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September 15, 2016
Siegfried Höllrigl, stampatore in Merano
Mauro Sperandio
Descrivere con un solo aggettivo il maestro stampatore Siegfried Höllrigl – volendo correre il rischio della semplificazione – non è impresa ardua: serio. Ma si badi bene a non considerare la sua serietà una mancanza di empatia ed ironia, bensì una disposizione dell’animo, un’attitudine che plasma la professionalità e informa la condotta. La sua Offizin S., a Merano, è laboratorio di stampa e studio di editore, saltuariamente galleria d’arte e, per un “ospite” importante, anche bottega di restauro.
Denso, l’aggettivo giusto per descrivere questo luogo di operosità, è il colore dell’inchiostro che attende di essere usato e l’odore che ne promana.
Carichi sono gli scaffali e le cassettiere che ospitano appunti manoscritti e lettere dattiloscritte, libri e, soprattutto, stampe.
Tangibile è la forza di lettere e grafiche stampate su carte pregiate, perché ogni foglio è figlio che nasce da gesti consapevoli, sapienti e muscolari.
Come nasce il suo interesse per la stampa e la sua attività di stampatore?
Sono sempre stato un appassionato lettore, e questa è una delle premesse per chi si dedica alla stampa di letteratura. La coincidenza, il caso puro, mi hanno portato a svolgere l’apprendistato nella sala dei compositori a mano della Tipografia Pötzelberger, a Merano (1959-1963). Indossavo all’epoca un grembiule nero.
Chi sono i suoi clienti?
Curiosi e sensitivi, che immaginano qualche cosa di speciale dietro le finestre, magari si ingolosiscono e acquistano una grafica o un’edizione di poesia, oppure un foglio solo.
Alcuni, poi, fanno ritorno negli anni successivi. TAK TAK – TOK TOK, l’incipit di una poesia dedicatami da due clienti dell’Estremo Oriente, descrive felicemente come il ticchettio della mia macchina da scrivere incuriosisca, invogliando a bussare alla mia porta. Vendite di un certo rilievo interessano anche le principali biblioteche di Innsbruck (Ferdinandeum e Biblioteca Universitaria, come anche il Brenner Archiv) e di Bolzano (Landesbibliotek Friedrich Tessmann). La Biblioteca Civica di Merano ha commissionato la stampa degli inviti e del diploma per il conferimento della cittadinanza onoraria a Joseph Zoderer. Avendo questo lavoro riscontrato l’apprezzamento delle autorità, nel 2016 mi è stato da queste ultime affidato un lavoro analogo per la consegna della stessa onorificenza a Franco D’Andrea.
Le macchine e le tecniche di stampa da lei impiegate sono sostanzialmente le stesse da più di cinquecento anni, come anche simili sono i tempi di lavoro. Senza voler creare una “metafisica della stampa”, le chiedo se, nel suo essere stampatore, si sente legato ai suoi predecessori di altre epoche.
Relitti dell’era di Gutenberg presenti nella mia officina sono il torchio ligneo e i caratteri di piombo. Il torchio è una replica del torchio storico di Bressanone, che fu restaurato qui nel mio laboratorio dal 1993 al 2000. Al termine dei lavori, la macchina fu consegnata ai proprietari con una relazione dettagliata degli interventi effettuati dal gruppo di lavoro coinvolto nel restauro. Il torchio a inchiostrazione tramite tamponi rivestiti di cuoio è stato fino all’inizio del ’800 l’unico mezzo a disposizione per la stampa di libri, note, etc.: l’oggetto simbolo degli stampatori, il loro orgoglio. Il carattere mobile realizzato per mezzo della fusione di una lega di metalli – piombo, antimonio e stagno – veniva usato fino agli anni ’80 del ’900, dunque fino ad un passato recente. Proprio guardando alcuni caratteri mobili in un cassetto, nel 1985, mi sono convinto di volermi dedicare all’avventura della private press. In questi anni il mio impegno è andato anche oltre l’attività di stampatore, essendomi io impegnato in edizioni da me curate e realizzate.
La composizione dei caratteri la porta ad una conoscenza dei testi che è difficile non dire letterale (proprio lettera per lettera). Cosa le svela questo particolarissimo punto di vista?
La dignità della parola, il suo peso, per non dire la verità del suo contenuto intrinseco. Lettere e parole hanno e derivano rispettivamente la loro forma e il loro significato da entità concrete, riconquistano con il carattere di piombo la fisicità che avevano perso nell’astrazione.
A differenza del distacco imposto della stampa contemporanea, il suo lavoro le permette un contatto diretto con i testi e, trattandosi di libri d’arte, ad un contributo fattivo nella creazione dell’opera. Come vive il rapporto con scrittori e artisti?
Il rapporto con scrittori e pittori è bellissimo. Mi provoca dispiacere rendermi conto di come lo scrittore, il più delle volte, viene privato della sensazione di potersi riconoscere nell’opera che aveva pensato, progettato e finito con pazienza e diligenza. Proprio gli scrittori, che vivono della parola, generalmente non vengono più ripagati di un autentico manufatto. Poter rivalutare l’avventura degli scrittori attraverso la mia stessa opera, mi soddisfa. In egual modo è gratificante dare una mano agli artisti, specialmente se sono presenti durante l’atto della stampa, nella ricerca di un risultato perfetto.
Immagino che ogni tipo di carattere adempia ad una differente funzione. Le chiedo se a riguardo ha qualche personale preferenza e se la può motivare, raccontando ai nostri lettori quanto di bello trovi in questo tipo.
Nel 1993 ho ordinato il primo corpo con il corsivo del carattere Schneider Medieval per un lavoro affidatomi da Werner Menapace; nel passare degli anni ho completato il più possibile l’assortimento attraverso le diverse grandezze (corpo). La fonderia di Barcellona da cui mi rifornivo ha purtroppo chiuso i battenti, non permettendomi più di soddisfare ulteriori esigenze. Un altro carattere per me importante è il Poliphilus, facsimilato in Inghilterra, ma di origine veneziana: fu utilizzato per la prima volta nel 1499 da Aldo Manuzio. Con questo carattere sono state composte e stampate da me ventitré edizioni di lirica. L’Erbar, di Jakob Erbar, che risale agli anni ’20 del ’900, è disponibile in versione chiaro, neretto e nero, e viene impiegato soprattutto per la stampa di manifesti.
Il suo lavoro è spesso considerato un prezioso retaggio del passato; oltre la necessità di conservare un sapere antico, in cosa crede consista l’attualità della sua opera?
Consiste nell’essermi imposto in un mondo che cambia nelle tecniche di comunicazione di giorno in giorno, attraverso i trent’anni di attività nella città di Merano. Non ho mai chiesto sovvenzioni culturali, né al Comune, né alla Provincia. Questo per orgoglio personale, ma anche perché, grazie a questa astensione, mi sento più libero, specialmente quando nasce in me la volontà di sollevare mancanze in campo sociale, attraverso critiche stampate in formato manifesto e intitolate SPIEGELUNGEN, o solamente scritte in forma di lettere. Ricerco continuamente la qualità, sia nell’impostazione, che nella stampa. Questa mia intenzione e l’atmosfera del mio laboratorio sono state notate da diverse persone che, a loro volta, cercano di intraprendere una strada indirizzata alla creatività, o addirittura all’arte. Dal 2014, due mostre d’arte all’anno si aggiungono alle attività della stamperia.
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