Music

May 29, 2017

In riva al Passirio, faccia a faccia
con Fabrizio Bosso

Mauro Sperandio

A chiusura della quarantaquattresima stagione concertistica dell’Associazione Musicale Meranese, il trombettista Fabrizio Bosso e il fisarmonicista Luciano Biondini si esibiranno (29.5 H 20.30) sul palcoscenico del Teatro Puccini. L’occasione è buona per incontrare Bosso, stimato musicista, apprezzato ben oltre confine.

La musica ascoltata in casa Bosso era di vario genere, ti sei diplomato a quindici anni al Conservatorio di Torino e puoi vantare collaborazioni con numerosi musicisti di diversi generi musicali. La definizione di jazzista non è forse un po’ riduttiva?

Frequentavo il conservatorio e parallelamente ascoltavo musica jazz. Al termine degli studi, dopo qualche esperienza in orchestra e con formazioni d’ottoni, ho scelto di dedicarmi a questo tipo di musica perché la sentivo più mia. Sarebbe bello, effettivamente, poter fare a meno di queste catalogazioni per genere musicale, usando solo la parola “musicista”. Credo che le uniche distinzioni siano quelle tra musica di qualità e musica scadente.

Fabrizio Bosso Luciano Biondini
 
Come nasce la collaborazione con il fisarmonicista Luciano Biondini?

È stata un po’ una sfida, perché non esistono altri esempi di duo tromba e fisarmonica. La nostra collaborazione è nata un po’ per caso, quando ci siamo trovati entrambi a Bolzano per suonare con Cristina Donà e Rita Marcotulli. Ci chiesero se prima del concerto fossimo stati disponibili a tenere un paio di concerti in rifugi di montagna e noi accettammo, preparando le esibizioni in camerino prima delle prove per il concerto di Bolzano. L’esperimento riuscì e la collaborazione è diventata stabile. Luciano è un musicista straordinario, dotato di una solidità incredibile, con una visione musicale molto simile alla mia. Lui mi ha fatto scoprire come la fisarmonica sia – oltre che armonicamente completa, come un pianoforte -  uno strumento molto percussivo, grazie alla presenza del mantice e agli impulsi ritmici che produce espandendosi e contraendosi. Ci divertiamo molto a suonare assieme e suoniamo qualsiasi cosa ci ispiri, dai brani originali agli standard, dalle colonne sonore dei film alle canzoni italiane. Ascoltiamo entrambi di tutto e non ci poniamo limiti alla musica da suonare.

Come descriveresti in modo astratto il concerto di questa sera?

Direi che è simile ad un racconto che prende forma a seconda dell’umore del momento. C’è una manciata di brani da cui partiamo, ma l’intesa che si crea tra noi e con il pubblico che ci fa scegliere come indirizzare il concerto. Uno dei vantaggi di suonare in duo è che ci sono solo due teste da mettere d’accordo e fare scelte estemporanee.

Fabrizio Bosso_PH_Andrea_Boccalini03

Quali sono i confini che in una collaborazione musicale non si devono valicare?

Dipende molto dal rapporto che hai con i musicisti con cui ti trovi a suonare. Come in un dialogo, anche nella musica ci si apre meno con chi si conosce meno. La fiducia, la stima e un vissuto comune sono fattori che aiutano il suonare assieme. Dopo aver passato una giornata assieme ai musicisti che sono con te in tournée, salire sul palco significa proseguire suonando ciò che ti sei detto fino a quel momento.

Cosa cerchi nei musicisti con cui collabori?

Una connessione continua e la capacità di essere mentalmente presente durante tutto il brano, anche quando non si sta suonando, per non perdere il filo del discorso. Quando sono il leader delle formazioni in cui suono chiedo la totale collaborazione dei musicisti che suonano con me, dando loro molto spazio. Non penso che il mio ruolo di leader si concretizzi nel fare assoli più lunghi o nel primeggiare, ma nello sfruttare al massimo le capacità di chi ho chiamato a suonare con me. Riferendomi al quartetto, mi piace dire che il mio obiettivo è di arrivare in quattro al traguardo.

Fabrizio Bosso 2015 (Ph Roberto Cifarelli)

Che rapporto hai con quei brani ormai diventati classici della musica jazz?

Per me è fondamentale continuare a suonare quella musica, perché parte tutto da lì. Si può scrivere musica originale finché si vuole e suonare di tutto, ma ogni tanto c’è bisogno di tornare a quelle melodie con cui siamo cresciuti. Nei miei concerti non mancano mai un paio di standard e non manco di chiedere se è possibile suonarne anche quando mi trovo ad essere ospite. Avrò suonato “Body and soul” duemila volte, ma ogni volta provo emozioni nuove e diverse.

Qual è, invece, la musica che ti auguri di suonare in futuro?

Chi lo può sapere! Mi piacerebbe proseguire con il quartetto, che sta esplorando strade diverse rispetto a quelle dell’ultimo disco. Mi piacerebbe utilizzare un po’ di elettronica e degli effetti per la tromba, magari in una formazione più grande. Attento però, tra una settimana potrei anche cambiare idea…

Foto: Antonella Aresta; Giovanna Onofrio; Andrea Boccalini; Roberto Cifarelli.

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