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August 1, 2016

Biennale Gherdëina: From Here to Eternity

Allegra Baggio Corradi

Da qui all’eternità: questo il titolo di una Biennale, la quinta, che dalla Val Gardena si estende fino all’11 settembre 2016 oltre le Dolomiti, nel tentativo di mappare la diversità dei linguaggi periferici del contemporaneo evidenziandone le interrelazioni geopolitiche, storiche, culturali e sociali. A partire dalla decostruzione della tradizione locale, dodici artisti internazionali hanno ricodificato i canoni dell’arte scultorea gardenese dialogandovi tramite differenti medium, fino a trasformarla in una nuova archeologia del desiderio intrisa di utopie private e sospinta da una nostalgia propulsiva, in grado di ripensare il significato delle parole “qui” ed “eternità”. La parola ad Adam Budak, curatore dell’evento. 

high.phpIl titolo della Biennale suggerisce l’idea del movimento, lo stesso che ti ha condotto da Praga dove attualmente lavori, fino a Ortisei. Cosa ti ha spinto da lì a qui ?

In realtà, ho già operato sul territorio altoatesino in precedenza. Nel 2008, infatti, sono stato curatore della dislocazione collaterale di Manifesta 7 svoltasi in Gardena. Inoltre sono stato membro della giuria durante una delle recenti edizioni della Biennale Ladina. Nel febbraio di quest’anno, poi, sono stato contattato dalla gallerista Doris Ghetta che mi ha proposto di occuparmi della quinta edizione della Biennale della Val Gardena e dunque ora eccomi qui, giunto da Praga a Ortisei.

Ricorrono attraverso la tua pratica di curatore un’analisi e una trasformazione dei linguaggi artistici periferici tramite pratiche e mezzi contemporanei. Cosa ti affascina particolarmente di luoghi posti al confine, geografico o culturale, sospesi tra due realtà, ma mai completamente appartenenti all’una o all’altra ?

Si, la mia pratica curatoriale é improntata allo scavo nel terreno di quello che definisco come « vernacolo » ovvero quella dimensione della cultura legata ad un’idea di domesticità, familiarità, ripetitività abitudinaria. In tedesco potremmo definirla con il termine « Heimat » che racchiude perfettamente la varietà di tutte quelle pratiche e prassi che legano il singolo ad un luogo, impedendogli spesso di evadere.
Quello che mi interessa della dimensione del vernacolo é la sua possibilità di essere rinnovata ed ampliata su scala globale, in un qual modo proiettando tutto ciò che é domestico in un contesto universale. Il procedimento é simile a quanto avviene per la globalizzazione, basata sul principio di esportazione della tipicità regionale su scala planetaria.
Nella mia pratica curatoriale tento di fare lo stesso, ma invece che generare un profitto invito alla riflessione. Tramite una radicale ridefinizione dei significati del termine « regionalismo », rendo l’arte il mezzo prediletto allo spostamento di un punto di vista in modo che la differenza tra il « locale » e il « globale » non abbia più ragione di sussistere.

high.php-3Da qui, quindi, il titolo «From Here to Eternity ». In un certo senso la Biennale é un utopia essa stessa perché come siamo in grado noi qui e ora, di sapere dove e cosa sarà l’eternità ? Tutto ciò che possiamo fare é desiderare di sapere.

Mi piace rispondere a domande sull’idea di utopia e ancora di più a quelle sull’eternità. Uno dei miei autori preferiti, Jorge Luis Borges, scrive nel suo libro « Storia dell’Eternità » che « senza un’eternità, senza uno specchio delicato e segreto di ciò che è passato per le anime, la storia universale è tempo perduto, e con essa la nostra storia personale – il che scomodamente fa di noi altrettanti fantasmi.”
Comprendiamo da queste righe come la direzione della forza di ogni nostro desiderio si snodi sempre su un’asse futuro-passato, in un costante rimando tra l’origine e l’eterno. Elementi di ogni futuro e di ogni passato, come diceva già Sant Agostino, esistono in ogni presente.
Trascendendo la nozione del qui, ma nello stesso tempo tracciando un percorso verso il là – fantasma spazio-temporale di coesistenza e resistenza – gli artisti che ho invitato quest’anno, sfidano la solidità della tradizione (locale) e dell’identità (regionale). La mostra, intitolata “Da qui all’eternità”, mappa un’ibridazione del vernacolare (il nativo) nel passaggio verso un universo espanso in cui fenomeni e temi cambiano significato svelando una complessità che va al di là di ogni appartenenza culturale, storica, geopolitica e sociale.
Non solo, quindi, è esatto parlare di utopia, ma ancor più di desiderio di eternità in quanto “disfando” il vernacolare si giunge ad un’eternità eterotopica che si alimenta nel fertile territorio della creatività indigena, ma è svincolata dalle limitazioni del luogo. In bilico tra il “qui” e il “là”, la Biennale è un funambolico percorso sospeso tra nostalgia e seduzione…

high.php-4Ci puoi parlare più nel dettaglio della scelta dei 12 artisti che hai invitato quest’anno ?

Per essere coerente con il titolo e il senso del progetto ho scelto di interrompere l’abitudine consolidatasi durante le ultime quattro edizioni della Biennale alle quali hanno preso parte solamente artisti gardenesi, invitando personalità internazionali. In questo modo, oltre a Michele Bernardi che é uno scultore locale, ho condotto artisti provenienti da realtà completamente differenti, in Val Gardena, territorio che non tutti conoscevano. Tra loro Stephan Balkenhol, Katinka Bock, Fernando Sánchez Castillo, Anna Hulačová, Franz Kapfer, Szymon Kobylarz, Christian Kosmas Mayer, Marzia Migliora, Adrian Paci, Nicola Samorì e Xavier Veilhan.
Visitando i laboratori di scultura e intaglio ligneo della valle, gli artisti si sono confrontati con quella che é una tradizione ancora viva che non riposa solamente nelle teche di musei antropologici locali, ma gode di rilievo internazionale. Penso ad artisti come Jeff Koons che sono venuti in Alto Adige per visitare i laboratori gardenesi oppure una personalità come Giorgio Moroder che per una coincidenza, darà a breve un concerto a Ortisei intitolato proprio « Da qui all’eternità ».
In particolare, gli artisti che ho invitato hanno saputo rivisitare gli archetipi di una tradizione strettamente legata all’utilizzo del legno, tramite una varietà di medium passando dal video all’installazione, dalla fotografia alla scultura pubblica. Si intrecciano così il profumo del legno con i distillati tecnologici del supporto filmico, giocattoli da bambini diventano metafore del confine culturale sul quale si erge il sistema geopolitico regionale.
Il percorso si snoda attraverso il centro storico di Ortisei occupando anche le sedi del Circolo Culturale e Artistico enfatizzando ancora una volta il legame tra l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori, il qui e l’oltre.

V Biennale Gherdëina
From Here to Eternity
22 giugno–11 settembre 2016, 10–12.30 + 15–19
Ogni mercoledì tour guidato del percorso espositivo con partenza dal Circolo Artistico di Ortisei alle ore 17.30 
biennalegherdeina.org 

Nelle immagini:
Michele Bernardi, One after the other, 2015
Stephan Balkenhol, Grand homme chemise blanche, jeans bleu, 2003, Carved and painted wood
Szymon Kobylarz, Dodecahedron tree, 2016
Franz Kapfer, Berge in Flammen, 2016

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