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January 13, 2016

Many Maids Make Much Noise:
Olivia Plender ad ar/ge kunst

Allegra Baggio Corradi

Per concludere il ciclo di eventi dedicato alla celebrazione dei 30 anni di attività, ar/ge kunst mette in mostra fino al 13 febbraio le opere di Olivia Plender. La più recente produzione dell’artista inglese é incentrata sulla (ri)costruzione dell’universo culturale delle Suffragette e la loro lotta per i diritti civili. Continua in questo modo la riflessione di ar/ge kunst su tematiche a sfondo sociale capaci di volgere uno sguardo al passato rivelandone la sua natura futuribile. Per approfondire abbiamo intervistato Emanuele Guidi, direttore artistico della galleria. 3L’ultima volta che franz é stato ad ar/ge kunst ha incontrato l’artista Ingrid Hora e la sua interpretazione artistica del tempo libero come attività collettiva finalizzata alla produzione di nuovi significati sociali. In che modo vengono elaborate queste stesse tematiche nell’attuale mostra di Olivia Plender?

Il lavoro collettivo è stato il nostro tema del 2015 in occasione del 30simo anniversario di ar/ge kunst (anche se è una questione a cui tengo molto e quindi anche in futuro rimarrà un aspetto centrale in molti dei progetti che presenteremo). Nella mostra di Olivia Plender, l’artista ha indagato un movimento storico come quello delle Suffragette e la loro lotta per i diritti civili, a partire dal voto alle donne, ma soprattutto cercando di far emergere la lotta di emancipazione per individui e comunità gay, lesbiche e transessuali, LGBT come diremmo oggi. Un movimento politico e culturale da riscoprire proprio per la contemporaneità dei temi che affrontava e che ancora oggi non sono risolti.

6L’interesse di Olivia Plender per il giornale Urania sembra confermare la necessità della storia dell’arte femminista di costruire un canone estetico basato sulla costruzione di una soggettività collettiva non limitata da norme di genere e comportamento. Come viene sviluppato questo discorso all’interno della mostra?

Olivia ha pensato l´intera mostra intorno ad Urania creando una sorta di edizione speciale della rivista. Il giornale era una collezione di ritagli ed articoli che provenivano da tutto il mondo ed erano pubblicati senza commento editoriale, senza illustrazioni ed in forma anonima. Quindi molto rigido ed informativo da un lato, ma estremamente trasversale e curioso rispetto al modo in cui i temi della sessualità venivano affrontanti: dalla botanica, alla scienza, dalla sociologia ai fatti di costume. Olivia ha voluto distribuire nello spazio alcuni di questi frammenti testuali e produrre lei stessa un apparato grafico che li illustrasse in forma di poster. Allo stesso tempo ha lavorato molto sugli aspetti che mettevano in relazione la sua storia personale con la storia del movimento. Negli ultimi due anni Olivia è stata infatti colpita da una malattia che le ha tolto la voce, uno dei suoi principali strumenti di lavoro: questa mostra, la prima dopo la convalescenza, riflette proprio sull’ idea di voce “pubblica”, sul significato della sua conquista e sui diventare portavoce di istanze personali e collettive.

4Ar/ge kunst sembra avere una predilezione per le pratiche artistiche di natura femminista, soprattutto in questo ultimo anno dedicato alla celebrazione dei 30 anni di attività. Come spiega questo legame e quali le sue motivazioni?

Credo semplicemente che siano temi ancora estremamente importanti da affrontare considerando che molte di queste storie e teorie non sono conosciute e moltissimi artisti contemporanei, così come curatori, ricercatori ed istituzioni, le stanno mettendo al centro della loro ricerca per riflettere più ampiamente sulla tematica. Questo perché spesso tali approcci offrono gli strumenti per ripensare come alcune forme di rappresentazione siano state, e tutt’ora sono, costruite ed imposte. E le istituzioni culturali sono uno dei campi di battaglia principali in questo senso.

Questa mostra cerca proprio di fare questo: mettere in luce aspetti nascosti di un movimento che è passato alla storia come composto da donne principalmente (alto)borghesi che lottava pacificamente per il diritto al voto, quando di fatto era molto più: un movimento in cui donne e uomini, di tutti gli orientamenti sessuali lottavano insieme, anche violentemente, contro le istituzioni politiche, economiche e culturali del tempo. Racconta della forte relazione tra arte e attivismo, dell’attenzione che c’era verso la comunicazione, la grafica, l’importanza della forma che veniva data ai contenuti che dovevano essere trasmessi, così come una chiara idea di quelli che erano i luoghi dove il conflitto dovesse essere portato (dalle banche ai musei). Ed infine un`estrema consapevolezza di come la lotta per il suffragio universale fosse soltanto una tra le battaglie per i diritti civili e di liberazione che dovevano essere portate avanti.

5Particolare attenzione é rivolta nella mostra anche agli aspetti minoritari della storia, ai suoi protagonisti involontari e a quelli volutamente oscurati perché contro corrente. Che importanza assume oggi la capacità di un’istituzione culturale di proporre delle storie dell’arte alternative e globali piuttosto che continuamente legittimare i canoni dominanti della contemporaneità

Come già scritto, credo che questo sia fondamentale in uno scenario in cui i media “classici” stanno perdendo questo ruolo. Soprattutto credo che questo sia fondamentale in termini di formazione. 

L’importanza attribuita alla corporeità come spazio politico e privato al contempo da Olivia Plender sembra costituire un’interessante analogia con la duplice natura della galleria d’arte oggi. Attraverso quali canali ar/ge kunst riesce a compendiare la sua funzione pubblica con quella di ambiente dedicato all’interazione del singolo con l’opera?

Per quanto mi riguarda, se ho capito bene la tua riflessione, le due dimensioni non possono che essere complementari in uno spazio culturale come ar/ge kunst. La funzione pubblica, così come il discorso pubblico che cerchiamo di produrre, passano necessariamente attraverso l´“opera” che diventa portatrice di racconti ed istanze.

7Infine che rilevanza riveste la dimensione educativa all’interno del programma espositivo di ar/ge Kunst e quale nello specifico il contributo di Olivia Plender in questo senso?

Tengo molto a questo aspetto anche se i mezzi che abbiamo a disposizione non permettono di avere un reale programma di mediazione nel senso classico del termine. Cerchiamo di presentare pratiche e processi di artisti che si occupano di questioni di interesse collettivo e quando possibile di produrre uno spazio di dialogo e collaborazione con persone che operano in altri campi – siano essi pubblico o esperti. Questa credo che sia oggi una forma di educazione che l’arte contemporanea, ed uno spazio come ar/ge kunst, può offrire: quello di ricercare formati e forme per lo scambio e produzione di conoscenza che non appartengono ai luoghi classici.

 

Olivia Plender, Many Maids Make Much Noise, Veduta mostra presso ar/ge kunst Bolzano, Foto aneres, 2015

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