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March 3, 2017
Minetti: allo Stabile di Bolzano, tra vita e palcoscenico
Mauro Sperandio
Solitamente, con l’espressione “metateatro” si intende il gioco d’autore per il quale chi si trova sul palcoscenico rappresenta, a sua volta, qualcuno che sta egli stesso interpretando un testo teatrale. Da Plauto a Pirandello, l’espediente ha sempre avuto un certo impatto sul pubblico, per la sorpresa che il meccanismo suscita ed anche per la possibilità di sfondare la quarta parete, avvicinando, ed anche confondendo, attori e pubblico.
Non è questo il caso di “Minetti”, ma credo che il termine “metateatro” (oppure teatro-multistrato?) possa essere adeguato a rappresentare l’incontro tra chi il testo ha scritto, l’attore a cui è dedicato-ispirato e chi lo porta oggi – e fino al 5 marzo – al Teatro Stabile di Bolzano.
Partiamo dall’autore, l’austriaco Thomas Bernhard, figura illustrissima tra gli uomini di lettere dello scorso secolo, critico appassionato nei confronti della società austriaca del suo tempo e “chirurgo” delle miserie e della pochezza umane che non conoscono circostanza storica.
Passiamo per l’eponimo Minetti, il tedesco Bernhard (questa volta nome) gigante del palcoscenico, tra i più celebrati del ’900. Attore feticcio di Thomas Bernhard, il settantenne Minetti si vide intepretante/interpretato – in analogia a significante/significato – di questo testo che, tra comico e tragico, offre una rete articolata di intersezioni: il racconto della vita d’uomo si confonde con il mestiere dell’attore, mutuandone la mistificazione e teatralizzandosi. La finzione del teatro, che rappresenta il mondo, si trova ad essere protagonista di una riflessione sulla sua utilità e sul suo ruolo concreto nel dipanare le vicende umane.
Giungiamo a, ma potremmo anche partire o ripartire da, Eros Pagni, attore di talento riconosciutissimo, inteprete dal curriculum infinito, volto in grado di trasformarsi in tutti i Minetti che il testo richiede.
Di Pagni, scusatemi l’operazione di riciclaggio, vi riporto quanto mi disse in occasione del Tartufo di Molière che portò allo Stabile nel 2015. Leggete o rileggete queste righe dopo aver visto Minetti che, per inciso, ha come sottotitolo “Ritratto di un artista da vecchio”:
Lei ha superato i 50 anni di carriera e si avvicina ai 60, come guarda al passato e quali progetti ha per il futuro?
Viviamo un momento difficile e confuso, non guardo mai indietro per attitudine, ma se devo tracciare un bilancio non posso che rimanere soddisfatto di come mi sono comportato e di quello che ho realizzato. Il futuro lo vedo abbastanza nuvoloso, ci sono tanti sogni non realizzati che non potrò realizzare data l’età.
C’è qualche collaborazione che le piacerebbe realizzare?
Purtroppo il cinema non c’è quasi più, della televisione non ne parliamo, non la guardo mai. Non saprei quali altre strade percorrere, mi spiace apparire pessimista, ma è nella mia natura. Sono un uomo con i piedi per terra e non sono capace di illudermi.
Chiamiamo questo Minetti, dunque, metateatro, in analogia con la parola “metafisica” nella sua accezione originaria: τὰ μετὰ το Θέατρον, come τὰ μετὰ τὰ ϕυσικά. Ovvero le cose, gli argomenti, che stanno dopo il teatro, fino a trascenderlo e… giungere alla vita.
Foto: Bepi Caroli
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