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July 15, 2016

Anticorpi XL e Bolzano Danza: palcoscenico per giovani coreografi italiani

Anna Quinz
Anche quest’anno come ormai da qualche tempo, Bolzano Danza presta particolare attenzione alla giovane coreografia italiana, portando sul palco bolzanino quelle che sono le “promesse” della danza contemporanea nazionale. Attingendo al network Anticorpi XL di cui Bolzano Danza  è partner, anche in questa edizione dunque verrà offerto nei giorni di festival un palcoscenico speciale a tre giovani autori: Claudia Catarzi (40.000 centimetri quadrati, 27.07), Gabriele Valerio ( Triptych, 25.07)e Francesca Penzo & Tamr Grosz (Why are we so f***ing dramatic?, 20.07). Tre stili, tre modalità differenti di pensare la danza e le sue possibilità, tre personalità e tre spettacoli che apriranno altrettante serate della kermesse bolzanina. E per noi, tre interviste speculari che i tre coreografi ci hanno generosamente concesso. Stesse domande per tutti, diverse risposte, così come diversi sono loro, Claudia, Gabriele e Francesca + Tamr. 
 
La danza per te, in 5 parole/concetti/citazioni/aneddoti.

Claudia: Una massima che per me ha un grande valore non solo nell’arte ma anche nella vita: ”The most beautiful experience we can have is the mysterious. It is the fundamental emotion which stands at the cradle of the true art and the true science“. Albert Einstein

Gabriele: È difficile riassumere la danza in 5 parola o 5 aneddoti. Sicuramente la danza ha a che fare con la ns. presenza nel mondo, mette in campo il corpo come strumento principale con il quale possiamo misurare e ridisegnare ciò che ci è attorno, ma è anche un canale tra noi ed un altrove. Fare danza per me significa oltrepassare il mero esibizionismo e il puro racconto, ma perfezionare uno strumento-corpo giorno per giorno che deve essere chirurgicamente preciso ma caldo, che deve svuotarsi e rendersi medium  tra ciò che è visibile e ciò che senza la danza e il corpo non potrebbe essere visto.

Francesca + Tamar: La danza per noi è comunicativa, spirituale, politica, gioiosa, onesta. 

Anticorpi_ClaudiaCatarzi_40.000cm2_StefanoBianchi (2)Quali sono i tuoi anticorpi personali per la sopravvivenza nel mondo, nella vita, nella professione di coreografa/o 

Claudia: Determinazione e passione.

Gabriele: La radicalità di intenti e aderire ad uno stile di vita che fa della precarietà il suo punto di forza. L’autoironia entra spesso in gioco così come l’erotismo come modo di percepire, sentire e approcciare ciò che è attorno. La curiosità, il riuscire a viaggiare il più possibile, il sesso e dei buoni amici.

Francesca + Tamar: Beh, diciamo che sforzarsi ogni giorno di non vedere il mondo come qualcosa dal quale difendersi, potrebbe essere un buono strumento di difesa. Guardare al mondo come a un luogo positivo per noi come individui, nella convinzione che il mondo è interessato alle nostre opinioni, alla nostra arte, ai nostri punti di vista e al nostro lavoro. Imparare a prendere e rendere le cose più facili e più leggere e vivere le nostre vite con autoironia.

Il tema di questa edizione del festival è BEAUTIFUL STRANGER. definisci questo concetto secondo il tuo punto di vista personale di artista e di individuo. 

Claudia: Leggendo la domanda ho immediatamenete pensato a quel concetto non come a un elemento/oggetto da osservare, ma ponendomi invece come protagonista, cioè come ci si sente ad essere stranger – così posso definire il mio nomadismo. E ho pensato a come comunque questa condizione, seppur difficile, può avere, ed ha alla fine a tutti gli effetti, dei riscontri positivi e interessanti. Io mi muovo continuamente fra tre basi, Italia, Francia e Germania, ed in mezzo a questo mi sposto sempre per tournée e residenze in Europa e nel mondo. Le differenze di luoghi, abitudini, persone che incontro, è banale dirlo, sono delle più disparate e la fatica che richiede tuning con tutto questo è molto grande. Allo stesso tempo mi sono accorta quanto è rigenerante non essere definibile in un solo contesto ma veramente poter appartenere a tanti, a più, a tutti i contesti, volendo, potenzialmente. Nel tempo ho trovato il mio nomadismo, il mio dover rispondere sempre a condizioni molto diverse, una risorsa sempre più potente e che negli anni ha portato sempre più solidità interiore. Quindi, tornando al concetto che proponevi, beautiful stranger, penso sia bello concepirlo indistintamente negli altri dal proprio punto di vista, sia allo stesso tempo in noi stessi rispetto al resto del mondo.

Gabriele: Beautiful stranger è una canzone di Madonna. Beautiful stranger significa flirtare e immaginare di fare una fuga d’amore. Beautiful stranger è mistero, è fare l’amore senza sapere con chi, è pericolo. Beautiful stranger è un bello straniero, che viene da lontano e nel quale puoi immaginarti ciò che quegli occhi hanno visto.

Francesca + Tamr: Beautiful Stranger. Per noi questo due parole enfatizzano l’ignoto, quei luoghi che si trovavano dietro ad ogni nuovo incontro. Il mistero dello sconosciuto, vestito da bellezza, ci spinge a fare un passo “into the wild”. Come artisti sappiamo che siamo circondati dalla bellezza. Quando abbiamo questo in mente, quando incontriamo un estraneo si rivela una fonte di ispirazione.

AnticorpiXL_Penzo (1)Parlaci del lavoro che porti a Bolzano Danza. Perché dovremmo venire a vederlo? Cosa ci racconterà? Come è nato, in che modo parla di te e del tuo modo di fare e pensare la danza contemporanea? 

Claudia: 40.000 cmq, tornando all’argomento  trattato nella domanda precedente, è per me appunto la concretizzazione della messa in scena di questo. Quello che ho fatto come punto di partenza è stato crearmi un environment particolare che solo in un secondo momento mi sono chiesta di vivere/danzare. La condizione molto definita di questo spettacolo è che tutto si svolge su una pedana di legno grande circa 2m x 2m. Questa limitazione, sommata alle qualità materiche di questa scena, ha fatto sì che molte delle iniziali e incondizionate possibilità di danzare liberamente venissero meno, ma concentrandomi invece sulle potenzialità che questi paletti portavano, ho trovato possibilità di movimento, di stati emotivi, di trasformazione e ispirazione del mezzo della danza, incredibili. Scoperte assolutamente inarrivabili se non  avessi avuto queste “diversità” di condizioni.

Gabriele: “Triptych” è un’indagine aperta su alcuni aspetti della femminilità. Come la musica che accompagna la danza, che si ripete ossessiva; si focalizza su ciò che sembra dolce ma è molto pericoloso. E’ un’ossessione carnale che trasfigura e sfigura. Triptych racconta della mia forte dicotomia maschile-femminile, spostando i limiti di genere e mostrando ciò che tendiamo a nascondere e reprimere. Mi piacerebbe sapere che chi lo abbia visto dopo passi una notte di follia facendo tanti fantastici errori o dicendo verità compromettenti, in maniera pura e gioiosa. Sarebbe divertente.

Francesca + Tamar: L’opera è nata due anni fa dal nostro incontro. Abbiamo deciso di parlare e affrontare il tema della femminilità e il femminismo nella società contemporanea. Abbiamo deciso di portare all’attenzione del pubblico e riflettere sul ciclo mestruale che accade ogni mese nel corpo delle donne.  Ci concentriamo su un fenomeno biologico e naturale e lo usiamo per costruire la struttura drammaturgica del lavoro. Il ciclo mestruale è spesso dimenticato, nascosto, stereotipato. Giochiamo anche con quegli stereotipi nel pezzo, ma cercando di trasformarli e proporre una nuova prospettiva. È un lavoro sulle donne, eseguito e creato da due donne.

 Un sogno nel cassetto, o sulla mensola, che il cassetto è qualcosa di chiuso, mentre un sogno è fatto per essere aperto….

Claudia: Sogno tenuto non in un pugno, ma sulla mano aperta: il primo non si può dire, il secondo è andare a vivere in campagna.

Gabriele: Non ho sogni nel cassetto, o meglio, potrei essere banale dicendo che vorrei riuscire a vivere facendo l’artista e viaggiando per il mondo, avendo una casetta in Brasile e una a Berlino. In realtà forse il mio sogno vero è essere rivoluzione, ma non è un obiettivo che un giorno raggiungi e ottieni ma qualcosa di cangiante che va sempre spostato più in là quotidianamente. Oppure: fare la spaccata.

Francesca + Tamar: Un sogno per il futuro è la possibilità di creare e vivere in modo positivo e costruttivo. Non riferendosi solo alla comunità artistica ma di un potenziamento generale e dello sviluppo di una buona politica, che ci permetta di vivere bene insieme, come esseri umani in questo enorme mondo. Questo è il momento per noi come artisti e come persone di contribuire a creare questo stile di vita, essere informati, vivi e attenti a tutti i cambiamenti che avvengono intorno a noi, aiutare il mondo ad accogliere il “beautiful stranger” dentro e fuori di noi. Il nostro sogno è di costruire questo modo, nel nostro modo.


Nelle immagini:
Gabriele Valerio, Triptych 
Claudia Catarzi, 40.000cm2, foto StefanoBianchi 
Francesca Penzo e Tamar Grosz, Why are we so f***ing dramatic?

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