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March 16, 2016

7 minuti allo Stabile di Bolzano:
intervista ad Ottavia Piccolo

Mauro Sperandio
7 minuti: dal 17 al 20 marzo, allo Stabile di Bolzano, una storia di lavoro, coraggio e dignità. Ce ne parla Ottavia Piccolo in un'intervista.

Ottavia Piccolo è Bianca, portavoce di un gruppo di operaie di una fabbrica tessile, alle prese con i problemi legati all’attuale crisi economica. La proprietà dell’azienda, per preservare il posto di lavoro delle proprie dipendenti, chiede loro di riunciare ad una parte della loro pausa, 7 minuti appunto. La richiesta viene considerata un piccolo sacrificio accettabile, ma Bianca la pensa diversamente…
Di questa storia, di dignità e coraggio ho chiesto ad Ottavia Piccolo.

Cosa la ha attratta di questo testo?

Diciamo che sono una Massini-dipendente, questo è il sesto spettacolo – su sette scritti da Stefano Massini – che interpreto. Appena ho letto il suo testo, ho pensato che si trattasse di un tema importante, che necessitava di essere trattato e ho accettato subito di portarlo a teatro. Con la regia di Alessandro Gassman il terzetto era al completo, pronto per avviarsi verso una nuova avventura che ormai è giunta alla sua seconda e purtroppo ultima stagione.
Ho trovato 7 minuti un testo seriamente impegnato nei confronti del tema del lavoro, della sua dignità, dei diritti, in modo molto poco ideologico ma molto forte. Il gradimento del pubblico ci ha dato ragione.

La nostra società ha spacciato un falso miraggio di onnipotenza, uno scenario in cui tutti possono comprare ed essere ciò che vogliono, dimenticando ciò che possono e sono. Ricordo un’affermazione del poeta Edoardo Sanguineti riguardo la necessità di riscoprire la “lotta di classe”, intendendo con ciò la capacità di perseguire legittimamente e legalmente i propri interessi, riconoscendosi come gruppo che condivide necessità, aspirazioni e problemi. Non crede che le coscienze, tanto quella operaia, che studentesca e via dicendo si siano perse?

Purtroppo sì. Uno dei temi che affronta questo spettacolo è proprio il fatto che manca totalmente la coesione tra le persone. L’individualismo è il sentimento prevalente, il noi è stato soppiantato dall’io.
Il testo di Massini va a segno perchè – anche se potrebbe essere inteso, o meglio frainteso, come politicizzato – racconta di quanto sta succedendo nella nostra società e della cancellazione delle persone, oltre che dei ruoli e delle classi.
Ai nostri giorni non si parla più della dignità delle persone e il lavoro è diventato semplicemente un problema. Di questo problema, però, non si fa un’analisi profonda ed estesa a fattori che vanno oltre gli aspetti economici. Il teatro riesce a fare ancora questo e questa capacità è una grande risorsa.

7 Minuti. Gruppo con Ottavia Piccolo_sigaretta. Foto De Martini b_M

La protagonista con coraggio si oppone alla richiesta di rinunciare alla pausa, vedenedola come un precedente per rinunce più grandi.

La interrompo. Non credo si tratti di coraggio, penso che il suo non volere accettare di rinunciare a questi 7 minuti di pausa sia suggerito dall’esperienza dell’età. La protagonista ha fatto un percorso umano e politico che la porta a capire forse prima delle altre le dinamiche che sono sottese a questa rinuncia. Non è più coraggiosa delle altre, ma forse semplicemente più lucida.

Parliamo ancora di coraggio. Lei è un’attrice di talento riconosciuto e molto apprezzata, cosa la ha spinta ad intraprendere un percorso intenso nel teatro di impegno civile? Cosa alimenta il coraggio che mette nelle sue scelte?

Non credo che si possa parlare di coraggio, faccio veramente solo quello che penso serva a me, anche come cittadina del mondo. Certo, sono fortunata, posso scegliere e godo di una posizione di privilegio rispetto a molti miei colleghe e colleghi, ma amo mettermi in gioco, lavorare con gente diversa, affrontare temi diversi. Questo non esclude il fatto che, se un regista mi propone un classico di mio gradimento, io non lo possa accettare; tuttavia sono dieci anni che non capita e sono contenta così. Non credo che si tratti di coraggio, ma di fare scelte che, ad un certo punto della mia vita professionale, mi fanno stare bene con me stessa.

Nel campo del lavoro l’essere uomo oppure donna ha ancora un peso che va a discapito del merito e delle capacità. Non crede, però, che la discussione sulla parità sia caratterizzata da un problema metodologico, nel momento in cui non si occupa “semplicemente” di diritti degli esseri umani?

Sono perfettamente d’accordo con lei. Non ritengo che le donne siano migliori o peggiori degli uomini, le donne sono esseri umani che hanno sicuramente dovuto subire nei secoli un trattamento diverso e che è arrivato il momento di mettere in discussione. Non credo davvero che si tratti una questione di “maschi e femmine”, c’è molto di più e molto di meno: quando si parla di diritti si parla di diritti per gli esseri umani. Riguardo al tema dello spettacolo, è innegabile come il lavoro femminile presenti più problemi rispetto a quello maschile, non mi sento però di farne un fatto degno di una sola battaglia femminista.

7 Minuti. Ottavia Piccolo. Foto De Martini b_M

Chi trova coraggioso?

È paradossale come in questo momento siano ritenuti coraggiosi quelli che fanno il loro mestiere.
Credo, invece, che i coraggiosi siano quelli che mettono a repentaglio la propria vita, il proprio mondo. Penso, tanto per cambiare, ad Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa perché raccontava come stavano le cose nella Russia di Putin, oppure ai magistrati che con il loro lavoro rischiano molto di più della loro carriera. Queste sono le persone veramente coraggiose. Gli attori non rientrano nella categoria, loro fanno semplicemente il loro lavoro.

È vero, però, che scelte non scontate e non compiacenti hanno a che fare con la fortuna di una carriera…

Rispetto alle scelte che ho fatto, ho visto che in realtà sia l’ambiente teatrale che il pubblico sono molto più avanti di quanto si possa pensare. Portando nei teatri questo spettacolo, abbiamo incontrato persone che ci raccontano di vivere nei loro posti di lavoro situazioni simili a quelle di 7 minuti, si tratti di fabbriche, di uffici oppure di redazioni. C’è un tipo di teatro che si interroga e approfondisce certi temi, ma c’è anche un vasto pubblico che lo segue. Questo mi rende fiduciosa.

Quando si è trovata più coraggiosa di quanto potesse immaginare?

Oddio! [ride] Non mi sento molto coraggiosa, sono anzi una sempre piena di dubbi. Forse alle volte è proprio avere dei dubbi che ti dà la misura del coraggio, perché significa prendere in considerazione cose diverse da quelle che tu immaginavi. A volte mi dico «Brava! Stai facendo bene, sono contenta di te.», come ad esempio nel caso di questo spettacolo. Più che coraggiosa, capita che mi riconosca brava, efficiente, nel portare avanti le cose che faccio.

Foto: De Martini

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