Arno Stern: liberi in punta di pennello
Un luogo protetto, un foglio di carta finito, 18 colori e la libertà di esprimersi, di essere senza condizionamenti. Francesca Mantovano ci parla del Closlieu di Bolzano.

Gentile Francesca,
ho letto con interesse il link che mi hai suggerito e mi piacerebbe che tu parlassi della tua esperienza con il pensiero di Arno Stern ai lettori di franzmagazine. Sono rimasto particolarmente colpito dal profumo di libertà e consapevolezza che si colgono nell’attività che tu proponi; non vorrei quindi porti delle domande che “instradino”, ma chiederti di trovare delle parole chiave che caratterizzino quanto fai. Penso che i nomi e le parole, specialmente se non note, siano in grado di evocare immagini. Mi piacerebbe che il lettore, prima di leggere ogni tua spiegazione, provasse a figurarsi il senso e l’aspetto di ogni “parola”.
Cari saluti,
Mauro
Buongiorno Mauro, buongiorno a chi mi leggerà! Seguitemi…
Arno Stern
Credo che le persone si incontrino nella vita sempre per un motivo preciso e mai per caso. Ho conosciuto Arno Stern guardando il film Alphabet di Erwin Wagenhofer e non avrei mai pensato, dopo quasi un anno, di conoscerlo personalmente quando mi trovavo in Svizzera per diventare praticienne di un closlieu.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la famiglia di Stern si trasferì in Francia dalla Germania per sfuggire alla persecuzione contro gli ebrei. A 22 anni, nella Parigi del dopoguerra, Stern comincia ad occuparsi dei bambini di un istituto per orfani di guerra. Li fa dipingere e comprende immediatamente il ruolo primordiale di questa attività espressiva- fondamentale per ogni bambino ma a lui mancata per le difficoltà del periodo bellico – per la quale inventa un allestimento originale.
Closlieu
Il Closlieu è il “luogo protetto” dove il praticien (servitore) offre la disponibilità al compiersi di quel meraviglioso gioco che scaturisce spontaneo nel bambino. L’intensità con la quale i bambini dipingevano era, allora come oggi, il vero motore del Closlieu.
Il Closlieu è un particolare laboratorio di pittura, uno spazio in cui convivono la libertà e le regole e vengono entrambe assorbite da tutti, perché naturali. Un solo strumento centrale, la tavolozza con 18 colori, ciascuno con tre pennelli di 2 grandezze diverse, che aspettano di essere usati nel gioco libero del dipingere.
Ancora oggi Stern, all’età di 92 anni, permette il gioco del dipingere, spinto dalla voglia di far vivere il gioco nelle persone (definite piccoli e grandi bambini), nella loro libera espressione
Praticien
Il praticien non ha funzione giudicante. Formato dagli studi e dalla pratica, il “servitore” è apparentemente indifferente e si mette a servizio, senza giudicare, con rispetto delle persone. Questa è l’affinità che mi lega a Stern, l’assenza del giudizio. Secondo Stern infatti solo quando il bambino è libero di dipingere – cioè lontano da pressioni di qualsiasi genere, insegnamenti o giudizi – il dipinto acquista una forza diversa. Così succede anche nell’apprendimento della lingua, quando non c’è il timore di essere valutati la si impara motivati, sciolti da quell’ansia da prestazione che muta sia l’obiettivo che il risultato. Fu proprio riordinando i disegni che Stern si accorse che i bambini amano ripetere, è una loro caratteristica e, in condizioni di tranquillità, rispetto e assenza di giudizio, ripetono ancora e ancora figure ed altri oggetti. Perciò è importante che ci sia regolarità nel frequentare il closlieu, per tornare a credere nell’importanza della costanza.
Gioco
Ho sempre considerato importante trasmettere dei temi seri attraverso il gioco: fonte di esperienza e risorsa infinita. Insegnando l’italiano a studenti stranieri considero importante giocare spesso con la lingua, essendo questa attività utile a sostenere la memoria di chi impara e procurando divertimento. Il gioco infatti ha un’importanza fondamentale non solo nell’infanzia ed il piacere del gioco dovrebbe crescere insieme alla persona come succede in natura. Permettere un atto gratuito e libero come il gioco, corrisponde ad educare alla “creatività”, invece di sollecitare nel bambino gesti produttivi che in realtà lo rendono dipendente da un sistema educativo. Diventa dunque importante, oggi più che mai, garantire che i bambini continuino ad avere il diritto di giocare, restituendo loro il ruolo e la serenità che caratterizzano la loro età.
Memoria e formulazione
L’aspetto straordinario e illuminante di Stern fu quello di scoprire e comprendere la formulazione, una manifestazione che si compie secondo delle leggi specifiche e universali. Stern chiama Memoria Organica, la registrazione di avvenimenti di cui non siamo coscienti, questa Memoria è la componente più profonda della Formulazione e si nasconde nei tracciati che sono dietro alle immagini che i bambini disegnano. La formulazione vuole solo essere compresa nelle sue forme e strutture. Essa nasce parallelamente a parole nuove quali “figure primarie” e tante altre ancora che daranno una spiegazione logica a quelle particolarità che vengono considerate ‘errori dei bambini’. I risultati degli studi di Arno Stern, derivati da una lunga e rispettosa osservazione silenziosa dei bambini che dipingono, hanno modificato il modo di osservare l’atto del dipingere e, grazie alla Formulazione, hanno portato ad una conoscenza radicalmente nuova in questo campo. Sostenere, rispettare, ascoltare: questi e non altri sono i modi per entrare in contatto con i bambini, affinché possano crescere naturalmente, liberi e sicuri di loro stessi. Se vengono valorizzati personalità, ritmi e desideri di ognuno nel gruppo, i bambini avranno la possibilità di costruirsi una propria identità. Condurre un bambino nell’affermazione di se stesso “libero dalla paura” è l’unico modo per sentire il ruolo di educatore vivo ed importante.
La mia esperienza
Concludo con poche righe su di me e sulla mia esperienza di praticienne: preciso che non sono una pittrice, ma una docente di italiano ed esaminatrice linguistica. Potendomi calare nei panni della praticienne di un closlieu a Bolzano, mi sento attratta e affascinata dal ruolo di una pedagogia libera dai paradigmi dell’educazione tradizionale. Sono personalmente in cerca di maggior rispetto per l’essere umano, che non può essere incasellato in categorie quali “intelligente o meno”, “accademico o meno”. Credo molto nel bambino che c’è in ognuno di noi e mi piace sostenere i miei partecipanti nella comunicazione con e tra se stessi in questo spazio protetto. Osservandoli mentre dipingono, ognuno vede riflessi i propri interessi, le proprie esperienze e i sogni e si esprimono con il pennello, dando voce a quella parte che altrimenti resterebbe ignorata o nascosta. Alla fine dell’ora e mezza lascio “decantare” le opere alle pareti e poi le inserisco nelle teche personali di ognuno, protette da sguardi esterni, a cui può accedere solo l’artefice nei nostri incontri successivi.
Nel closlieu si rispettano le regole di convivenza e si respira aria di libertà, vivendo quell’arte, la più intima, quella da vivere, vissuta solo da persone libere di essere se stesse. I gruppi eterogenei nel closlieu di Via San Quirino al Manu permettono di esprimersi con serenità e vigore e questo è già un ottimo risultato.
Voglio salutare te i lettori di franzmagazine con una frase di Arno Stern:
“L’espressione è la lingua madre di un luogo, è inutile cercarla altrove…”
Vi aspetto nel closlieu!
Francesca Mantovano
Foto: © Arno Stern Closlieu