Culture + Arts

March 28, 2018

Barbiana ’65: Don Milani riscoperto e da scoprire

Mauro Sperandio

La figura di Don Milani, il “priore di Barbiana”, è sicuramente tra le più rivoluzionare del ’900 italiano. Educatore e rivoluzionario, ha saputo incarnare l’aspetto ribelle del cristianesimo più genuino. L’esattezza del suo gesto ce la misura il fatto che il suo “Esperienze pastorali” sia stato sgravato dal divieto di stampa e diffusione sancito dal Sant’Uffizzio solo nel 2014, dopo 58 anni.

Personaggio tanto ingombrante quanto discreto, nella sua breve vita il Priore accetto di farsi riprendere compiutamente solo dal regista Angelo D’Alessandro nel 1965. Rimaste impubblicate fino ad oggi, le riprese hanno rivisto la luce grazie al lavoro di Alessandro D’Alessandro, regista e documentarista, figlio di Angelo.

Con lui parliamo di questa pellicola, che sarà proiettata il 4 aprile al Centro per la cultura di Merano, nell’ambito della rassegna Docu.emme.

Cosa crede abbia spinto lo schivo Don Milani a farsi riprendere da suo padre?

Credo che la risposta più completa a questa domanda l’abbia data Michele Gesualdi, recentemente scomparso. Nel luglio del 2017, mi ha scritto una lettera in cui riferisce dei tanti che, saliti a Barbiana e ammessi in silenzio ad assistere alle lezioni di Don Lorenzo, dopo pochi minuti interrompevano dicendo di essere venuti per intervistarlo. Richiesta che provocava la reazione seccata del Priore che li allontanava immediatamente. Gesualdi racconta che in quel periodo salì anche mio padre e scrive:“D’Alessandro a differenza di tutti gli altri se ne stette attento, in silenzio senza fiatare. Solo alla fine della lezione gli fu domandato chi fosse e cosa volesse. Rispose che era un regista e che era venuto con l’intenzione di fare un servizio sugli obbiettori di coscienza. Ma, aggiunse che la scuola, lo sguardo e l’attenzione di questi ragazzi, le cose ascoltate e l’atmosfera che stava respirando e soprattutto il servizio ad una bella causa cui questa scuola educava, lo avevano messo in crisi. Ora aveva le idee confuse e sentiva la sproporzione tra il lavoro che aveva in mente di fare e la realtà straordinaria che aveva incontrato e scoperto. Nel pomeriggio fu punzecchiato dai ragazzi con mille domande sul lavoro del regista, su chi fosse lui, chi stesse dietro le sue riprese e quali fossero i veri obbiettivi che lo muovevano. Insomma anche D’Alessandro “subì” un “processo” molto intenso che lasciò soddisfatti i ragazzi e don Lorenzo. D’Alessandro fu invitato a tornare per vedere insieme un film ed insegnare ai ragazzi a leggerne il linguaggio e i messaggi che questo proponeva. Fu scelto il film Tragedia nella miniera. Il pomeriggio successivo era a Barbiana con la pellicola che venne proiettato nella scuola, sul telo bianco che usavamo come schermo. Già la mattina però i ragazzi e don Lorenzo avevano letto e discusso del contenuto del film. Dopo la proiezione fecero qualche osservazione, ma volevano andare più a fondo e chiesero a D’Alessandro se poteva tornare a riproiettarlo successivamente. Per tutta la mattina del giorno seguente videro il film fermando continuamente la proiezione e discutendo ogni curiosità ed analisi che scaturivano. Poi si confrontarono a lungo col regista. Si leggeva negli occhi e nell’espressione di D’Alessandro la meraviglia per tutto quell’approfondimento, il metodo di studio e di critica sui contenuti del film.«Lei è venuto qui e ha pensato più a confrontarsi coi ragazzi che alle sue riprese» – gli fece notare don Lorenzo; «Ha superato bene l’esame, se vuole può riprendere come scorre la vita della nostra scuola».

dalessandro angelo5

Suo padre le aveva mai parlato del suo incontro con Don Milani?

I temi della fede, del Vangelo, dei diritti umani, della guerra e della pace, sono stati spesso argomento di riflessione nella mia famiglia, direttamente collegati all’attività di mio padre come regista e autore televisivo ma anche docente. Dell’incontro con Don Lorenzo Milani e i suoi ragazzi, dei viaggi a Barbiana del 1965, mi ha raccontato in diverse occasioni e inoltre ne aveva scritto in un numero speciale del mensile Testimonianze del dicembre del 1967.  Anche mio padre è stato inevitabilmente segnato da questo incontro. A lui è toccato anche avere, tra pochissimi, la possibilità di riprenderlo con una macchina da presa.

Come mai ci è voluto mezzo secolo perché queste riprese venissero pubblicate?

In molti mi hanno chiesto come mai questo materiale filmato nel ‘65 sia rimasto “nascosto” per 50 anni. In realtà come racconta Antonio Piazza, direttore della fotografia e operatore di quelle riprese, mio padre subito dopo la morte di Don Milani propose il materiale in Rai ma non se ne fece nulla. Forse deve aver ritenuto che i tempi non fossero ancora maturi, forse in lui era maturato un ripensamento, una sorta di pudore rispetto a quelle immagini o non condivideva l’uso che se ne intendeva fare.
Dopo alcuni spiacevoli episodi che hanno visto un uso improprio e irriconoscente del lavoro di nostro padre, mia sorella ed io abbiamo affidato il materiale all’Archivio Storico dell’Istituto Luce, perché venga adeguatamente conservato, difeso da usi impropri e diffuso.
Solo dopo la scomparsa di mio padre, dopo una lunga malattia che ha lentamente cancellato memorie di una vita e lasciato senza risposte domande che avrei voluto fare con più evidenza e forza, ho cominciato a mettere ordine nel suo archivio e tra altri interessanti documenti, ho ritrovato il materiale in pellicola originale in 16 mm.  La visione del materiale, rivelatosi in condizioni eccellenti, e soprattutto delle bobine delle registrazioni audio, mi ha spinto a recuperare informazioni legate a quell’esperienza e a poco a poco l’approfondimento è diventato un impegno che non potevo derogare oltre. 

Cosa l’ha colpita nel visionare, come primo spettatore,  quel materiale?

In quelle pellicole che c’era Don Milani in persona, con la sua voce, i suoi occhi e i suoi ragazzi. ll materiale reclamava di essere mostrato nella sua integrità e completezza per far comprendere meglio come e cosa Don Milani vivesse nell’esperienza della Scuola di Barbiana con i suoi ragazzi. Partendo dunque dalla forza di questo materiale che ripropone in modo così efficace e semplice, anche per i mezzi di ripresa utilizzati all’epoca, tutta l’umanità e la tensione esistenziale e morale che insieme alla fede animarono Don Milani, ho cominciato a lavorare sul progetto di un film-documento sull’esperienza di Barbiana.

Cosa ci svela del “Priore” questo documentario?

Il film ci restituisce credo finalmente un immagine più completa del Priore. Un personaggio sulla bocca di tanti, quasi un classico oramai, ma che rimane un rivoluzionario, uno scomodo. Questo film credo possa colmare una lacuna importante alla conoscenza di un uomo e un pensiero fondamentali nel ’900 italiano  e non solo,costantemente attuale e proiettato nel futuro. Così tutti quelli che hanno imparato a conoscerlo attraverso i suoi scritti possono forse scoprire adesso come veramente era, nel suo smisurato desiderio di obbedienza e nella sua infinita dolcezza. Credo che questo lavoro ci sveli perché Don Milani sia diventato veramente patrimonio di tutti. Ci mostri concretamente attraverso il suo volto e la sua voce, il  suo pensiero  universale. Per questo la Felix Film che lo ha voluto produrre e promuovere con l’Istituto Luce, ha voluto recentemente abbinarlo alla Giornata della Giustizia Sociale con il sostegno anche del MIUR e dell’ONU proiettandolo in moltissime città italiane con letture e dibattiti.

DML PROFILO2

 Lo schivo Don Milani accetta di mettere in scena “Don Milani”. Cosa crede avvenga, anche secondo la sua esperienza di regista e documentarista, nella testa di chi evita le luci ma decide ad un certo punto della propria vita di farsi immortalare?

Un uomo come Don Milani ha sempre fatto delle scelte precise, lucide, consapevoli. Quando decide di mettersi davanti alla macchina da presa lo fa come dicevo precedentemente, in modo estremamente mirato, attento, preoccupato che vengano dette le cose giuste e mostrati quelli aspetti della scuola di Barbiana e il modo di interagire con i ragazzi che a lui stavano davvero a cuore. Don Milani accetta sempre di confrontarsi con i mezzi di comunicazione purché se ne faccia un uso corretto. Così quando accetta per la prima volta di farsi riprendere all’altare lo fa solo per la macchina da presa, “per finta” e nelle immagini originali riprese da mio padre si vede chiaramente Don Milani rivolgersi più volte alla camera dopo aver compiuto il gesto dell’offertorio, come per chiedere conferma se dovesse ripetere il gesto, consapevole dunque di “fingere” per la macchina da presa.
E ancora in altri momenti ascoltando la voce di mio padre fuori campo si percepisce di come si fosse deciso di procedere durante le riprese. Ci sono le poche richieste di mio padre e l’estrema gentilezza del Priore nel ripetere gesti e parole.
Per questo Il materiale reclamava anche di essere mostrato nella sua integrità e  completezza per far comprendere meglio come e cosa Don Milani volesse lasciare in eredità ai suoi ragazzi del lavoro fatto con loro anche dal punto di vista mediatico.

Crede che Don Milani avesse maturato consapevolezza dell’essere ormai “icona”?

Don Milani aveva molto chiaro quello che gli premeva dire e trasmettere ai ragazzi. Altri tipi di valutazioni le lascio agli storici e studiosi.
Il filmato originale dell’epoca mostra alcuni momenti e aspetti fondamentali della Scuola di Barbiana: la scrittura collettiva, la lettura dei giornali, i ragazzi più grandi che insegnano a quelli più piccoli. Ma c’è anche il lavoro manuale svolto dai ragazzi. E in mezzo a loro, Don Lorenzo che discute, che spiega, che interroga e si interroga. Che ora davanti alla cinepresa, fa arrivare delle domande a chi lo guarda.
Intorno a queste immagini del 1965 si sviluppa il racconto con le testimonianze di Adele Corradi, l’insegnante che ha vissuto l’esperienza di Barbiana con Don Lorenzo, di Beniamino Deidda, ex Procuratore Generale di Firenze che dopo la morte di don Lorenzo ha continuato a insegnare ai ragazzi della scuola di Barbiana, e Don Luigi Ciotti.
Scuola, Costituzione e Vangelo sono i tre pilastri su cui si sviluppa il pensiero milaniano, che trova il suo culmine nella lettura che Don Lorenzo fa davanti alla macchina da presa della sua Lettera ai Giudici, il testo scritto per difendersi dalle accuse di Apologia di reato nel processo che lo attende a Roma. Il filmato restituisce dunque la voce e l’immagine di un uomo che oggi più che mai ripropone con forza il tema della coscienza e dell’obbedienza, della giustizia e della solidarietà, della scuola che deve permettere a tutti di diventare sovrani di sé stessi.

Foto: Courtesy of Alessandro D’Alessandro

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.