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November 24, 2015

Letterpress Workers 2014: Borders! alla Weigh Station for Culture

Mauro Sperandio

Fino al 18 dicembre 2015 la Weigh Station for Culture ospita la mostra Letterpress Workers 2014: Borders!. Più di venticinque designer europei e latinoamericani espongono le loro creazioni fatte carta, forma e colore. Gianluca Seta, curatore della mostra, ce ne parla.

Officina Nove Punti cura “Letterpress Workers 2014: Borders!”. Chi sono Officina Nove Punti ed i Letterpress Workers?

Officina Nove Punti è il risultato di una necessità e di una passione di un gruppo di amici che hanno condiviso un percorso formativo e umano. Si sono scoperti innamorati della tipografia e della stampa a caratteri mobili e dei suoi limiti. Forse soprattuto dei limiti.
Ogni giorno ognuno di noi nove che l’ha fondata, (anche se per l’esattezza oggi siamo in dieci) lavora nel campo del design grafico con gli ovvi strumenti digitali odierni che per loro natura smaterializzano la fisicità della tipografia e del piombo. Il digital publishing, volendo fare un parallelo, è un po’ come i social network; sono luoghi di aggregazione che non tengono più considerazione delle distanze e dei contesti, elementi che permettono di vivere e determinano le nostre esperienze. È nelle stesse esperienze che si può trovare la base dello scambio, della crescita della conoscenza, ma soprattuto, senza voler essere troppo altisonanti, dei ricordi.
Chi si ricorda di una particolare esperienza avuta su Facebook? …Io onestamente no. I miei ricordi si rifanno a luoghi che ho visto e a persone che ho conosciuto o con cui ho vissuto emozioni o magari solo bevuto una birra.
Ecco, penso che l’Officina Tipografica Nove Punti di Milano è un po’ la nostra isola di Utopia, un luogo reale dove le parole non si impaginano con un mouse, ma tramite cubetti e listelli di piombo che creano le distanze tra le parti, che costruiscono i bianchi intorno ai neri. È la possibilità di fare e vivere un’esperienza.
Così, anche il Letterpress Workers è invece un’esperienza pura. Un incontro tra persone che condividono la stessa passione e certamente la stessa Utopia. È la risposta al bisogno di non sentirsi sempre e solo una nicchia, di non sentirsi fuori dal tempo, di non sentirsi lenti in mezzo alla velocità dei nostri giorni.
I letterpress workers sono tipografi che vogliono vivere un social network dal vivo, tra inchiostro, carta, molto sudore e delle birre per reidratarlo e per sentirsi vecchi amici anche se non ci si è mai incontrati prima.

LETTERPRESS WORKERS 2014: BORDERS!Borders, confini: Cosa separano? Cosa definiscono?

Non so cosa separino o cosa definiscano esattamente. È un tema più filosofico che altro, un dibattito profondo e complesso che altre menti forse più preparate della mia riescono meglio a spiegare.
Personalmente penso che i confini non siano altro che dei punti di vista diversi su un “oggetto” comune o ancora lo sguardo dell’uno sull’altro e viceversa. Il più delle volte sembra significhi separazione intesa come pretesto e base di scontro. Forse dovremmo più intenderli come elemento di discernimento, cioè la capacità di separare le cose da un magma caotico che spesso abbiamo in testa per vedere le cose in modo più chiaro e lucido, possibilmente anche diversamente dall’idea preconcetta che potevamo avere prima di una più attenta osservazione.
Insomma, i confini sono fatti per essere permeabili come le membrane cellulari ma anche per poter dire cosa è dentro e fuori, cosa è vero o falso, cosa è nero e cosa bianco o cosa invece è simile a noi anche se sta dall’altra parte. Senza un giudizio. Possono essere strumento per aiutarci a imparare a vedere meglio e a far si che non ci sia paura se prima si mette un piede da una parte e poi con un saltello si vada dall’altra. Il bello è sapere che si possa fare questo saltello, a cavallo di un confine.
Per noi che lavoriamo con i caratteri mobili il nostro primo confine può essere considerato il limite che lo strumento pone nel pensare a come realizzare un artefatto. I limiti come dicevo sono di natura fisica dovuti appunto all’essenza dei caratteri mobili. Questo pone dei vincoli che non permette di poter realizzare la propria idea senza tenere conto delle regole e dei processi di progettazione. Sono dunque dei confini stabiliti e chiari che bisogna conoscere a fondo e nei quali ci può essere una costruzione di un pensiero nuovo. È da questi che è possibile uscire o superarli assimilando con attenzione il know how necessario.
BORDERS-Uni-Press2Le opere esposte nascono in occasione di un incontro tra artisti europei e latinoamericani. Credi che la componente manuale e artigianale di questo tipo di produzione sia un fattore umano rilevante e unificante?

Credo che le componenti umane ed esperienziali comuni siano sempre un elemento unificante tra le persone. Mentre si compone su un compositoio si ha uno spazio comune, bisogna pensare ad un messaggio comune. Bisogna poi decidere come rappresentarlo comunemente.

La tecnica della stampa a caratteri mobili ha una storia che in Oriente risale a mille anni fa ed in Europa oltre cinquecento. Di fronte alle moderne tecniche di stampa quali possibilità espressive conserva insuperata?

Credo che oggi la tipografia a caratteri mobili abbia una valenza diversa da quella che poteva avere fino ad alcuni decenni fa. Se prima la sua natura industriale verteva alla produzione in serie di stampati del tutto simili tra loro e dunque seriale, oggi questa necessità non esiste più grazie al superamento della composizione manuale avvenuta per via della fotocomposizione e poi della composizione digitale. Allora qual’è il senso di perseguire oggi una tecnica ormai obsoleta e desueta? Credo che la risposta sia semplicemente da ricercare nell’espressività che questa tecnologia permette oggi.
Usando caratteri tipografici usurati dal tempo che hanno perduto la precisione dell’inchiostrazione, che possono essere dunque rovinati, a volte rotti, si possono ottenere stampati di grande effetto materico ed espressivo, questo fa sì che le stampe non siano uniformi e che le lettere acquisiscano una nuova matericità, una nuova difformità.  
Ed ecco quindi che ritorna il concetto di errore espressivo che assume un parametro nuovo: si esce dal mondo della serialità per entrare nel mondo dell’autorialità e della variabilità.
Lavorare con un un forte limite controllabile solo parzialmente, permette una nuova ed entusiasmante sfida in cui l’artefatto stampato è da considerarsi in primis come un oggetto e in secondo luogo come un prodotto visivo bidimensionale. Questo perché una stampa ottenuta dalla composizione a caratteri mobili possiede caratteristiche fisiche molto forti: la consistenza della carta, il colore della stessa, il forte odore d’inchiostro, la pressione di stampa che genera il solco con cui il carattere tipografico segna la stessa carta.
Ecco dunque che in questa cornice di comunicazione a tutto tondo possiamo trovare il motivo e l’apologia dell’utilizzo della stampa a caratteri mobili oggi.LETTERPRESS WORKERS Quali opere tra quelle esposte consideri di particolare interesse?

Onestamente penso che ciò che è interessante nel visitare la mostra è proprio la visione complessiva degli stampati: per i messaggi testuali in cui il tema è stato rielaborato dagli stessi tipografi e per come hanno saputo rendere e rappresentare il livello espressivo e materico del suddetto messaggio.
Inoltre in mostra si potranno anche osservare le stampe in edizione limitata prodotte da alcuni dei tipografi partecipanti al Letterpress Workers. Queste sono state pensate, studiate e prodotte ad hoc per un cofanetto che racchiude gli stampati e un libro che racconta l’esperienza del meeting che si tiene ogni anno a Milano. Un prodotto davvero di altissima qualità grafica.
Insomma, penso che la mostra Letterpress Workers 2014: Borders sia una nuova e bella iniziativa realizzata anche grazie alla proficua collaborazione con la Weigh Station for Culture di Bolzano e con il patrocinio della Facoltà di Design-Arti della Libera Università di Bolzano.

Foto: Officina Nove Punit; gif: Gianluca Seta

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