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April 7, 2017

Fedra: Passione e morte – i veri limiti della nostra esistenza

Lucia Munaro

E se il dio nella Fedra tratta da Seneca, in scena in questi giorni fino a domenica sul palco del teatro Comunale di Bolzano, fosse il regista? Nell’allestimento di Andrea De Rosa, un’afrodite dai panni rossi di una rock star, con microfoni che ne amplificano la voce recitante, si inserisce fin dall’inizio nella scena e pare decidere l’evolversi della tragedia che si delinea lì a fianco. La sua arma è la follia, con cui colpisce le vittime prescelte, rende gli uomini pazzi d’amore e le loro azioni dominate dalla passione. Salvo poi, nel finale, rinnegare il proprio ruolo divino e dissolversi nell’inconsistenza di una fata morgana in velluto rosso inventata da noi, a nostro discapito forse, ributtando con la sua risata le figure sul palco e, insieme, noi spettatori alle nostre responsabilità umane. E in questo il regista si rivela argutamente fedele al testo di Seneca in cui, a differenza di Euripide, non compaiono mai divinità a manovrare il destino degli uomini.

Passione e morte sono i veri limiti della nostra esistenza. La ragione non può dominare la natura, può solo permettere di piangere nella figura di Teseo, unico superstite del dramma, le nostre folli azioni e la solitudine a cui esse ci condannano. Al centro della scena, scarna ed essenziale, un cubo con pareti trasparenti, come un quadro tridimensionale a rappresentare la città di Atene, dove valgono le leggi e la civiltà della ragione e dove si strugge Fedra dominata dalla passione per il figliastro Ippolito. Le mura squadrate non danno sicurezza e non salvano né il giovane, che sfugge alla matrigna preferendo alla città i boschi e la natura selvaggia, né la stessa regina, che vi si sente imprigionata. La stessa, anzi, vi attirerà l’amato che l’ha respinta, consegnandolo alla truce e ingiusta vendetta del padre Teseo, prima di togliersi la vita. Le mura non proteggono gli umani dall’Ade, dal regno dell’ombra che li attende lì fuori. Ma è il vivere a volte la condanna peggiore, quella che subisce Teseo, costretto a dare sepoltura al figlio innocente ucciso dalla sua vendetta.

Eppure, non ci resta altro che il vivere. Orfani degli dei, il peso del nostro agire ricade su di noi. Unica consolazione resta il racconto, perfettamente (o divinamente?) riuscito, tranne forse per qualche tuono di troppo nella tempesta scatenata dalle passioni, in questo allestimento firmato da De Rosa, studiato con cura e interpretato con la giusta voce da Laura Marinoni (Fedra),  Luca Lazzareschi (Teseo), Anna Coppola (Afrodite), Fabrizio Falco (Ippolito) e Tamara Balducci (una giovane ragazza).

Foto: Teatro Stabile di Bolzano

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