Culture + Arts > Performing Arts

December 20, 2018

Walking in Beuys Woods:
Hannes Egger a Cavalese

Francesca Fattinger

Sabato 22 dicembre 2018 viene inaugurato un nuovo evento al Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese. È in questa occasione che rincontriamo Hannes Egger che, giocando con l’arte e i suoi linguaggi, come sempre ci offre la possibilità di riflettere, immaginare e agire. Questa volta lo fa interrogandoci sul rapporto tra uomo, animale e natura. Con un compagno di eccezione come Joseph Beuys, il fil rouge di tutto il progetto espositivo, il pubblico è invitato a inoltrarsi in un bosco pieno di fototrappole nascoste nei tronchi, a trasformarsi da osservatore a oggetto dell’osservazione, da cacciatore a preda, e in questo ribaltamento a ritrovarsi oggetto di una caccia che l’assenza/presenza di Beuys rende man mano sempre più incombente. La mostra propone anche una Kunsthalle, dove sono esposti lavori e fotografie dell’artista e pensatore tedesco e in cui un insieme di stimoli visivi spostano la riflessione su diversi livelli: dalla trasparenza e la chiarezza nelle società democratiche alla conoscenza e coscienza del territorio che ci circonda. Proprio in collegamento a quest’ultimo punto l’esposizione è stata estesa anche al Parco delle Pieve, dove sorge Bee Island, una grande installazione realizzata da Nicolò Valente, ispirata alle 7000 Querce di Beuys.

Hannes Egger, I like Beuys and Beuys likes me (Foto: Roberta Segata)

Ecco Hannes che ci racconta più approfonditamente alcuni aspetti di Walking in Beuys Woods, mi raccomando non perdetela!

Come tutti i lavori che hai portato avanti fino ad oggi anche il progetto pensato per il Museo di Arte Contemporanea di Cavalese si contraddistingue per non essere chiuso in se stesso, ma per essere un percorso, un viaggio che proponi ai tuoi visitatori, parte integrante e attiva del processo. Un itinerario con un mentore di grande livello come Joseph Beuys. Perché proprio lui? Che prospettive può ancora offrire un artista del suo calibro alla società di oggi?

Perché proprio Beuys è abbastanza semplice: il museo di Cavalese ha a disposizione un nucleo di fotografie di Joseph Beuys e mi ha invitato a sviluppare un progetto in dialogo con queste opere. All’inizio ero scettico all’idea di potermi/dovermi confrontare con un artista e pensatore di questo spessore. Per questo mi sono preso un po’ di tempo per riflettere sulla proposta. Studiando e confrontandomi con Beuys poi sono nate le prime idee e solo dopo questo studio ho accettato l’invito. Ho cercato di avvicinarmi con rispetto, ma anche con libertà artistica e ironia.
La mostra è pensata come un viaggio, che parte con l’attraversamento di un bosco per poi incontrare in modo metafisico un animale feroce, la leggenda di Beuys e la propria ombra. Il secondo piano inizia con una bellissima foto di Beuys che parla e racconta, per poi arrivare ad una capanna misteriosa. Dopo tutto questo la mostra culmina in un’istallazione performativa, in cui il visitatore diventa protagonista e agisce in un mondo immaginario tra il romanticismo di Friedrich Hölderlin e le ultime parole del pittore Giovanni Segantini. Nell’ultimo angolo poi, si apre proprio la visione di una scultura invisibile.

Beuys mi pare attualissimo. Si è confrontato con tematiche molto discusse ancora oggi e purtroppo in gran parte irrisolte, come la tutela dell’ambiente, la democrazia, la relazione dell’uomo con il suo passato, la relazione tra le persone, la spiritualità collettiva e individuale. Beuys ha cercato di pensare l’uomo come un tutt’uno, come un’unità, con il mondo e con il tempo. Credo che sia proprio il suo modo di pensare e di mettersi in gioco con il mondo la cosa più interessante che ci offre.

Il tuo progetto vuole mettere in crisi dei ruoli/relazioni date per scontate: tra uomo e natura, tra osservatore e osservato, tra cacciatore e preda. In che modo?

Nella prima sala della mostra si trova una grande istallazione, composta da tronchi di alberi caduti a causa del vento di ottobre. È un bosco tragico, nel quale l’uomo ha un ruolo centrale, ma meno come osservatore o cacciatore. L’uomo in questo bosco è l’osservato, è proprio lui la preda. Tra i tronchi si trovano delle fototrappole che riprendono il pubblico mentre si muove nel bosco, alla cerca d’immagini.

Hannes Egger, Imagination, Inspiration, Inuition (Foto: Roberta Segata)

Perché la scelta di evitare in un primo spazio espositivo la presenza d’immagini o quadri per concentrarti esclusivamente su suoni e voce?

Non è del tutto vero che non ci sono delle immagini. Dell’istallazione fa parte un’immagine molto precisa che fa vedere il visitatore. Una delle fototrappole è collegata a un monitor che fa vedere le persone nello spazio espositivo. In un’altra sala invece ci sono tre immagini – scritte con gesso su carta tipo lavagna – evidenziando tre parole chiave del lavoro di Beuys “Imagination“, “Inspiration“ e “Intuition“. Soprattutto la prima, l’immaginazione, m’interessa tantissimo, è proprio la creazione di immagini che mi affascina. Ma non sono le immagini che creo io, sono quelle plurali create dai visitatori stessi. Noi viviamo in un mondo pieno di immagini, nel quale però vediamo poco – non vediamo il bosco tra tutti questi alberi…  Per una parte del mio lavoro ho deciso di togliere un certo tipo di immagini per crearne invece di effimere e multiple. Al momento sto usando molto l’audio, soprattutto la voce umana, proprio per creare questo tipo d’immagini.

E invece poi dai spazio alle fotografie dell’artista tedesco e la sua presenza si fa d’un tratto visibile. Di che immagini si tratta?

Alla fine sono tre le serie di lavori che sono esposti: “Operazione: Difesa della natura“, “Diary of Seychelles“ e “Olive Stone“. Ci sono un paio di foto veramente molto belle, tutte scattate da Budy Durini tra gli anni Settanta ed Ottanta. Vediamo Beuys a Kassel, con i suoi studenti, quando pianta gli alberi, con Warhol al Guggenheim, la sua istallazione alla Biennale di Venezia, Beuys con la lepre. Per una parte di questi lavori ho creato appositamente una “Kunsthalle Beuys“.

Hannes Egger, Kunsthalle Beuys (Foto: Roberta Segata)

Dove sta il confine tra umanità, animalità e natura? Vuole il tuo progetto portarci a sondare questa difficile zona di intersezione?

Il confine tra umanità e natura si è visto il 29 ottobre 2018. Sono bastati un paio di minuti di maltempo per abbattere foreste, scoperchiare case, chiudere strade, far crollare ponti, togliere la corrente elettrica. Ho incontrato delle persone che non avevano corrente per una settimana e qualcuno che non sapeva più neanche l’ora, perché tutti gli orologi erano alimentati con la corrente. Non funzionavano né i telefoni, né le pompe di benzina, né i forni, magari qualcuno non riusciva neanche ad aprire o chiudere le tapparelle … Per avere una sensazione del confine tra umanità e natura basta recarsi nelle zone colpite del maltempo e provare ad attraversare il bosco.

 

Hannes Egger, Walking in Beuys Woods (Foto: Roberta Segata)
Hannes Egger, I like Beuys and Beuys likes me (Foto: Roberta Segata)
Hannes Egger, Imagination, Inspiration, Inuition (Foto: Roberta Segata)
Hannes Egger, Kunsthalle Beuys (Foto: Roberta Segata)

Print

Like + Share

Comments

Cancel reply

Current day month ye@r *

Discussion+

There is one comment for this article.

Archive > Performing Arts