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January 27, 2017

“Bye bye, for now”:
l’arrivederci della 00A Gallery

Mauro Sperandio
Sabato 28 gennaio dalle 14 in poi e domenica 29 dalle 14 alle 19, la 00A Gallery ospita "Bye bye, for now", collettiva che vede coinvolti sette nomi di pregio della fotografia altoatesina.

Dopo sette mostre, grandi apprezzamenti e un ragguardevole numero di visitatori, la 00A Gallery termina la propria attività. Una mostra collettiva intitolata “Bye bye, for now” ed una festa celebrano il felice esito di questa esperienza, che è nata con l’intento di risvegliare e creare un’esigenza d’arte, dando uno stimolo che (ri)vivacizzi la scena meranese. Ad esporre ritroveremo i sette fotografi che si sono avvicendati negli otto mesi di attività della galleria.
Interpretando il titolo della mostra e considerando il “for now” come una speranza di rivedere attiva la 00A Gallery o un suo succedaneo, ho chiesto ai sette artisti e alla curatrice di questo spazio di raccontarmi non una fotografia già scattata, ma un alea fotografico privo di certezze, che racconti e prolunghi all’inifinito l’attività creativa dell’artista.

Grato ai 7+1 di essersi prestati al gioco, qui di seguito, con le loro parole, vi presento le loro non-opere:

MSp: Ricordi la facciata di quell’edificio che mai hai fotografato e mai hai visto?

Ulrich Egger: Non ricordo facciate, sto ancora cercando.

MSp: Nell’angolo più buio e sporco di quella casa ormai abbandonata, qualcuno ha dimenticato una piccola scatola. Cosa appare a te che la apri?

Werner Gasser: Un oggetto, che non é mai semplicemente un oggetto, ma rappresenta qualcos’altro. Nel caso di Villa Freischütz si trattato spesso di un framento della storia familiare.

merano 00aa

MSp: Prima che ridipingano le pareti di quel salotto, prima che ogni traccia di chi lo ha abitato svanisca, potrai scattare una sola fotografia. Cosa racconterà quell’immagine?

Elisabeth Hölzl: Racconterà quello che le mie immagini raccontano sempre: mi muovo nel presente e ciò che si stabilisce tra me e l’oggetto fotografato avviene li, in quel momento. È chiaro che c’è una particolare condizione che accomuna gli spazi che mi interessano, e questa condizione ha a che fare con una sospensione tra passato e presente, una sorta di punto di equilibrio precario. Ma al di là delle tracce provenienti dal passato, che piú o meno presto spariranno, quello che mi muove nell’atto del fotografare è un fulmineo presente, che non si cura di quello che avverrà.

MSp: I mezzi tecnologici permettono ad un non-vedente di leggere le tue interviste, ma non di vedere le tue immagini. Se le fotografie avessero tre dimensioni, che sensazioni trasmetterebbero le montagne a chi le tocca?

Andrea Salvà: Non so dire esattamente che esperienze si proverebbero ma penso ad una sensazione simile alla serenità.

00aa

MSp: Sembra un tritacarne, ma è una sorta di macchina fotografica. Gli oggetti che ci infili dentro comporrano una fotografia, fatta di colori, spigoli e rotondità, profumi, consistenze, temperature e suoni. Cosa infilerai, Simon, in questa macchina?

Simon Perathoner: Questa curiosa macchina la aprirei per capirne e vederne il funzionamento. Poi la ricomporrei e la riprogrammerei. Ci infilerei dell’inchiostro nero, un pò di magenta e di verde, forse un blu ciano e un giallo, della carta fotografica, un libro di Marshall Mcluhan e uno di Vilém Flusser. Dopodiché ci metterei un pò di terra, qualche filo d’erba, sassi, la corteccia di un albero, il profumo del bosco dopo la pioggia. Infine ci metterei il discorso di qualche politico. Riscalderei però prima il tutto in una grande pentola per mescolare bene tutti gli ingredienti fino ad esser soddisfatto del risultato. Forse aggiungerei anche pò di nastro di cassette e VHS ed un Raspberry Pi.

MSp: <<La tua casa sarà più grande e lussuosa, ma guarda da quella finestra: vuoi mettere il paesaggio?>> E tu, Nicola, che paesaggio vuoi mettere fuori dalla finestra di casa tua?

Nicola Morandini: Voglio mettere un paesaggio sempre diverso, a casaccio, per scoprire cosa di bello e di straordinario mi regala la casualità del momento. Nel frattempo, mi accontento di vedere ogni giorno lo stesso paesaggio, ma cerco di farlo con occhi sempre diversi.

00AA Meran foto

MSp: Credevi che la carta fotografica – tutta, ovunque, pure la tua – fosse finita e non più reperibile. Ma questo piccolo pezzo che tenevo a casa lo voglio regalare a te. Cosa fotograferai?

Christian Martinelli: Se il mio progetto con questa carta fosse già finito, ma ne ricevessi inaspettatatamente ancora un piccolo pezzo cosa fotograferei? Nulla, non fotograferei proprio nulla. Se finisce il “supporto” sensibile allora finisce il mezzo su cui imprimere/esprimere un sentimento, un concetto. Penso valga per qualsiasi progetto, ed anche per quelli fotografici. Messa la parola fine credo non sia opportuno tornare indietro. Perciò terrei quel pezzo di carta come “ricordo” di una bella storia finita! Un solo rammarico: forse sarebbe stata  la mia “miglior” foto…

MSp: Sette fotografi raccontano sette foto che non esistono. Ma tu, se potessi, “sette foto di che cosa” vorresti che loro portassero ad una collettiva?

Camilla Martinelli: Il loro modo di intendere la fotografia è talmente diverso che sarebbe ingiusto alludere ad un soggetto particolare. Chi se ne importa anche della mia facoltà di giudizio e di ciò che mi fa emozionare. Vorrei che portassero il primo scatto con il quale hanno sentito che da quel momento in poi si sarebbero occupati di fotografia, un’opera giovanile, ingenua, ancora tutta da decostruire.

Foto: 00A Gallery

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