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September 23, 2018

Quale Bellezza? In colloquio con Stephan Schmidt-Wulffen e Manuel Canelles

Francesca Fattinger

Quando un’opera di prestigio come la “Venere degli Stracci” di Michelangelo Pistoletto arriva a Bolzano è d’obbligo porsi delle domande e discutere del valore dell’arte contemporanea: di come ci dia la possibilità per una più ampia discussione, di respiro non solo artistico-culturale ma anche socio-politico.

L’ho fatto dialogando prima con il preside della Facoltà di Arti e Design della Libera Università di Bolzano Stephan Schmidt-Wulffen e poi con il curatore del progetto “Quale Bellezza?” Manuel Canelles.

Cominciamo con il preside della Facoltà di Arti e Design. Perché un artista di così grande importanza nella storia dell’arte viene esposto proprio all’interno dell’Università di Bolzano?

Tali opere rappresentano un labirinto necessario per tutti i giovani artisti. Non siamo naturalmente storici dell’arte e non facciamo teoria e storia dell’arte. Ma naturalmente facciamo sì che ogni nostro studente abbia la possibilità di incontrare artisti il più possibile, e se qualcuno come Pistoletto bussa alla porta, noi non diciamo sicuramente di no! Ma non solo Pistoletto, abbiamo vari artisti che ci frequentano e abbiamo stretti rapporti sia con Museion che con l’ar/ge Kunst. E spesso accade che vengano artisti per alcune presentazioni serali all’università creando la possibilità di un dibattito intorno al loro lavoro. Ma è ovvio che quando un artista così importante come Pistoletto cerca un luogo per l’esposizione delle sue opere sia necessario sostenerlo. Punto.

la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto

Che valore ha per l’Università esporre proprio la “Venere degli stracci”?

Abbiamo avuto già una discussione all’università, perché ci sono colleghi che hanno parlato di un’opera degli anni ‘60, un’opera più piccola di questa. E poi arriva da noi improvvisamente una Venere gigante e io e Manuel abbiamo spesso discusso di come la Venere abbia un rapporto con i progetti sociali che hanno luogo nella città in questo momento. Per questo la Venere è stata esposta così, non solo per motivi di sicurezza, perché la Venere va protetta, ma anche per motivi di riflessioni concettuali per trasformarla in un’immagine – un emblema per queste attività. Ma non si può neanche far sì che queste azioni accadano intorno alla Venere ogni giorno. La Venere deve essere in parte musealizzata lasciandole intorno la sua aura, cosicché funzioni come emblema di queste attività politiche che per Pistoletto sono sempre state così importanti. La sera in cui la Venere è arrivata ho pensato che gli stracci hanno cambiato molto il loro significato dagli anni ’60, il tempo delle rivolte studentesche, per cui al centro c’erano le lotte di classe contro i ricchi che potevano permettersi le opere d’arte e i poveri che non lo potevano fare. La Venere ha così inizialmente portato avanti questa critica alla funzione dell’arte moderna per una specifica classe: i ricchi possono permettersi le opere d’arte e i poveri sono chiusi fuori dai musei. Per questo la Venere mostra le spalle ai ricchi e gli stracci sono lì come esempio di ciò che è escluso e marginalizzato e quando c’è stata la performance e tutti questi indumenti sono stati indossati mi è venuto da pensare che gli stracci avevano cambiato il loro modo di esprimersi. Perché oggi parliamo sempre di più di riciclaggio e qui abbiamo anche un master per Eco-social Design, per cui oggigiorno non si può neanche più parlare di stracci. Se si pensa agli street shopsdi Londra è tutto un rimettere in circolazione questi oggetti. E in questo senso oggi hanno gli stracci tutto un altro significato simbolico che riguarda molto di più il condividere e non più un condividere all’interno di una singola nazione ma invece in un mondo globalizzato. È in qualche modo un momento in cui è troppo tardi ancora riflettere di come gli italiani pensano alla condivisione, come i tedeschi, i francesi lo fanno; è il momento di pensare a una prospettiva ecologica in cui il mondo intero si occupi insieme dell’ecosistema. E all’interno di questa premessa bisogna vedere anche il fenomeno della migrazione. 

E questo legame con la migrazione è comprensibile anche solo guardano l’opera d’arte o c’è bisogno di un’ulteriore spiegazione?

Beh, questo problema ce lo abbiamo sempre. Per capire certe opere d’arte c’è bisogno di conoscere il discorso che ci sta dietro e le azioni svolte con e attorno alla Venere hanno ricontestualizzato la Venere. Si può venire qui come un uomo anziano e dire “Ah 1960, super!” o si può partecipare alle azioni e capire che la Venere con quello che faccio cambia il suo significato. È la pratica della ricontestualizzazione.

la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto

E di sicuro il potere di questa Venere sta proprio nella sua capacità di cambiare ed essere ricontestualizzata pur restando sempre la stessa.

La domanda è forse se non può accadere con ogni opera d’arte. Si può ricontestualizzare anche Manet, per esempio Jeff Koons ha preso Manet e lo ha proprio ricontestualizzato. Credo che la nostra cultura artistica sia diventata sempre più prepotentemente una cultura della riappropriazione e non più un lavorare in originale. In questo senso è molto avanguardistico. Ad esempio Baselitz ha ridipinto i propri quadri, ha fatto quattro o cinque anni fa una mostra in cui ha ridipinto quadri che aveva dipinto 30 anni fa e la motivazione è sempre questa. 

Adesso passiamo al curatore del progetto, ci parleresti un po’ di chi ha collaborato a questo progetto?

Il prof. Schmidt-Wulffen è uno dei protagonisti di questa operazione, nel senso che l’Università insieme al Centro Trevi, quindi la ripartizione cultura italiana, hanno aderito a questo progetto che è stato proposto dallo Spazio5 Arti Contemporanee, che rappresento e che è una realtà, un hubsul contemporaneo che opera su diversi livelli ed è un contemporary clusterche adesso è a Bolzano. Da Trieste è arrivato qui, è itinerante, e in questi anni sta lavorando su Bolzano, perché l’idea di spostarsi e della mobilità delle proposte fa parte del contemporaneo. Fermarsi in unico luogo e spazio è limitante. Abbiamo pensato quindi di chiudere lo spazio di Trieste in cui avevamo lavorato con gli azionisti viennesi, con artisti contemporanei, e adesso io, come artista e come operatore culturale, collaboro dal 2012 con Pistoletto e La città dell’arte e quindi abbiamo sviluppato progetti territoriali che si chiamano “ambasciate”. 

la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto

A questo riguardo ci parleresti in particolare del progetto “Terzo Paradiso”?

Mi piace molto l’idea che sta alla base di questo progetto, perché ha dietro di sé dei valori sociali più che artistici. E a me piace pensare che l’arte sia uno strumento di riflessione più che un punto di arrivo e di fine. Come può essere a volte vista o come è, senza nessuna retorica. Ma è anche vero che l’arte può essere anche uno strumento e si può riflettere su una delle dimensioni che non appartengono solo agli artisti o all’arte ma alla comunità, al bene comune. Proprio venendo dal mondo teatrale mi piace lavorare sempre a partire da una dimensione collettiva – da una pratica collettiva. Ho sempre in mente il bene comunecome pratica, per questo ho aderito a questo progetto ed è per questo stesso motivo che questo progetto si inserisce dentro questo tipo di modalità. Questa Venere non è una Venere musealizzata, ma è una Venere diversa, in scala più grande, per essere più visibile. Pistoletto l’ha realizzata da poco così, le altre sono al MADRE, a Rivoli, a Biella e in altri luoghi e musei molto importanti, ma sempre musei con una funzione proprio diversa di fruizione. Questa invece è una Venere che si sposta, che ha una liquidità diversa, un materiale diverso, è trasportabile, leggera. Gli stracci non sono stracci, ma vestiti delle persone che incontrano. C’è un rapporto con il territorio che è diverso.

Quindi si collega strettamente anche al tema della migrazione?

Certo questo è un tema con cui la Venere sta lavorando e questa Venere è venuta qui, ma è anche la protagonista di un documentario intitolato “Cantami o Diva” che non è altro che un’indagine sugli spostamenti di questa Venere, sugli imballaggi, gli allestimenti, il montaggio, lo smontaggio di questo corpo nudo che gira nei confini: era a Lampedusa e poi a Ventimiglia e da là è venuta qui, quindi legata al Brennero. L’idea di questo corpo che deve montarsi e smontarsi ogni volta, che deve sempre in qualche modo rinascere in ogni territorio, con stracci sempre diversi. Questo in qualche modo è una metafora di ciò che avviene sui corpi oggi. Mi è piaciuta l’idea di portarla qui a Bolzano e ho trovato in Teatro Pratiko e Nazario Zambaldi un partner di collaborazione, che è diventato curatore del progetto, con le altre istituzioni che hanno in qualche modo aderito e hanno collaborato.

la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto

Quando arriverà Michelangelo?

Arriverà qui la sera di domenica 23 settembre per la passeggiata con l’artista alle 20:30 e poi ripartirà il giorno dopo, lunedì 24 settembre, per Sarajevo, dopo il talk alla Libera Università di Bolzano tra le 18:30 e le 20:30, in cui dialogherà con il prof. Schmidt-Wulffen. E questo sottolinea il suo crederci molto, lo spendersi – questo è il messaggio: l’artista che si spende nonostante tutto. L’arte che spende. Ed è forse per questo che è diventato un’icona e lo è ancora. Perché poi quest’opera è nata quando Michelangelo ha preso gli stracci con cui puliva gli specchi su cui stava già lavorando, e li ha lasciati là nel suo studio. Poi è andato in giro per la città e ha visto queste Veneri da giardino e ne ha presa una per usarla come decorazione. Appena è arrivato allo studio ha visto che mettendola accanto agli stracci ha ribaltato il significato dell’operazione. L’opera simbolo dell’arte povera, in un momento molto fertile, con Celant e Bonito Oliva che stava ideando un nuovo percorso dell’arte. E la Venere è stata messa proprio in questa posizione nell’Università perché è nel mezzo delle Officine, del luogo di lavoro, in cui la gente passa; il fatto che venga vista dall’alto in qualche modo diventa quasi un allentare la distanza tra spettatore e opera. Sembra sia posta quasi in un contesto archeologico come se fosse una rovina o una Venere o una dea che sta in un Olimpo inaccessibile. Ma non è in sé l’opera d’arte importante, è ciò che manifesta e racconta – in questo caso le operazioni anche sociali che ci sono dietro. 

Quindi una Venere speciale questa, che parla di molti progetti. 

È una Venere inaugurata al MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove a Roma con Giorgio De Finis, nuovo direttore di MACRO che verrà il 25 settembre. Una venere che è stata con Rivoli a Ventimiglia, che è stata un’operazione pazzesca, inaugurata, con la collaborazione anche di Spazio5, in un momento particolarissimo: quando Don Rito Alvares, che verrà il 13 ottobre, ha aperto la chiesa, la sua parrocchia, a tutti i rifugiati che venivano respinti dalla Francia e ha accolto in un anno e mezzo tredici mila persone. Un’operazione fondamentale e per questo lo abbiamo invitato con i suoi collaboratori al finissage, sarà una grande festa, perché oltre ad essere minacciato di morte ha effettivamente accolto le persone. Questa è la Venere, è un’opera d’arte, ma non stiamo più parlando solo di quello, siamo in un altro territorio, abbiamo attraversato il confine. Questo è il futuro dell’arte, mantenere la propria funzione ma oltrepassare come ricerca altri settori, dove tutti vengano coinvolti e siano protagonisti.

Foto: veneredeglistraccibz.com

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