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March 3, 2016

Anita QuattroEver #19: La panza da padre

Felix Lalù

Alle superiori ero magrissimo. Ero la persona più magra che conoscessi, esclusi i boci dell’Africa. Mi si vedevano le costole attraverso la pelle. Le braghe strette che andavano allora mi erano comunque leggermente larghe. Avanzavo sempre un sacco di lacci di scarpa. Quello che mi distingueva dai boci dell’Africa è che loro avevano la panza e io no. Da adolescente sognavo la panza. Non quella dura dell’Africa, quella molle era la panza da uomo, e io ero un bocia cresciuto (per di più molto simile a un bocia dell’Africa). I miei amici più post-adolescenti avevano la panza e io no. Loro avevano le maniglie dell’amore e io non avevo nè le maniglie nè l’amore. Poi l’amore l’ho trovato, mi mancavano le maniglie dove questo amore potesse aggrapparsi.
Questo fino a quando è cominciata la mia avventura nel meraviglioso mondo del paparismo. Dopo il concepimento (forse per solidarietà con la Fra) la panza è sbocciata. Come quando vedi una ragazzina e la volta dopo che la vedi è donna, con le tette e le movenze da donna e tutto il resto. Non è successo da un giorno all’altro ma chiaramente c’è stato un prima e un dopo. Mentre le donne della mia vita (moglie, amiche, madre, zie) indicavano tra lo stupito e lo spaventato questa grande novità, io gongolavo. Ero in ritardo di tre lustri, ma finalmente ero un vero uomo, la paternità mi aveva donato ciò che avevo sempre sognato. Avevo la panza, avevo gli appigli tanto agognati, e riuscivo ancora a vedermi l’uccello, il che è sempre un vantaggio.
Quello che non sapevo è che la panza ha anche delle controindicazioni. Le braghe mi stanno ancora ma alcune non si chiudono. Riesco ad allacciare il bottone, ma solo trattenendo il fiato. Inizialmente la cosa non mi dispiaceva: per la prima volta nella mia vita potevo portare i pantaloni senza cintura. Sembrava una liberazione, invece no. Se mi chino ad allacciarmi le scarpe, tutto l’apparato digerente scivola verso i polmoni. Fai conto, discreto pubblico, di essere in un ascensore con il minimo salariale di spazio disponibile, si apre la porta e c’è Shaquille O’Neal che vuole entrare a tutti i costi. Se poi ho gozzovigliato, meglio appoggiare il piede sul muro e sperare che non facciano mai il confronto tra carenatura della mia scarpa e la sua sindone muraria.
Un altro (non trascurabile) problema è suonare la chitarra. Mai indossato la chitarra ascellare. L’ho sempre tenuta ben poggiata sul pacco. Ora la chitarra sta due o tre dita più lontano da me. E non perchè è cresciuto il pacco. Riesco a suonarla male, come sempre, ma questa sporgenza mi provoca delle abrasioni da schitarramento sull’avambraccio destro, delle bruciature che durano per qualche giorno dopo ogni concerto. Potrei dire che è l’arte che si incarna, invece pago solo dazio alla panza.
Insomma non è come tutti credono, la panza è (anche) pacco. Oscar Wilde diceva che “A questo mondo vi sono solo due tragedie: una è non ottenere ciò che si vuole, l’altra è ottenerlo”. E’ una cazzata. Vorrebbe dire che uno non può vivere che nella tragedia. Non fare il preso male, Oscar, impara a divertirti. Con o senza panza.

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