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November 30, 2017

TFF: I “Cento Anni” di Davide Ferrario

Cristina Vezzaro

Apre in maniera solenne e al tempo stesso rarefatta, questo bel documentario di Davide Ferrario, il terzo dopo “Piazza Garibaldi” e “La zuppa del demonio”, a concludere una sorta di trilogia sulla storia italiana.

L’occasione è il centenario della sconfitta di Caporetto, e il tema di fondo la capacità degli italiani di sollevarsi dalle sconfitte, di superare le tragedie e di rinascere dalle proprie ceneri.

Si alternano, nella narrazione, attori, scrittori, musicisti, protagonisti – anche di riflesso – della storia, che ripercorrono quattro tappe italiane degli ultimi cento anni, per l’appunto: Caporetto, nel 1917, con i suoi disertori, i figli degli stupri tedeschi, l’odio degli italiani; la Resistenza narrata attraverso la morte del nonno squadrista dello scrittore Massimo Zamboni per mano di due partigiani, nel 1944, che a 17 anni di distanza saranno l’uno l’assassino dell’altro; gli Anni di Piombo, con la strage di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974, narrata dai familiari delle vittime, ma anche attraverso la voce dei nuovi italiani, che ne condividono, nella memoria, la commozione, facendola diventare una parte della propria storia; e infine la Caporetto demografica, lo spopolamento del Sud dell’Italia, attraverso gli occhi del poeta e attivista Franco Arminio che ci accompagna in Irpinia, in Basilicata, dove la natura è padrona e l’uomo sempre meno presente.

Un fil rouge accompagna gli episodi narrati, la domanda: A cosa servono i morti?

Ferrario mette in questo documentario una grande passione, quella per la Storia, quella per l’Italia e gli italiani, quella per la bellezza, la bellezza dello sguardo di chi sa vedere. “Nel riconoscere la fine c’è una possibile letizia” dice a un certo punto Franco Arminio. Forse oltre una dicotomia che in Italia sembra non passare mai: tra interventisti e pacifisti, fascisti e partigiani, destra e sinistra, società civile e mafie, come quelle che tolgono lavoro al Sud Italia, rubano soldi o disprezzano le norme di sicurezza che poi portano a morti come quelle di Rigopiano. Con uno Stato che sempre più sembra assente.

“Il futuro non arriva mai come uno se lo immagina.” Ma la Storia dovrebbe insegnarci a imparare a leggerlo.  

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