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April 24, 2017

Il catalogo della Fondazione Socin, pagine di storia con forma e colore

Mauro Sperandio

La pubblicazione del catalogo “Tullia Socin, Enrico Carmassi. Opere della Fondazione Socin”, curato da Anna Zinelli e Giovanna Tamassia ed edito da Skira  è un’ottima occasione per scoprire l’opera, rispettivamente pittorica e scultorea, di questo sodalizo umano ed artistico, ma non solo. I numerosi saggi storico-critici che accompagnano il volume trattano della vita e dell’arte, rendendo in maniera vivida il contesto in cui esse si sono svolte e realizzate, aggiungendo tasselli al racconto del Secolo Breve.

A Roberto Mangogna, presidente della Fondazione Socin, chiediamo di parlarci di queste due figure.

A dare una personalità a quegli enti particolari che sono le fondazioni provvede lo spirito del fondatore o dell’eponimo. Partiamo proprio dalle figure di Socin e Carmassi.

La fondazione Socin non nasce da un’idea di Tullia Socin ed Enrico Carmassi, ma per volontà testamentaria di Maria Pia Socin, nota a Bolzano e Merano per il suo impegno politico e culturale. Maria Pia, sorella di Tullia e cognata di Enrico, ricevette dai due in eredità una sterminata raccolta di sculture, quadri, disegni e libri. Per preservare questa collezione, ella scelse di promuovere la costituzione di una fondazione che dopo la sua morte si occupasse di gestire il patrimonio artistico ereditato.

Per quanto riguarda i due artisti, ho avuto modo di conoscere Tullia, mentre per motivi anagrafici non mi è stato possibile conoscere Carmassi. I miei ricordi di lei sono legati al palazzo di via Cassa di Risparmio, dove i coniugi abitavano e dove mi capitò di entrare accompagnando mio padre, che era suo medico. Alla morte del marito, a metà degli anni Settanta, Tullia cominciò a vivere quasi come una reclusa in casa propria, dedicandosi con grandissimo impegno all’informale e all’astrattismo, rifiutando di partecipare alla vita culturale della città e “condannandosi”, in questo modo, all’oblio.

 ©Fondazione Socin

La frequentazione con le testimonianze documentali che riguardano Enrico Carmassi che opinione di lui le ha permesso di farsi?

L’idea che mi sono fatto di Enrico Carmassi è legata ad un’immagine di uomo innamorato della moglie e del lavoro della moglie. Si pensi che, da un certo momento in poi, Carmassi ridusse la sua produzione artistica per mettersi a disposizione di Tullia, adoprandosi affinchè le sue opere venissero conosciute e apprezzate. Un uomo dolcissimo e innamorato, senza dubbio, che si sacrificò pur avendo un talento sicuramente pari a quello della moglie.

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Da quanto mi dice e da quanto appreso, non posso che figurarmi una donna forte e protagonista…

Sicuramente. Possiamo dire che all’interno della famiglia Socin vigesse una sorta di matriarcato, che vedeva predominare la figura di Tullia sui fratelli e anche sul marito.

Oltre alle opere dei due artisti, la raccolta della fondazione comprende una grande quantità di documenti  e testimonianze. Qual è il valore, oltre a quello biografico, di questo patrimonio?

Credo che il valore sia enorme proprio in relazione alla storia della città di Bolzano, perchè la documentazione raccolta ripercorre un arco di tempo che va dagli anni Venti, attraversa il fascismo e giunge quasi fino ai giorni nostri. Proprio riguardo al fascismo, dalle opere e dalle testimonianze di cui disponiamo è possibile conoscere come Tullia, dopo un’iniziale fascinazione nei confronti di questa ideologia, l’abbia ripudiata. Al termine della guerra, con energiche pennellate, i simboli fascisti presenti in alcuni suoi quadri sono stati cancellati.
L’archivio della fondazione ci permette di conoscere anche la storia imprenditoriale della famiglia Socin, commercianti e costruttori di fisarmoniche, scoprendone i grandi successi e i fallimenti.

©Fondazione Socin

La storia di Tullia Socin appartiene ad un capitolo importante della storia di Bolzano. Crede che in questa realtà culturale bella, patinata, ma imprenditorialmente interessata al contemporaneo, ci sia spazio per figure artistiche di un’epoca passata?

Le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare per dare visibilità a Tullia Socin ed Enrico Carmassi erano legate al fatto che si trattava di due artisti dimenticati per loro stessa scelta. Tuttavia, ogni volta che ho proposto la loro opera non ho incontrato difficoltà, tanto in ambiente accademico che museale, ricevendo risposte sempre rapide e favorevoli. Sono contento di poter dire che l’interesse per la collezione ha valicato con facilità i confini della provincia, come nel caso della professoressa Elena Pontiggia dell’Accademia di Brera, che si è dichiarata entusiasta delle opere di Tullia Socin, artista prima a lei ignota. Quando ho presentato il progetto del catalogo ai migliori editori italiani, Skira ha subito dato la propria disponibilità non solo come stampatore, ma come editore.

Dopo che le opere di Socin e Carmassi sono state sottratte all’oblio dal lavoro della fondazione cosa progettate per conservarle visibili e fruibili?

Dopo la pubblicazione del catalogo, che intendiamo presentare anche in altre città e sedi prestigiose, abbiamo in cantiere varie iniziative che non si limitano alle figure di Socin e Carmassi. Tra queste, posso citare il progetto di collaborazione con l’editore Skira per la creazione di pubblicazioni riguardanti altri protagonisti dell’arte moderna e contemporanea.

Foto: © Fanni Fazekas – Fondazione Socin

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