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August 31, 2016

L’arte di Frida Parmeggiani
negli scatti di Elisabeth Hölzl

Mauro Sperandio
Fino al 22 settembre, nelle sale meeting del Kurhaus di Merano, la fotografa Elisabeth Hölzl espone "absolute eye", spaccato fotografico dell'attività della costumista Frida Parmeggiani.

Quali meraviglie ci offrirebbe la farfalla se avesse consapevolezza e volontà di farsi riprendere, posando per il documentarista? Se ciò non è dato sapere, in modo analogo ma  con l’accondiscendenza di Madre Natura (Frida Parmeggiani), nel lavoro di Elisabeth Hölzl possiamo godere dello spettacolo offerto dall’uovo (l’idea) che diventa bruco (il progetto), che si fa crisalide (non finito) e diventa farfalla, spiegando nella sua magnificenza l’arte della costumista Frida Parmeggiani.

Frida – costumista – ed Elisabeth – fotografa – si incontrano. Come racconteresti il periodo in cui ha realizzato gli scatti che compongono “absolute eye”?

È stato un periodo di lavoro lungo due anni, che ha compreso momenti diversi tra osservazione, interazione, riflessione e pause… e si è svolto in spazi diversi, come la casa di Frida, i vari atelier di sartoria e il teatro. Frida Parmeggiani è stata per me  l’oggetto di un desiderio coronato accompagnandola per tutto questo tempo. Sono partita dal suo ambiente esistenziale e ho cercato di avvicinarmi a lei, che mi ha aperto la sua casa, i meravigliosi quaderni di schizzi pieni di petali e foglie secche, che sono il suo archivio di colori. La sua abitazione è spoglia di qualsiasi quadro, con pochi mobili e colori, riduzione e sensazione di ampio respiro.
A darmi la possibilità di uno sguardo pienamente coinvolto è stato un incontro sul piano personale avvenuto prima dell’inizio di questo lavoro.
Mi trovo a mio agio nel realizzare lavori di ampio orizzonte temporale, perchè mi concedono di raccogliere un archivio di immagini su cui posso riflettere e di ritornare sulle mie scelte fino a un risultato soddisfacente. Con questo metodo di lavoro si crea un racconto su diversi piani, nel quale si incontrano il soggetto, la mia persona e il tempo che passa. Questo permette alla percezione di cambiare e, di conseguenza, allo sguardo di trasformarsi, portando alla selezione delle immagini necessarie.

Frida Parmeggiani

Pur nella loro bellezza “assoluta”, i costumi trovano il loro fiorire quando, indossati, calcano la scena. Quali sono state le sfide di questo lavoro?

In questo caso, i costumi – che io chiamerei con le parole di Elfriede Jelinek “creazioni tessili” -  non erano mai stati pensati per una apparizione in scena. Essi sono stati creati senza drammaturgia esterna, nascono dalla necessità dell’artista e rispecchiano la sua vera, profonda sensibilità e poetica. Vedere gli schizzi di Frida e confrontarli con il risultato finale era sorprendente per me: non c’è cambiamento sostanziale, é un parto finito. Il costume ultimato sembra leggero, creato senza fatica. Inserirmi come fotografa in questo processo da spettatrice attiva, e restituire a mio modo questa chiarezza e leggerezza, è stata forse la sfida.

Frida Parmeggiani

Il tuo lavoro ha seguito le fasi dall’ideazione alla realizzazione. Quali aspetti hanno svelato i “dietro le quinte”?

Attraverso le fotografie ho seguito il filo nascosto tra ideazione e realizzazione cercando di restituirne il percorso. La persona di Frida, la sua casa e le sue creazioni sono una cosa sola, emanano tutte la stessa chiarezza ed essenzialità. Il disvelamento consiste semplicemente nel far emergere questa coerenza.

Elisabeth Hölzl©

Un costume non ancora finito è, forse, come una cantante o un attore non ancora completamente truccati e pettinati per lo spettacolo. Quali sentimenti mostrano questi protagonisti non ancora perfetti?

È la situazione che mi attrae di più: il prima, il dopo, il momento che non è fissato in una forma definitiva, che offre allo sguardo tante direzioni diverse… Parimenti, anche nell’opera d’arte finita, se di vera arte si tratta, non si propone mai un senso univoco, ma il lavoro sottende un mistero che non offre risposte, ma tutt’al più interroga.

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