Food

August 3, 2018

De gustibus Connection #89: Alfio Ghezzi, Locanda Margon, Trento

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. Due stelle brillano sulla Locanda Margon, le ha ha chiamate lo chef Alfio Ghezzi, che ha piedi ben saldi al suolo, ma passeggia tra le nuvole...

Mauro Sp: Imparare?

Alfio Ghezzi: Al tempo della mia adolescenza i miei genitori erano emigrati in Svizzera e mio fratello ed io vivevamo con la nostra nonna. All’epoca passavo molto tempo nel ristorante di amici della nostra famiglia. Condividendo con loro i vari momenti della giornata entrai in sintonia con le attività della cucina, tanto da decidere, finite le scuole medie, a iscrivermi all’istituto alberghiero. Penso di aver avuto anche dei buoni maestri e di aver offerto loro volontà e desiderio di imparare. Il rapporto tra chi insegna e impara è una chimica che si realizza tra due persone: c’è chi trasmette e chi riceve, ma non passivamente. L’impronta dei maestri è fondamentale: condividere con loro del tempo, averli visti al lavoro e averne percepito la passione ci fornisce stimoli che interiorizziamo senza neppure accorgercene. Personalmente, non posso non citare due figure essenziali per l’ultima parte della mia formazione, il Sig. Marchesi e Andrea Berton.     

M: Insegnare?

A: Mi dedico, ormai da tanti anni, alla formazione. Il martedì, quando il ristorante è chiuso, insegno in un centro di formazione professionale. Nel 2007 sono stato consulente della Provincia di Trento per la progettazione dell’Alta Formazione Professionale. L’insegnamento è quindi un’attività che sento molto vicina. Nel tempo ho capito che la trasmissione del sapere ha bisogno dello star bene; ciò che faccio qui a Locanda Margon con i ragazzi è metterli in una condizione che possa favorire la trasmissione del sapere. Questo non significa far notare a qualcuno che sta commettendo un errore, ma che l’apprendimento deve svolgersi in un contesto gradevole.

M: Parapendio, cascate di ghiaccio, sci alpinismo: che rapporto hai con la paura?

A: La paura è un sentimento fondamentale in ogni attività con la quale ci si cimenta. Essa ci indica che stiamo oltrepassando il limite, dandoci una giusta misura, essa non deve però limitarci nel “fare”. Sta ad ognuno di noi stabilire una relazione sana e precisa con la paura, avendo consapevolezza dei nostri mezzi e delle nostre capacità, come accade nelle sport. Nella vita di tutti i giorni, i timori che contraddistinguono la personalità di ognuno bisogna cercare di affrontarli. Utilizzo le energie che mi trasmettono le attività in montagna per contrastare i momenti più impegnativi. A guardar bene, la nostra vita si confronta tutti i giorni con delle sfide e l’abitudine ad avvicinarsi al limite ci aiuta, in maniera trasversale, in tutto quel che facciamo  

M: Dalla critica e dal pubblico ricevi grandi riconoscimenti. Ma Alfio Ghezzi quando ti senti soddisfatto?

A: Quando cucino e posso regalare agli ospiti un qualcosa di inatteso. La cucina è anche generosità: prendi un prodotto e lo trasformi per donarlo all’ospite nel migliore dei modi. Nello sport le più grandi soddisfazioni le ho quando raggiungo un obiettivo dopo un’accurata programmazione e un grande lavoro, perché questo è frutto di un percorso di crescita. Mi sento soddisfatto anche quando riesco a sentire che si sono creati equilibrio e sintonia sul lavoro e in famiglia.

M: Quale piatto della tua memoria personale rievoca in te ricordi più vivi?

A: Direi gli gnocchi di patate conditi con il burro, la salvia e del formaggio. Un piatto straordinario che facciamo anche a casa e che ci fa stare bene assieme.

M: Come si manifesta l’armonia in un piatto?

A: Quando i diversi ingredienti – buoni in sé – comunicano fra di loro e risultano buoni insieme, esaltando le caratteristiche del piatto. Si può anche lavorare sui contrasti e dissonanze, dando vita a piatti “scorbutici”, ma personalmente preferisco una cucina armonica, “rotonda”, piacevole.

M: Solitamente chiedo agli intervistati un piccolo menù, ma visto che le tue stelle sono due, altrettanti saranno i menù: uno dall’immaginaria “Trattoria da Alfio” e l’altro dalla concretissima Locanda Margon.

A: Dalla “Trattoria da Alfio” ti proporrei uno gnocco di pane ed erbette, qui noto come strangolapreti, e del pollo alla cacciatora. Con il suo intingolo, le verdure, i funghi con il loro sapore umami, questo secondo è un grande classico da trattoria, che piace sempre.

M: E dalla Locanda Margon?

A: Dalla Locanda Margon ti propongo un antipasto di funghi porcini. Come primo piatto un nostro classico, “Patate, patate, patate”, che è un omaggio all’agricoltura di montagna e si compone di gnocchi di patate serviti con una crema di patate e salmerino affumicato e dei tocchetti di pancetta coperti con polvere di patate viola. Come secondo, invece, del coniglio con la polenta.

M: Viste le prelibatezze che mi stai offrendo, non posso che voler scoprire cosa hai in serbo tra i dessert…

A: Credo che ti piacerà un dolce a base di rosa damascena a cui sono molto affezionato, si chiama “Cara dolce rosada”, come la ricetta trovata in un vecchio ricettario che ci ha fornito l’ispirazione. Si presenta come una sorta di panna cotta all’acqua di rose, con sopra un croccante di capelli d’angelo, guarnita con petali di rose freschi e uno sciroppo di rose preparato, anche questo, da noi.

M: Ottimo! Come per le rose, ne gradirei una dozzina!

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