservazioni preliminari, l’autrice fornisce un glossario contenente termini latini e italiani ricorrenti nei documenti da lei trascritti che nonostante la loro somiglianza ortografica con l’italiano moderno, hanno, in realtà, significati nettamente differenti. Qualcuno le chiamerebbe abberazioni comunicative, noi le chiameremo cavallucci a dondolo.

Apothecarius è un commerciante. Bannum è l’obbligo di permanere in un determinato territorio. Bubulcus è un bifolco, bovaro. Clausura è un campo agricolo. Colta è una tassa. Curia è la casa di campagna. Dapifero è chi consegna cibi e bevande. Guaita è una contrada. Ioculator è un suonatore. Macinata è l’insieme degli uomini non liberi. Placito è il diritto di assemblea. Pullum è un vestito scuro. Saltarius è il custode dei campi. Sesla è una falce. Stabulum è la stalla. Stupa è la Stube. Villicus è l’economo. Galeta l’unità di misura dell’olio e i cereali.

Le leggi del linguaggio mappano i confini della scienza delle cose fatte dall’uomo e allo stesso tempo profilano la storia della mente umana che ha pensato quelle cose. Per accertare il vero significato delle cose e inverare il certo che giace al di là di esse bisogna trasformarsi da bestioni in cavallucci a dondolo. Oscillare avanti e indietro. La storia è una serie di incidenti che rendono le strade di Tamara impercorribili senza l’intervento della fantasia. Viva l’allegoria.

Alla prossima connessione! Alla prossima compulsione! La conclusione.

Immagine: Allegra Baggio Corradi/franzmagazine 

 

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