Food

August 12, 2016

De gustibus Connection #49: Janett Platino, ristorante Onkel Taa, Tel-Parcines

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle... e oggi un viaggio tra presente e passato, storia e gastronomia. A guidarci in questo piacevolissimo esplorare la chef del Ristorante Onkel Taa, Janett Platino.

Mauro Sp: Qui, ai Bagni Egart, sorge un’osteria antica di quasi sei secoli, dalla vostra famiglia trasformato nel ristorante Onkel Taa. Il museo Reale ed imperiale custodisce una vastissima collezione di oggetti e opere relative alla famiglia degli Asburgo. Come vivi la passione per la cucina e l’interesse per la storia?

Janett Platino: Per farti un esempio, nel tempo libero leggo libri antichi oppure mi occupo del museo. Il più antico libro di cucina che possiedo è del 1685 e, quando lo leggo, mi perdo tra le pagine e il tempo vola. Mi affascina la storia, amo la cucina, ma vivo nel mio tempo, cercando di unire queste mie passioni.

M: Quali sono le principali differenze tra la cucina contemporanea e quella dell’epoca moderna?

J: La differenza principale risiede nell’uso più abbondante di grassi, tradizione, a dire il vero, che resiste ancora nei cuochi di una certa età. Molti ingredienti che sembrano stati scoperti ora, venivano già usati in epoca moderna, come nel caso dello zenzero, che sembra essere stato scoperto solo recentemente dalla cucina occidentale.

M: La tua ricerca è allo stesso tempo culinaria e filologica. In che modo proponi ai tuoi clienti le ricette della tradizione asburgica?

J: Ci sono due aspetti da considerare: uno riguarda la scelta degli ingredienti e l’altro la preparazione dei piatti. Come dicevo, oggi si usano meno grassi e si preferisce una cucina più digeribile, le ricette devono essere quindi “alleggerite” senza perdere gusto. Per quanto riguarda la preparazione, ti faccio un esempio: il  dolce preferito dall’imperatrice Sissi era il semifreddo alle violette. Grazie alle attrezzature di cucina di cui disponiamo oggi, possiamo proporre lo stesso dolce, ma più cremoso e raffinato, migliorando il prodotto.

M: A quale piatto della tua storia personale sei particolarmente affezionata?

J: Sono sempre stata molto legata a mia nonna e da lei ho imparato moltissimo. Due piatti che mi preparava spesso sono la Kaiserschmarrn e i canederli pressati con il formaggio grigio.

M: Sei legata alla storia della tua terra e alla sua tradizione culinaria, ma sei una chef che vive e lavora nel 2016. Cosa non apprezzi della cucina contemporanea?

J: Non mi interessa la cucina molecolare e la sua spettacolarizzazione. Credo si tratti di show, più che di cucina. Sicuramente anche l’occhio vuole la sua parte, ma per quello uso fiori ed erbe commestibili, appagando così senso estetico e gusto. Non uso polveri e polverine, la mia cucina è fatta di ingredienti sani e naturali e di preparazioni che diventano quasi dei rituali, perciò richiedono tempo. Fortunatamente, visto che la chef sono io, non ho nessuno che mi mette fretta.

M: Hai un grande orto di cui ti occupi personalmente, oltre al lavoro in cucina, prepari marmellate, sciroppi e composte, in più ti occupi anche del museo… che rapporto hai con il tempo?

J: Ho sempre moltissime cose da fare e pochissimo tempo per farle, per questo non conosco la parola “noia”. A volte mi piacerebbe avere più tempo libero, ma, quando ne ho un po’, non resto ferma a oziare.
Sono cresciuta in cucina, come poi ha fatto anche mia figlia, che aiuta me in cucina e mia madre in sala, e considero il ristorante come il salotto di casa. Nel mio appartamento vado solo per dormire, per questo curo il locale con lo stesso amore con cui mi occupo di casa mia, per i nostri clienti e per me. Tra la mia vita privata e il mio lavoro non ci sono dunque confini di spazio e di tempo.

M: I menù del Ristorante Onkel Taa sono scritti con uno stile particolare…

J: Molti ristoranti descrivono i piatti elencando semplicemente gli ingredienti: “manzo – carote – patate”.
A me piace fornire degli elementi che parlino brevemente del piatto, della sua storia, che incuriosiscano.

M: Tra le ricette storiche e le loro reinterpretazioni, c’è posto per creazioni nuove. Cosa ti ispira nuovi piatti?

J: L’orto è una grandissima fonte di ispirazione, così come la lettura di libri e riviste. Ogni piatto richiede studio e, prima di proporlo al pubblico, lo sottopongo al giudizio della mia famiglia. Recentemente ho preparato una crema di cetrioli, usando quelli che coltivo nel mio orto, e una marmellata con undici frutti diversi: in entrambi i casi le ricette sono state approvate dalla famiglia Platino!

M: Nella tua dispensa e nel tuo orto ci sono una infinità di spezie e di erbe aromatiche. Ce n’è una che preferisci?

J: Dipende dalla giornata, non saprei davvero quale scegliere, se me ne dovessi portare una su un’isola deserta.

M: E un profumo che ami particolarmente?

J: Il profumo della panna, del burro, dei pomodori e degli ortaggi appena raccolti mi inebria.

M: Fai con grande passione questo mestiere, ma se dovessi scegliere di cambiare professione, quale sceglieresti?

J: Grazie alla passione trasmessa da mio padre Karl, credo farei l’antiquaria. Da adolescente i miei genitori arredarono la mia camera come fosse un piccolo museo, con un letto d’epoca e varie altre antichità. Non sai quanto ho odiato quella camera, ho addirittura tolto il letto, per dormire con il materasso sul pavimento. Con il tempo, però, ho imparato ad apprezzare questi oggetti e la loro storia.

M: Le tue giornate lavorative iniziano alle otto del mattino e finiscono a tarda sera; ogni tuo piatto è preparato a partire dalla materia prima, ti occupi personalmente del tuo orto e della tua dispensa. Credi che la contabilità del vostro ristorante rispecchi il reale valore di ogni piatto?

J: No. Sarebbe impossibile contare le ore di lavoro che la cucina e il locale richiedono, ed è meglio non pensarci nemmeno… Pensa solo alle lumache, una nostra specialità: maturano in tre anni, vanno fatte spurgare per sette-dieci giorni, devono essere lavate e sbollentate. Vanno sgusciate, pulite e ribollite. Solo allora è possibile condirle. Anche la pasta fresca ripiena – ravioli e tortelli – richiede tempo, ma non mi sognerei mai di comprarla già pronta come accade in molti ristoranti. I nostri clienti si accorgono della qualità dei nostri tortelli di ortiche e ricotta di capra, e questo mi ripaga di tanta fatica.

M: Visto che l’ora è ormai quella di cena e il tuo menù mi ha incuriosito… cosa mi proponi di buono?

J: Cominciamo con un’insalata di erbette e fiori commestibili, un crescendo di sapori e colori che stupisce sempre. Ti propongo poi la zuppa preferita dell’Imperatore, con carciofi, vino bianco e fiori di zafferanone, servita in un secchiello da fonduta. Un secondo sempre gradito è il gulasch di vitello all’ungherese, con speck e peperoni, servito con un rotolo di tre tipi di polenta: gialla, bianca e di grano saraceno. E per finire, vista la stagione, un tris di gelato: alle violette, al dente di leone e al fiore di sambuco.

M: Complimenti! Un menu da re!

J: Ti correggo: da Imperatore!

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