Fies premiata ad ArtVerona: un’edizione all’insegna della qualità

Fies

Quest’anno il concorso ArtProject Fair dedicato agli spazi indipendenti, i6, é stato vinto dalla Centrale Fies di Dro con ‘Collezione Fies’. Giunto alla seconda edizione, il concorso ha voluto ancora una volta premiare le realtà italiane dedite alla sperimentazione di linguaggi innovativi del contemporaneo. La giuria composta da Cristiano Seganfreddo, direttore di Progetto Marzotto, Marco Enrico Giacomelli, direttore di Artribune e Andrea Bruciati, direttore artistico dell’undicesima edizione di ArtVerona, ha identificato in Collezione Fies il migliore progetto da un punto di vista qualitativo. Particolare enfasi é stata posta sulla ricerca metodologica di Fies che ha portato l’istituzione ad assemblare una collezione di performance. Abbiamo incontrato il team di Central Fies per conoscere più a fondo le dinamiche di acquisizione delle opere.

Il tema del premio ArtVerona di quest’anno era la qualita’. In cosa cerca Fies la qualità artistica rispetto alle opere performative?

Nelle performance e nelle opere oggettuali mutuate alla performance art, il team di curatori di live works, cerca fattori liminali di coerenza con un intero (seppur spesso giovane) percorso, cerca proposte non per forza “nuove” o “rivoluzionarie” ma capaci di indagare e sviscerare tematiche, categorie e paradigmi interessanti rispetto a una ricerca pratica e reale su quelle pratiche live che contribuiscono ad approfondire e ad ampliare la nozione di performance e per seguire lo spostamento del performativo e delle sue cifre. La qualità sta anche nella particolare attenzione che il team di curatori mette per non trasformare l’opera/oggetto in un feticcio dell’azione performativa, presentandolo invece come svelamento dell’azione stessa o, addirittura, come congegno riattivatore. L’idea è quella di trasformare i pezzi della collezione in “casi-studio”, creando molteplici possibilità di sperimentare e studiare il concetto di performance.

In un certo senso, tramite la formazione di una collezione museale, il contenuto delle performance viene messo in secondo piano rispetto alle dinamiche intrinseche all’atto performativo. Cosa si vuole rivelare attraverso questa operazione?

Una delle particolarità della collezione è proprio il fatto di NON essere museale. Poiché non siamo un museo, ma un centro di produzione, siamo in continua evoluzione e cambiamento. Il contenuto delle performance, inoltre, non cambia minimamente nel momento in cui la performance entra nella collezione, ecco perché tendiamo a considerarle “casi-studio”.

Le performance sono per definizione temporanee. In che modo Fies riattiva il meccanismo interno degli eventi live attraverso una collezione?

Quando parliamo di “casi-studio” vuol dire che ogni opera ha una modalità propria: per esempio nel caso di Diego Tonus si tratta di una didascalia che invita il pubblico a cercare nello spazio della sua collocazione i sosia di un evento terroristico che ha marcato il nostro passato recente, innescando in questo modo una tipologia di attenzione selettiva, ovvero di individuazione del singolo all’interno della massa, tipica del clima politico attuale. Nel caso di David Bernstein, l’oggetto non è presente unicamente nella sua materialità, ma per il racconto che genera da parte di colui che lo custodisce di volta in volta. L’incontro generato e il racconto divengono così performances potenziali, racchiuse nell’oggetto in collezione sotto forma di possibile attivazione.

Come avviene il processo di acquisizione delle opere da parte di Centrale Fies e quali sono i criteri su cui e’ basata la scelta?

Non c’è un solo modo, proprio perché per noi è un ambito di ricerca. Quello che possiamo svelare è che con l’artista non si compie unicamente una negoziazione economica, ma altresì una concettuale: il team di curatori di LIVE WORKS (Barbara Boninsegna, Denis Isaia, Daniel Blanga Gubbay e Simone Frangi) ha con l’artista uno scambio costruito su modalità e tempistiche che hanno a che vedere con la free school di performance attivata dal bando LIVE WORKS, e quindi con un rapporto reale e articolato tra curatore e artista attraverso il quale avviene lo scambio pratico e teorico che porta alla scelta.

Artribune dedichera’ uno speciale a Fies nel suo prossimo numero. Qualche anticipazione?

Il focus su Centrale Fies verterà sui nuovi progetti e sull’intenzione di riorganizzare l’intera struttura in specifici dipartimenti e gruppi di lavoro modulari che indaghino e portino avanti anche i progetti più liminali.

Foto: Andrea Pizzalis

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