Music

July 23, 2018

Una nuova “moda” risuona in città: Daniel Ruocco racconta i suoi Atop The Hill

Claudia Gelati

Daniel Ruocco parla, racconta, ride volentieri. Ma sopratutto è un tipo molto entusiasta e glielo si legge in faccia. Gli piacciono i vinili, i cappellini e compra musica, su per giù tanto quanto il resto della gente compra il latte al supermercato. Ed è una cosa bella, in un mondo che sembra essersi abituato solo a skippare, downlodare, shareare, Likeare … 

Un pomeriggio estivo bolzanino, per fare due chiacchere sui suoi Atop The Hill, sul loro ultimo singolo “Questa Moda”, uscito il 13/07/2018, che suona tutto italiano, e …

Allora, Daniel Ruocco, raccontami/ti/ci/si/vi quando e come sono nati gli Atop The Hill.

Gli Atop The Hill sono nati dopo il Liceo e quindi circa nel 2013. Già quando ero a scuola avevo proposto ai miei compagni di classe di fare una band. Di quella band originaria, dei fondatori diciamo, siamo rimasti in due oggi: io e il batterista, Filippo Zanforlin, che eravamo in classe insieme al liceo scientifico.
E poi abbiamo conosciuto Luca Pallaver, il chitarrista solista, che ammiro davvero molto per il suo talento —penso sia uno dei più forti a Bolzano— e che poi è diventato un grande amico.
Io e Luca, ci siamo conosciuti quasi per caso: lui stava seleziono lo staff di animatori per una colonia estiva per ragazzi a Cesenatico, in qualità di capo animatore. Ho fatto il colloquio e lui mi ha preso. Abbiamo iniziato a suonare insieme, chitarra e voce, proprio durante l’estate, davanti ai bambini. Una volta rientrati a Bolzano, ci siamo detti: “Senti, ma facciamola una band!”
Ecco sì, possiamo forse dire che da quando è arrivato Luca è iniziata la vera e propria storia degli Atop The Hill.
La voglia di fondare una band, poi, è nata proprio perché io, non sapendo suonare, avevo l’esigenza di esprimermi in qualche modo. Cantavo sempre e sono sempre stato uno abbastanza feticista della musica: ascolto, compro dischi, spendo un sacco di soldi in questo. La cosa mi piace e non è assolutamente un peso.
Per me era necessario fare la musica che ascoltavo, quindi tutto quell’Indie Rock, British rock … volevo farlo anche io!
Ad oggi, la band è in piedi da quasi cinque anni, e le cose sono un po’ cambiate, c’è qualcosa di diverso: adesso sento più la necessità di scrivere le mie canzoni. Facciamo ancora cover, ovvio; però adesso la necessità di scrivere proprio le cose mie. Ho iniziato a scrivere in inglese perché tutti i miei riferimenti erano in quella lingua lì: nel 2017 infatti è uscito il nostro primo cd, il piccolo Ep di quattro brani “Not a Care In The World”.
Recentemente ho iniziato ad ascoltare molta più musica in italiano. Quell’indie italiano che va adesso e mi sono detto: “Cacchio, a me l’italiano piace! Studio Lettere e amo la lingua italiana”. Utilizzando anche un’altra lingua, inevitabilmente, ci siamo spostati anche più verso un Indie-Pop, la musica è funzionale a quello che dico.

Recentemente avete cambiato anche la Line-up, anzi la formazione per non utilizzare un anglicismo. Cosa ha comportato questo, visto che eravate un band c’è avviata con un Ep alle spalle?

Noi non abbiamo registrato tanto, ma abbiamo suonato tanto dal vivo e questo ci ha aiutato tanto a creare un certo legame e una certa empatia tra di noi. Inoltre ci ha aiutato questo a trovare il giusto contatto con il pubblico, per trasmettere qualcosa.
Dopo qualche anno, l’altro chitarrista è uscito dalla band per questioni personali ed è subentrata una ragazza, cosa che ci ha fatto piacere: Ilaria Canu, tastierista.
Devo dire che avevamo già deciso di introdurre una tastiera nella band anziché cercare un’altra chitarra, perché volevamo cambiare un po’ direzione.
Volevamo diventare un po’ più … si, necessariamente un po’ più pop/melodici: la tastiera inevitabilmente comporta delle melodie più orecchiabili e, a mio parere, molto più belle che contribuiscono a rendere il suono più particolare.
La tastiera quindi ci ha portato sia ad un linguaggio un po’ più pop, sia all’idea di scrivere e cantare in italiano.

La tastierista Ilaria Canu è dunque la quota rosa della band. Prima eravate tutti maschietti duque è cambiato qualcosa nel vostro equilibrio all’interno della band?

Direi di no! C’è un rapporto di amicizia tra tutti noi. Ilaria era al liceo scientifico con me e Filippo, e quindi noi la conoscevamo già come persona e tastierista; lei conosceva già il gruppo ed anche Marco Martini, il nostro bassista, perché avevano già suonato insieme in un’altra formazione. Quindi è stato tutto molto naturale, della serie: “Senti Ilaria, ti va di entrare negli Atop The Hill?”.
Poi la cosa divertente, è che adesso c’è sempre un punto di vista diverso; sia ai concerti ma anche su qualsiasi altro argomento. Anche sulle cose più stupide: se noi diciamo: “che carina quella musicista”, lei può dire “che figo il cantante”. Prima, inevitabilmente, non succedeva mai.

Chissà perché, credo che “carina” non sia proprio l’aggettivo che eravate soliti utilizzare …

No, vero?! (Ride)

Di solito qual’è il vostro processo creativo nella composizione? Come decidete se una cosa è rilevante o sentite di avere la necessità di far sentire, di comunicare questa frase o quest’altro Riff?

Allora… spesso scrivo testi che non vengono presentati e rimangono a casa nel taccuino.
A volte porto alle prove un testo, già con una melodia in testa, totalmente inventata.
Arrivo con un’idea per il cantato della strofa o del ritornello cantato e Luca, che ha un grande orecchio, la metta subito in musica; spesso ci accorgiamo subito quando può funzionare o meno. E’ una cosa immediata tra me e lui, che viene poi trasmessa a tutti gli altri componenti. Ognuno poi mette il suo: è una fase di lavoro abbastanza libera, di improvvisazione su una piccola melodia, anche solo quei dieci secondi che già funzionano.

Veniamo quindi al discorso “cantare in italiano”: Venerdì 13/07 è uscito il singolo “Questa Moda”. Secondo il luogo comune, è già un giorno un po’ sfortunato di suo, ma anche il protagonista del pezzo non sembra da meno: l’orologio è rotto, si rompe il giradischi, ha la bici a terra … E poi lui è un po’ un criticone. Della serie: “Ok, io vedo questa cosa, vorrei entrarci, in qualche modo mi tocca, però…”

Esatto Esatto, l’hai capito subito! Grande! (Ride)
E’ quell’essere, sai quando… allora l’ho scritta un po’ pensando a me in alcuni punti, poi ovvio ognuno poi vede il suo.
Si, il protagonista è un po’ in criticone perché vorrebbe che le cose fossero diverse, ma sa che c’è un limite ed in qualche modo deve accettarlo.
C’è un punto del testo infatti in cui canto “Mi sforzo di capire/resto fermo tra le righe/di un quaderno senza fine/quinta traccia sul vinile/fare a patti col mercato/accettare il risultato…”.
L’ho messa un po’ sul discorso economico come a dire che, a volte, per campare devi fare qualcosa che non ti piace troppo o devi scendere a compromessi. Ci sono molti, invece, che a prescindere da tutto rimangono sulle sue. Io non sono così statico e a volte questo serve anche per prendere coscienza di realtà.

E questa prima esperienza nello scrivere una canzone in italiano come è stata?

Beh è stato … diverso. Diverso perché ascoltando tanto in inglese, anche quando canticchio o mi invento cose spesso mi viene da dire cazzate in inglese.
Però mi rendo anche conto che non è la mia lingua e sono davvero limitato. Per quanto mi piaccia guardare film in lingua originale o parlarlo talvolta con il mix di persone che si incontrano a Bolzano, sono consapevole di non essere un esperto.
In italiano posso dire quello che voglio ed è quasi più vero, più autentico: ho notato che quello che scrivo in italiano arriva più velocemente al pubblico; e questo ci aprirà magari anche la possibilità di andare in tour sul territorio nazionale e farci ascoltare da ancora più persone.
Sai cosa? In italiano, a me piace anche di più il suono della mia voce.
E’diverso, perché c’è proprio un’intenzione diversa. Penso ad una cosa ed è quella, non ho il filtro della traduzione.

Tu prima parlavi di quell’Indie Pop, Indie Rock d’oltremanica o d’oltreoceano.

Potremmo quindi partire dai Franz Ferdinand e citarne mille altri …
Eh beh sì. Se ti facessi vedere il mio mp3, vedresti che è una libreria degli anni 2000 della musica, partendo dai The Strokes, che sono i miei beniamini. “Is This It”, il primo album 2001, è incredibile.
Quindi The Stokes, Artic Monkeys di conseguenza, poi Franz Ferdinand, Cage The Elephant —che sono americani e fighissimi— e poi tutte le evoluzioni del genere: dal garage rock mi sono spostato verso qualcosa di più pop, tipo gli australiani The Wombats.
E poi in italiano ho iniziato ad ascoltare tanto rap, ma non quello delle origini, aggressivo e con le basi violente… quello più di Mecna, Ghemon, ma anche Coez.
Coez nella sua semplicità e nel suo essere commercialissimo —piace a tutti, piace alle
ragazzine— va bene! Cioè nel senso: a me piace, perchè quello che dice mi piace, è immediato.
Tante volte si cerca la cosa più sofisticata, ma quando qualcosa è immediato, ti puoi ritrovare più facilmente. Come Frah Quintale, che è un altro che io adoro. E Dutch Nazari, che è forse il più bravo di tutti a scrivere.
Però se devo pensare ad una band in italiano… potrei pensare a Calcutta, ma lui è un solista con la band che suona dietro. Si, Calcutta può essere comunque un’influenza, come possono esserlo I Cani.
Quando è uscito “Questa Moda” molti mi hanno detto che somiglia un po’ ad un pezzo dance anni 80, ma ha comunque qualcosa di moderno. Si, forse pensandoci, volevamo qualcosa che facesse alzare un po’ i tacchi. Io però non sono mai stato un ascoltatore di musica italiana anni ’80/’90. Si, ascoltavo le robe di mio papà o le audiocassette e i cd di mia madre, ma non penso che quelli mi abbiamo influenzato ad oggi. Adesso avevo voglia di scrivere e questo è quello che è venuto fuori.

ATH 03Oltre alle tue personali però, da ascoltatrice, mi sembra di sentire anche altre influenze. Una nota un po’ bluesy del tuo collega chitarrista, magari?

Si, è vero. Ed è il bello è proprio quello: Luca è un bluesman a tutti gli effetti… e infatti mi chiedo cosa ci faccia ancora con noi (Ride). Lui viene da una famiglia di musicisti e suona in tante altre band. Ama il blues, è una cosa che gli esce dal cuore e la fa da Dio. Non lo definirei un compromesso, ma con noi riesce ad aggiungere quel qualcosa in più alla band, che poi è il sound a cui tu fai riferimento. Nell’assolo ad esempio di “Questa Moda” o anche nei pezzi precedenti si sente qualcosa.

Prima, quotando proprio il vostro nuovo singolo “questa moda”, hai parlato anche di mercato. Come vedi il mercato musicale in Italia ad oggi?

Come lo vedo … è un po’ triste da dire, ma se fai una canzone deve funzionare su Spotify.
Se viene ascoltata su Spotify e viene inserita in alcune playlist, tipo “Indie Italia”, comincia a fare il giro insieme a tutti gli altri. Io penso che ci sia una persona, magari a Milano, che decide cosa la gente deve ascoltare su Spotify. Alcune playlist sono fatte apposta per questo, secondo me: far scoprire solisti o gruppi che sono destinati a fare successo (e soldi) in quel momento. Ecco io lo vedo così, oggi il mercato.
Purtroppo poi si suona molto meno live, purtroppo si fanno meno cd, che come oggetto fisico, è in calo, mentre è tornato in auge il vinile … ed è una cosa bella.
Avevo letto anche un articolo su Pitchfork o NME, che sosteneva che nel giro di vent’anni i cd sarebbero spariti dalla circolazione. E poi, vent’anni a dir tanto … tutte le auto ora hanno sostituto il lettore cd, alla chiavetta usb o è possibile collegare il cellulare e ascoltare tramite un player digitale. Spotify secondo me è il futuro e va anche bene, bisogna un po’ accettarlo.
Però bisognerebbe tornare a suonare di più live, e invece c’è poca possibilità. Con gli Atop The Hill non abbiamo mai pensato a comporre musica per “sfondare”, non è mai stato un nostro pensiero. Il nostro pensiero è piuttosto quello di farci ascoltare, altrimenti stai a suonare in camera tua e, per carità, ci sono artisti che lo fanno … ognuno fa quello che vuole.
Noi vorremmo farci ascoltare gradualmente sempre più, ma non per fare i soldi fini a sé stessi. Certo, se capita nel mentre …
E’ anche un po’ quello di cui si parla in “Questa Moda”, non facciamo gli ipocriti: se vuoi sopravvivere anche i soldi servono.
Il mercato, da questo punto di vista, è un po’ limitato e limitante: spesso contano i contatti giusti o anche il posto.
Milano oggi, ad esempio, è forse la città più musicale e sta buttando fuori un sacco di artisti.
Artisti anche del Sud che vengono a Milano per la musica, tipo Coez.

E quindi: grande produzione con major discografica o autoproduzione? Mi sembra di capire che voi siete proiettati più sulla seconda, o comunque su piccole realtà indipendenti.

Esatto si! Non ci siamo mai immessi sulla strada “casa discografica”, perchè ci siamo un po’ informati sul come farlo e sul cosa comporta. Comporta inevitabilmente dei costi, sia di produzione e registrazione, che poi di distribuzione.
Adesso a me la grande produzione sembra un po’ “voglio-fare-dei-soldi-con-te / dammi-dei-soldi” … forse il mondo funzionerà così, però non mi piace troppo. Noi abbiamo deciso di restare un po’ più indipendenti.
Devo però dire che è da due produzioni —e parlo in termini di canzoni— che registriamo con Kris Kaufmann. Si sente un po’ che da “The Way She Moves” a “Questa Moda” il suono è quello. Questo ragazzo, per me è davvero un grande: abita a quaranta minuti da Bolzano, è di madrelingua tedesca e con lui siamo trovati davvero bene e abbiamo deciso insieme una linea da seguire: scriviamo qualche pezzo, lì registrazione con lui e facciamo uscire quattro/cinque singoli all’anno. Anche su suo consiglio, abbiamo optato più sui singoli che sulla produzione di un cd, che è sicuramente più onerosa in termini di tempo e denaro. Si, ad oggi, possiamo definire Kris il nostro produttore. Stiamo a vedere se si riesce a portare avanti questo sodalizio professionale (Ride, nello sfoggiare il suo lessico forbito), alla Leonardo Di Caprio+Martin Scorsese.

E invece la scena musicale bolzanina com’è?

La realtà bolzanina è …. piacevole. (Ride) C’è tanta gente che fa musica.
Tempo fa, ho anche postato una foto su Facebook dove raccoglievo e mostravo tutti i Cd di band e solisti locali che avevo comprato. E son tanti, c’è davvero tanta roba a Bolzano e dintorni.
Tanti artisti che registrano cd e mettono i loro brani su Spotify. Ecco, si potrebbe avere una libreria di artisti südtirolesi.
Prendi, ad esempio, il BlueSpace di Musica Blu: è una realtà bellissima. Gli eventi come “Indovina chi suona a cena”, i laboratori con gli artisti… Diego Baruffaldi è un grande, riesce a mettere in contatto un sacco di gente.
Grazie al BluSpace, oltre ad aver fatto il corso di canto là, ho conosciuto tanta gente, come Leonardo Varner, un ragazzo di 15 anni con cui mi piacerebbe collaborare. O anche Davide Mariotti, che fa Rap e scrive benissimo; con lui ci siamo ripromessi di fare qualcosa insieme, magari un featuring. Io sono pro questo cose: è un modo di mettere musica in circolo.
E poi c’è anche tanta musica live, basta andare a cercarla. Certo, a Bolzano ci sono alcuni limiti sull’orario in alcuni posti, ma posti come il Sudwerk, il Pippo Stage o il Bunker propongono tanta bella musica. Ma anche fuori città devo dire … A Bressanone o a Brunico dove c’è l’UFO Bruneck.

ATH 02Mi sembra di aver capito che Spotify ti piace parecchio! A tal proposito, cosa ne pensi della situazione che si era venuta a creare qualche tempo fa, ovvero un manipolo di persone scarica illegalmente, “cracca”, l’applicazione nella sua versione premium. Quando Spotify (finalmente) blocca il servizio, questi utenti insorgono arrabbiatissimi.

Allora, la mia opinione è che gli artisti vadano ripagati, in qualche modo. Poi stai parlando con uno che compra ancora cd e vinili. Tu mi dici sì sì, come se fosse una cosa normarle, ma tante altre persone con cui mi confronto su questo non la pensa assolutamente così, e mi dicono “tu sei matto, sei pazzo. Spendi troppi soldi per la musica, quando puoi scaricarla”.
Ho iniziato a comprare musica dal 2009 circa e da allora ho continuato a farlo e io penso che, se non vuoi compare la copia fisica va benissimo, puoi utilizzare spotify dove hai più di 3 milioni di brani —non vorrei sbagliarmi— tu paghi il servizio. L’artista va ripagato. Quei cinque, dieci euro non sono niente … Non vorrei parlare di soldi, ma so che ci sono persone che spendono fino ai cinquemila euro per un master, figuriamoci artisti come Beyoncé o Rihanna …
Certo uno può fare quello che vuole, ma “craccare” Spotify per me è proprio moralmente sbagliato.
La gente poi che si è lamentata dicendo: “Io lo voglio gratis” o “Tanto lo craccherò di nuovo gratis”. E’ una cosa stupida anche perché Spotify offre già la versione gratuita; certo con delle limitazioni, come la pubblicità, come è giusto che sia. In fondo, questi svedesi hanno creato Spotify … e pagala!

Parlando sempre del digitale: per chi ti/vi segue sui social il tuo “ciao a tutti amici di instagram” è diventato quasi un tormentone. E allora qual’è vostro rapporto con essi?

(Ride divertito) Io credo che ogni band abbia l’uomo-social, perché penso che oggi la sponsorizzazione di musica o concerti sui social sia necessaria.
Quell’uomo-social per gli Atop The Hill, sono io.
Primo, perché per mia natura, a me piace molto fare video e far ridere la gente anche con le cose più banali e non volgari, mi fa piacere.
Seguo sia Facebook e Instagram per gli Atop The Hill, ma Facebook ultimamente mi sembra un po’ più in declino e Instagram offre diverse possibilità. E io lo uso molto, perché è importante far sapere cosa è uscito, dove si suona, eccetera. Ho scoperto che molte persone hanno già ascoltato “Questa Moda”, proprio perché hanno (re)postato una storia instagram. Anche per i concerti i social sono importanti: tanti locali ti cercano su Facebook e a volte, purtroppo, dipende da quanti Like hai.
Funziona un po’ così e a me non fa paura: il progresso scorre inesorabilmente e cerco un pochino di starci dietro. Un pochino eh … che poi i cd lì compro sempre e leggo ancora libri di carta.

E adesso? In che direzione stanno andando gli Atop The Hill e quali sono i progetti futuri?

Adesso vorremmo assolutamente comporre nuovi brani e selezionare ciò che a nostro giudizio merita davvero…poi magari alla gente può far schifo. E poi vorremo suonare live sempre di più.
Certo l’estate è sempre un po’ un casino per organizzarsi, tra il lavoro o le ferie.
Tra fine agosto e inizio settembre, speriamo di realizzare anche il video del nuovo singolo “Questa Moda”, per portare anche un po’ avanti un discorso audio-visivo: far uscire un brano e vedere un po’ le reazioni, per poi far uscire anche il video. Fare video ci piace moltissimo e poi è fondamentale avere anche su You Tube qualcosa.
Poi con l’autunno, chiudersi in sala prove e prediligere la composizione e la produzione, per poi tornare a suonare live al più presto, magari con l’anno nuovo.

Mai sentito parlare della tendenza “73 questions to …” —domande random a bruciapelo rivolte a svariati personaggi dello spettacolo e non— lanciata qualche tempo fa da Vogue? Ecco, per chiudere, ti farei qualche domanda così. Del tipo …

Vinile/Cd o player digitale (Spotify)?
Vinile! Compro sicuramente 2 Cd al mese (almeno) e un vinile ogni tre.
Il piano è: esce qualcosa di nuovo? Lo compro. Oggi, ad esempio, ho comprato l’ultimo di Beyoncé e Jay-Z, che è uscito una settimana fa. Poi dipende … a volte compro anche 3 Cd a settimana.

Libro fisico o Ebook?
Libro di carta, sicuramente.

Ultimo libro letto?
“Cantare del Cid” (Ride). E’ un poema epico spagnolo.

Una parola o una frase che viene utilizzata troppo nel mondo della musica?
Usata troppo, eh? Stavo per dirti “cachet”, però quello ci fa anche piacere. 
Ah si … sicuramente la frase “Che genere fate?”

Se potessi andare a cena con un personaggio dello spettacolo o della storia a tuo piacere, del passato o del presente, chi sceglieresti?
Io penso che vorrei cenare con Leonardo Di Caprio, perché è il mio attore preferito e lo seguo da tanto tempo. Vorrei parlare con lui sopratutto di “Inception”, come se fosse proprio un mio amico. Si, vorrei chiacchierare con lui.
Poi, amo Christopher Nolan e ho amato tutti i suoi lavori, sopratutto “Memento”.
E in generale, compro anche un sacco di film, oltre che dischi.

Allora quella del comprare è una cosa un po’ ossessivo/compulsiva su più fronti?
Si, si assolutamente. A casa ho un sacco di Blue Ray (non i dvd perché la qualità è peggiore) e anche cofanetti di serie TV. Io compro, compro, compro … sono un po’ pazzo.

Tre oggetti che porti sempre con te …
Lo zaino, le cuffie per la musica …
(Ride. Fa un pausa.)
No, sto pensando a cosa ho qua dentro allo zaino. Mi verrebbe da dire il cell… Ah no, ci sono: il cappellino. Ultimamente mi piacciono troppo, è un po’ un tratto distintivo e mi piace averne di colorati. E non devono mica essere quelli dei rapper che costano 40 euro. Questo qui ne costa 3,99 di euro.

Finisco il mio caffè e saluto questo Daniel Ruocco alla fermata del bus.
Per salutare voi, invece, direi che non vi rimane che andarvi ad ascoltare il nuovo singolo degli Atop The Hill, disponibile sui Spotify, Apple Music e su tutti gli store digitali.
Pronti? Via! “Ho il lettore dentro l’auto dei miei, fai play!”

 

Photo Credits: (01) Atop The Hill; (02) Lorenzo Tenti – LOT; (03)  artwork di Matteo Pizzo

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