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September 18, 2017

Tra arte e pubblicità: Armando Testa al Mart di Rovereto

Francesca Fattinger

Il mondo dove viviamo è un mondo di immagini che diventeranno sempre più intense – il pubblico giocherà ad accostarle e riviverle in pluri maniere. Questo è il futuro dell’uomo che è bombardato di immagini”. Così parlava Armando Testa (1917-1992), tra i più importanti pubblicitari italiani del secolo scorso, in un’intervista della metà degli anni Ottanta. Questa sua affermazione ben si adatta al suo modo di lavorare, alla sua capacità immaginativa e creativa che sapeva tradurre l’arte in pubblicità e viceversa in un continuo intersecarsi tra loro.IMG_2392

A questa importante figura della cultura italiana è stata dedicata una mostra personale al Mart di Rovereto, che resterà aperta fino al 15 ottobre. Si tratta di un invito a sbirciare nel suo mondo che tanto ha avuto a che fare con l’arte delle avanguardie storiche e con tutti i loro “ismi”, dal futurismo, all’astrattismo fino al surrealismo, che con eleganza e ironia ha sempre citato e fatto suoi come importanti fonti di ispirazione e suggestione. In questo modo Amando Testa ha creato un suo personale e vario campionario di immagini e personaggi che hanno influenzato l’immaginario collettivo degli anni Cinquanta; il tutto condito con ironia e cortocircuiti semantici. Entrando nella mostra si è accolti dai manifesti pubblicitari da lui ideati, come quello di un uomo che, vestito elegante e con sorriso smagliante, corre con sotto braccio un abito Facis.

IMG_2393Nella sala di fronte possiamo invece capire quanto il suo amore per l’arte non sempre gli abbia reso la vita facile. A volte questo connubio, sempre e comunque presente nel suo lavoro, lo ha portato al successo, come per la pubblicità della Saiwa, in cui alcuni uomini in fila imitano un treno, ispirandosi alle performance di John Cage, e che con la sua semplicità piacque e vendette, altre volte invece lo allontanarono dai gusti del pubblico. Il suo nome è collegato a quello del Carosello, programma televisivo in onda sulla Rai dal 1957 al 1977, per cui ha ideato personaggi tanto semplici nell’aspetto quanto efficaci dal punto di vista comunicativo: dagli stravaganti Caballero e Carmencita per il caffè Paulista della Lavazza ai personaggi del paese di Papalla per gli elettrodomestici Philco.

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I primi due composti da semplici coni di gesso trasformati in simpatici personaggi con treccine e sombrero e gli altri tutti curiosamente a forma di palla e sempre felici, abitanti di un mondo in cui il cibo cresce direttamente sugli alberi o dalla terra. È proprio l’ironia e la semplicità riscontrabile in questi personaggi, nati dalla sua costante curiosità e ricerca, a rendere Armando Testa tanto famoso: la moglie racconta che era come se avesse avuto un’intera biblioteca nella sua testa, un archivio di immagini arricchito continuamente copiando illustrazioni o figure da cataloghi. Dopo la guerra nelle sue pubblicità Armando Testa aveva sempre avuto la tendenza a una maggiore astrazione, ma con l’avanzare degli anni diviene sempre più figurativo e in un’intervista racconta come una notte gli sia apparso in sogno Piet Mondrian dicendogli “Armando ora basta così!”. Al suo rapporto con l’astrazione, i colori e le linee essenziali tipiche dell’artista olandese è dedicato un intero angolo della mostra in cui veri e propri quadri fatti di riquadri e linee colorate con cornici lignee intarsiate si alternano a sedie trafitte da enormi matite, quasi fuoriuscite da un fumetto.IMG_2391

Si è poi catturati da ulteriori immagini note, parte integrante del nostro quotidiano orizzonte visivo, come l’elefante Pirelli, le geometrie rosse ed estremamente sintetiche del vermouth Carpano o l’indimenticabile ippopotamo Pippo dei pannolini Lines. Armando Testa si è anche cimentato nella fotografia anticipando a suo modo molte ricerche concettuali: è in questa sintesi tra il mondo della pubblicità e le tematiche del surrealismo che crinali montuosi sono fatti di prosciutto crudo, poltrone di salume, tovaglie di mortadella o scogliere di formaggio. Forse proprio in queste ultime immagini emerge in modo più chiaro il connubio tra arte e pubblicità: nello scavare nel nostro bagaglio visivo e culturale giocandoci ironicamente e creando nuove possibili interazioni con il pubblico.

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