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August 8, 2017

Claudia Barcheri: cronache in forma d’arte

Mauro Sperandio

Le opere Claudia Barcheri si presentano come spunti di riflessione, sintesi artistiche che invitano il pubblico a ritrovare personali e più estese interpretazioni.

Le parole di Claudia, e una contro-domanda, ci raccontano la sua visione…

Vorrei pubblicare un’immagine che ti rappresenti, ma non vorrei che questa immagine fosse una tua fotografia. Puoi aiutarmi?

Potrebbe essere un’immagine di un paesaggio con un lago, una baia o forse una piscina rinfrescante.

Il tuo lavoro parla delle tue emozioni. Quale ambito della tua via non credi di voler condividere con il pubblico?

Nel mio lavoro, più che emozioni concrete, cerco di trasmettere sensazioni ed esperienze, ma potrei chiamarli anche sapori, sensi o atmosfere. Vedo l’opera (o il lavoro) più come un accesso ad una riflessione o percezione ampia e libera. In quest‘ottica, non voglio imporre allo spettatore le emozioni che nascono in me di fronte a situazioni personali: mi parrebbe irrilevante o forse anche banale.

Mentre lavoro aspiro più ad uno stato di concentrazione che di emozione e cerco di non farmi dirigere troppo dal mio stato d‘animo di quel momento, un po‘ come trattenessi il respiro. Credo che le emozioni in un processo creativo possano essere limitanti.  
Mi piace il fatto che la percezione possa essere mutevole, ambigua.

Claudia-Barcheri_Foto©Leonie-Felle_2316-679x1000

Gli innumerevoli fattori che ti hanno portata a produrre i tuoi lavori non li potrò mai conoscere, ma voglio però chiederti una descrizione del luogo, materiale o astratto, in cui essi sono nati.

Per questa tua domanda mi viene in mente un sogno che faccio di tanto in tanto. Mi trovo in un luogo a me di solito familiare, una casa o una struttura architettonica in generale.
Ed ecco che ad un certo punto scopro un‘entrata, un‘apertura o uno sbocco attraverso il quale accedo ad uno spazio che prima mi era nascosto. Lo spazio di solito é molto ampio, non congruente alla struttura architettonica dalla quali vi sono acceduta, perché troppo grande o di forma non coerente. Ogni volta, nel sogno, la scoperta  di questo spazio inatteso mi procura una grande euforia, perché immagino che esso possa diventare il mio studio.

Il tuo lavoro “Infinity pool” mi ispira questa domanda: cos’è per te il vero lusso? A che cosa hai volontariamente rinunciato perché davvero non necessario?

In un contesto che io sento come consumista e di sovrabbondanza, il lusso consiste per me più nel rinunciare all‘acquisto e all‘accumulo di troppi oggetti in generale. Nel mio ambito privato cerco di circondarmi volontariamente di cose che decido essere le più necessarie, evitando di avere oggetti in molteplice copia. Preferisco avere un chiaro dominio di tutte le cose che possiedo. Specialmente quando viaggio, per me è un lusso avere una valigia più leggera possibile.  
Una cosa non necessaria che mi procura piacere e gioia, lo ammetto, è che a volte mi piace usare dei materiali per il solo gusto di sprecarli.

 Claudia-Barcheri_Foto©Leonie-Felle_2420-1-1000x666

Parliamo della tua recente serie di disegni su carta. Mi piacerebbe mi raccontassi di cosa tratta questa serie di opere, ma piacerebbe anche sapere -e per questo ti chiedo di uscire dal tuo ruolo d’artista – a che cosa il loro aspetto pensi possa assomigliare.

In questa serie di disegni ho cercato di immortalare alcune mie esperienze tramite dei sistemi di linee e di reticoli, traducendo la mia esperienza, il mio vissuto, in una forma visuale.
I disegni sono uno sviluppo di lavori che avevo fatto un po di tempo fa attorno al tema del reticolo. Nei suoi molteplici aspetti, questo tema per me ha sempre a che fare con l’attività di tenere, reggere, ordinare e sistemare il mondo e definire la nostra identità.  
Mi sono chiesta quale forma visuale questi reticoli (o sistemi di coordinate) potevano assumere riempendoli con i miei dati e in quale punto o momento l‘indomabile e il caotico – ovvero la mia disattenzione, l´errore o forse anche la voglia di evadere – potessero interferire con il sistema che io stessa mi sono posta.  

Se permetti, rivolgo a te una controdomanda: per te a che cosa somigliano ?

Trovo immediata la somiglianza agli istogrammi che si usano per rappresentare graficamente in maniera ordinata le quantità. Indipendentemente dai dati che le “barrette” rappresentano – si parli di morti o nascite, perdite economiche o  arricchimenti – questi “disegnini a sfondo numerico” appaiono sempre come spensierati elementi decorativi . Nei tuoi disegni però, grazie al tratto non regolare, alla sua liquidità e al colore che potrebbe sembrare di provenienza organica, questi istogrammi sembrano palpitare, come se – indipendentemente dai dati che rappresentano – riguardassero questioni importanti, che toccano la vita di chi li ha disegnati e di chi li osserva.

004_Claudia-Barcheri_Zeichnungen_Fotos©Leonie-Felle-1068x1600

Che importanza hanno l’imitazione del reale e la finzione nelle tue opere?

Il reale é l‘ancora, il punto di partenza. Attraverso l´imitazione del reale ne realizzo una copia che però sottopongo ad un leggero spostamento o una manipolazione. Sostituendo il materiale, per esempio, creo un doppio che diventa elemento di un universo proprio, che suscita irritazione, perde la sua funzione e sviluppa una vita e un senso proprio.
Attraverso l’imitazione creo un momento di camuffamento che si infiltra nel reale e vice versa.  

Mi colpisce l’aspetto materico del tuo lavoro e per questo motivo l’ultima domanda riguarda i sensi o meglio, un loro “uso improprio”, sinestetico. Cosa vorresti assaggiare, annusare, toccare, ascoltare e vedere?

Non mi viene in mente un’esperienza sinestetica vera e propria… Quando mi trovo di fronte ad un paesaggio spesso mi colpisce l´idea del tempo che é in un certo modo “racchiuso” in esso, cioè il tempo di trasformazione o metamorfosi che il paesaggio ha vissuto e impiegato per formarsi in ciò che appare ora davanti ai miei occhi. Sentire o relazionare il mio tempo-corpo con il tempo-natura o tempo-paesaggio é un concetto che mi affascina. Forse mi piacerebbe essere roccia e paesaggio per vivere la loro lentezza o il loro tempo.

Foto: ©Leonie Felle

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