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September 14, 2016

I pittori della luce e Robert Morris al Mart di Rovereto: due mostre, due visioni della realtà

Francesca Fattinger

Voglia di immergervi nell’arte e fare una gita a Rovereto? Due sono le mostre ospitate in questo periodo al Mart: “I pittori della luce: dal Divisionismo al Futurismo”, aperta fino al 9 ottobre 2016, e “Robert Morris: films and videos”, visitabile invece fino al 6 novembre. Oltre alla consueta collezione, che permette al visitatore di ripercorrere l’evoluzione delle opere d’arte moderna e contemporanea conservate in questo museo, ci si può immergere in due modi di fare arte lontani nel tempo, nello stile e nelle intenzioni estetiche. Cosa può legare due mondi così diversi? In primo luogo la sede in cui sono esposti, che fa da cornice a entrambe le esposizioni e che si caratterizza ancora una volta per la consueta poliedricità, e in secondo luogo la voglia di esprimere in epoche diverse e con mezzi diversi le proprie emozioni e la propria visione della realtà e del proprio ruolo di artisti.

Gino Severini, Le marchand d'oublies, 1909, Collezione PrivataLa prima mostra è dedicata all’evoluzione della pittura dalla tecnica divisionista fino al movimento futurista e ci conduce alla comprensione dei momenti chiave di questa stagione artistica.

Uno dei quadri che si possono ammirare tra le sale della mostra è “Alba” di Angelo Morbelli, opera presentata alla Triennale di Milano del 1891, in cui spicca nell’angolo destro del quadro un effetto luministico che ci mostra la luce dell’alba tra le foglie dell’albero che si erge al di sopra dei personaggi ritratti. Quest’opera, pur se messa in un angolino della seconda sala, volendo dare spazio alla “Madonna dei Gigli” di Gaetano Previati che si ricollega al tema della maternità che aveva caratterizzato le opere che fecero scalpore a quella stessa Triennale, sembra mostrarci la potenza che lo stile divisionista ha potuto avere, in termini di manifestazione della luce in pittura. Con piccoli tocchi del pennello il pittore riesce a rendere visibile l’incanto della luce, una luce che all’alba sembra ancora più magica e che da sempre ci fa sognare, anche se può coincidere con l’inizio del lavoro giornaliero.

Angelo Morbelli, La sedia vuotaAngelo Morbelli pare predominare in questa mostra, in cui spiccano molti dei suoi quadri: dai paesaggi si passa allo sguardo sognante di una donna affacciata da un traghetto sul lago Maggiore fino ai momenti meditativi dedicati agli anziani del Pio Trivulzio. Ci sono ben tre esempi di questo suo interessante ciclo pittorico: il pittore, infatti, si era trasferito in questo “ospizio” per anziani e li aveva dipinti in tutta la loro malinconia e solitudine, come si vede ne “Il natale dei Rimasti” o ne “La sedia vuota”, ma anche nella loro ironia e nella loro curiosità come in “Vecchine Curiose”. Questo è solo uno dei nomi degli artisti le cui opere si possono ammirare tra le sale della mostra: dai più classici e famosi come Giovanni Segantini, Gaetano Previati o Pellizza da Volpedo fino a Emilio Longoni o Vittore Grubicy de Dragon, importante loro sostenitore ma anche lui stesso pittore di grande fattura. Lo stile divisionista accomuna questi pittori che trovano nella rivoluzione visiva e scientifica della stesura del colore scomposto in piccoli tratti, più o meno puntinati (Morbelli) o filamentosi (Previati), un elemento saldo della loro pittura. I temi però sono tra i più vari; se lo stile li avvicina spesso i contenuti li allontana, pur focalizzandosi tutti su un certo filone estetico.  Si passa dall’amore, tipico anche dell’Impressionismo, per i soggetti en plein air, per la neve come per le superfici riflettenti dell’acqua, a contenuti prettamente sociali, in cui in un’Italia da poco unita si cerca un’identità nazionale e si cerca di far valere i diritti di chi sembrava non averne, ritraendo questi soggetti con occhio obiettivo e partecipe. Inoltre alcuni pittori, come Gaetano Previati e Plinio Nomellini, si dedicano a temi profondamente lirici e ideali, collegati alla corrente più internazionale del Simbolismo, e sfociano in quadri dal cromatismo anti-naturalista e sognante.

Umberto Boccioni, Nudo di spalle (Controluce), 1909, MartLo stile divisionista viene in seguito adottato anche dai pittori futuristi, dando vita a quadri come “Nudo di spalle (Contro luce)” di Umberto Boccioni, “Profumo” di Luigi Russolo, “La marchand d’oublies” di Gino Severini, più tradizionali, o “La mano del violinista” di Balla e “Costruzione spiralica” sempre di Umberto Boccioni, più innovativi ed espressione della poetica futurista come assoluta vocazione per la modernità e la velocità. Questo è il tema dell’ultima sala in mostra che vuole metter a confronto due generazioni artistiche che segnarono profondamente la pittura moderna nell’Italia di quel periodo. Questa mostra ci guida a ripercorrere le tappe dell’arte di quel periodo mettendone in evidenza cambiamenti di stile e di tematiche.

Salendo al piano di sopra ci si immerge in tutta un’altra atmosfera artistica: video e installazioni predominano la scena. Si passa, infatti, a Robert Morris e si fa un salto nella contemporaneità. Questo artista è stato punto di riferimento per molte correnti artistiche e in particolare per la Minimal Art e l’Arte Processuale. Un’opera particolarmente importante in questo senso è “Box with the sound of its own making” del 1961. Si tratta di un cubo in legno di noce che contiene al suo interno un registratore che riproduce i rumori delle varie fasi della sua realizzazione. In quest’opera d’arte minimale emerge l’importanza del processo più che dell’opera finale: la vera opera non è il cubo ma è il processo di fabbricazione che l’ha reso possibile.

Robert Morris, Lille Mirrors, 2012Per questo motivo quest’opera, che può apparire come un semplice cubo, diviene un mezzo per ampliare il tempo; ascoltando il suono che si cela al suo interno, ci rendiamo testimoni della sua realizzazione, quantificata in circa tre ore e mezza di lavoro. Oltre a quest’opera e altre come “Labyrinth” o “Lille Mirrors” che trasformano lo spazio espositivo, sono esposti varie opere filmiche, poiché, a partire dagli anni Sessanta, Robert Morris ha utilizzato il mezzo video per indagare ancora più profondamente le possibilità di fare arte. Un’opera significativa in questo senso è “Neo Classic” del 1971, un video girato per una mostra alla Tate, come documentazione degli oggetti qui esposti, nel loro possibile rapporto con i visitatori.

Se nell’altra mostra è esposta l’arte da cavalletto più tradizionale, nell’esposizione di Robert Morris ci troviamo spiazzati ad assistere a elaborate riflessioni sul ruolo dell’arte, dell’artista e delle sue opere d’arte.

 

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