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May 27, 2016

Cube Stories: il tempo interiore di Christian Martinelli

Allegra Baggio Corradi

Quando la necessità di raccontare storie assume delle dimensioni ingenti, anche il formato delle immagini che servono a narrare aumenta.  E’ così che nasce “Cube Stories”, un progetto frutto di una collaborazione tra Andrea Pizzini, Christian Martinelli e Andrea Salvà. Christian in particolare, non si accontenta di ingigantire il formato dei suoi scatti, ma desidera ripristinare una perduta onestà fotografica dedicandosi all’analogico. In maniera discreta, ma mai completamente invisibile, Christian si aggira per il mondo attendendo che questo si rifletta nel suo fedele “cubo fotografico”. Il suo è un universo fatto di attese, sovrapposizioni di momenti, riflessioni sul trascorrere del tempo. Abbiamo intervistato Camilla Martinelli, curatrice della mostra a lui dedicata alla 00A Gallery di Merano, visitabile fino al 29 maggio.

Partiamo dal protagonista: Christian Martinelli. Qualche dettaglio biografico e artistico a proposito della sua esperienza come fotografo.

Christian è nato nel 1970 a Merano. Ha realizzato reportage fotografici in tutto il mondo, nei Balcani, in Austria, Romania, Repubblica Ceca, Venezuela, Equador, Mongolia, Messico, Haiti. Ha esposto in occasione di molte mostre in Italia e all’estero, in Austria, Germania, Olanda, Repubblica Ceca, Danimarca e in tanti altri posti. Il suo modo di intendere la fotografia lo porta costantemente a viaggiare. Molti anni fa ha inventato un dispositivo per realizzare foto di grande formato in altissima qualità, un cubo di 8 m3 che lo accompagna del suo stile di vita itinerante e che gli permette di realizzare fotografie in situ in tutta Europa. Il cubo è una sorta di camera oscura in formato gigante, ma è anche un’opera in sé, che tutto specchia e in essa si specchia. Le fotografie di Christian, proprio grazie a questo particolare dispositivo, sono tutti pezzi unici e in scala reale 1:1. L’iperdefinizione delle immagini è dovuta all’impiego di una carta fotografica rara prodotta sin da 65 anni fa oggi non più disponibile sul mercato. Circa tre anni fa Christian ha cercato di acquistare quanta più carta possibile, tanto da diventare, con i suoi 300 mq, uno degli ultimi due più importanti possessori al mondo.

IMG_1415E’interessante la differenza che c’é tra l’italiano “natura morta” e l’inglese “still life”. Da una c’é la vita -in stallo- dall’altra un’assenza di vita, la morte. Dove si posizionano le opere di Christian?

In effetti il titolo non è “Still Life”, bensì “Still&Life”. Il concetto di immobilità e quello di vita vengono accostati con l’intento di esprimere una coesistenza attiva che ben si esplicita nelle opere in mostra. Questa serie dedicata alla natura morta, motivo principe della storia dell’arte, non intende essere semplicemente una riflessione sul tema. La natura morta si fa espediente per esprimere una riflessione sul concetto di durata e sull’eccedenza significante dell’immagine. Quello che non riusciamo a vedere, quello che sta oltre l’immagine e che alcuni dettagli ci suggeriscono, è al centro della poetica di questa serie.

IMG_1428Tu parli della fotografia come di ”un avvenimento che non si esplicita in un racconto visivo fatto di dati a cui ricondurre una certa consequenzialità”. Che ruolo svolge il caso nella venuta ad essere -quasi magica- di una foto durante il suo sviluppo e il suo scatto?

La scelta di impiegare medium analogici oggi, è una presa di posizione ben determinata, prevede una grande sapienza tecnica e tanta esperienza sul campo.  La natura analogica del medium impiegato da Christian per fare fotografia, una scelta anacronistica e in antitesi con il più moderno utilizzo di macchine fotografiche digitali, esprime in sé un atteggiamento coraggioso e nostalgico che ci riconduce alle tecniche proprie degli albori della fotografia, ma rispecchia allo stesso tempo la volontà precisa di vivere la fotografia come momento unico ed irriproducibile, fatto di attese, di valutazioni e correzioni di natura tecnica, di una rielaborazione del tutto personale del concetto di tempo e durata.

Che ruolo svolge il tempo nel processo fotografico per Christian, soprattutto in relazione ad un soggetto come la natura morta?

La ricerca della resa fotografica del tempo interiore è al cuore della riflessione di Christian. Soprattutto il tempo inteso come durata. Come ha scritto Bergson, la durata è l’esperienza della coscienza, i momenti si succedono solo perché c’è una coscienza che se li ricorda e le cose esterne vengono considerate constatando il loro cambiamento. Il tempo non esiste al di fuori della nostra coscienza, per questo tutto è immanente all’io psicologico. La differenza tra il tempo scientifico, quello oggettivo, e la temporalità vissuta intimamente da ognuno di noi, che non contiamo una successione di attimi determinati, ma nient’altro che delle simultaneità, è il tema cardine di questa serie di lavori. Durante la fase di esposizione fotografica, della durata di circa 9 minuti, Christian è intervenuto sui soggetti e sul campo visivo dell’immagine, così che il risultato, quella che siamo abituati a chiamare “istantanea”, ha conservato traccia dell’accadimento avvenuto sul tempo.

In che modo una natura morta fotografica si distingue da una natura morta in pittura?

La natura morta è un motivo artistico che è stato ampiamente trattato sia in pittura che in fotografia. Non mi sentirei di individuare degli aspetti particolari che differenzino in questo senso le due espressioni. Essenzialmente parliamo di medium diversi, il medium porta con sé a priori una presa di posizione e un determinato significato. L’esperienza di Christian ci fa riscontrare una particolare comunanza con l’opera di grandi esponenti della pittura. Se all’osservazione attenta di molte fotografie realizzate con processi analogici, possiamo riconoscere la grana che le compone, nelle immagini iperdefinite di Martinelli non riscontriamo alcun processo di ingrandimento, ma la corrispondenza assoluta tra l’oggetto reale e la sua rappresentazione: potremo osservare da vicino anche tramite una lente di ingrandimento, ma quel che vedremo è e rimane pura materia, proprio come in pittura.

DSCF3632 1In mezzo a questo continuo flusso di immagini in che misura la -vera- fotografia é ancora in grado di agire sulla realtà senza limitarsi a riportarne la forma esterna? 

Credo che la differenza la faccia essenzialmente la soggettività dell’artista, la sua capacità di trattare l’immagine al di là degli imperativi di ipervisibilità a cui siamo costantemente sottoposti ogni giorno. Che non vuol dire necessariamente operare per sottrazione, ma realizzare delle visioni che affascino e inducano a riflettere. A tal proposito mi piace citare Ghirri, un grande maestro della fotografia italiana la cui sensibilità e ricerca coloristica ha indubbiamente influenzato il lavoro di Christian: “La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell’occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un’infinità di mondi immaginari”.

Un’anticipazione sulle future mostre in galleria?

La prossima mostra in programma è una personale di Nicola Morandini, l’inaugurazione si terrà venerdì 3 giugno. Proseguiremo poi a luglio con Simon Perathoner e riprenderemo a settembre con le altre mostre di Werner Gasser, Andrea Salvà, Ornela Cekrezi & Johannes Inderst, Elisabeth Hölzl e Ulrich Egger.
Gli artisti coinvolti nel progetto sono tutti grandi professionisti e hanno in mente nuovi lavori e progetti specifici, sarà davvero un piacere lavorare insieme.

Foto: 00A Gallery 

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