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October 21, 2015

Ära Durnwalder – Der Abschied: intervista al regista Karl Prossliner

Mauro Sperandio
Dopo la prima del 23 ottobre al Filmclub di Merano Ära Durnwalder - Der Abschied è ora in proiezione in numerosi cinematografi dell'Alto Adige. Dell'ex presidente della Provincia e di come la sua personalità è stata immagine e riflesso dei suoi governati abbiamo parlato con il regista Karl Prossliner e la responsabile del montaggio, Cornelia Schöpf.

Apologia o dannazione. Elogio o critica. Ammiccamento o derisione. Quando un uomo politico entra in un film da protagonista, ha poche speranze di ritrovarsi in una zona intermedia, falsamente sicura, perché è la condanna dei mediocri.

Luis Durnwalder, mi permetto di pensare, ha accettato di partecipare da protagonista alla realizzazione di Ära Durnwalder – Der Abschied” sicuro che la sua non è stata una storia mediocre e che il giudizio sul suo operato era già stato scritto e non era negativo.

Superbia? Non credo, ma concreta consapevolezza. Non la laurea in agraria, non gli studi di giurisprudenza e nemmeno l’esperienza di uomo e di politico gli rendono sicura l’analisi, ma il buonsenso del contadino. Al termine della sua lunga stagione politica Herr Durnwalder tira una linea e fa i conti di quanto ha fruttato il raccolto, di quanto hanno prodotto le vacche, di quanto le nuvole ed il sole hanno permesso di fare.

Incontro a Merano, nella sede di K. Filmproduktion, il regista e la responsabile del montaggio. L’edificio è un reperto di architettura industriale, un grande spazio frazionato da vetrate, un panoptikon che non imprigiona nessuno, ma è spazio di libera creatività per cineasti. Scandisce la nostra conversazione lo sferragliare dei treni che percorrono la vicina ferrovia.

Karl Prossliner ritrae Durnwalder nell’ultimo anno del suo “regno” e nel periodo immediatamente successivo, quando il capo finalmente si è seduto ed il colletto della camicia è stato allentato. Il ritratto non mostra solo il protagonista ma anche un maso che sovrasta la provincia di Bolzano; si vedono strade e case, si vedono persone che dal maso sono appena partite. Il paesaggio è ordinato, non perfetto, fiero come se fosse il centro del mondo.

Mentre mi parla del suo film, Prossliner fa dei piccoli gesti che sembrano voler ripulire un obiettivo, perché l’immagine deve essere nitida, fedele alla realtà, senza distorsioni. Cornelia Schöpf, che ne ha curato il montaggio, si attorciglia sulla sedia, quasi a spremersi per dirmi che quel che si vede, è.

Mentre parliamo, scorrono su un monitor alcune scene del film.

Perchè un film su Luis Durnwalder?

Prossliner: Volevamo parlare del personaggio con un documento originale, non riproponendo materiale d’archivio, perché il personaggio, parlando di sé, avrebbe raccontato il contesto in cui ha operato. Durnwalder è stato un’icona per 25 anni, raccontare la sua storia significa parlare dell’Alto Adige. Per il rapporto che lui ha intrecciato con gli Altoatesini, possiamo dire che, in qualche modo, siamo stati tutti Durnwalder.

Schöpf: Durnwalder rappresenta un sistema in cui tutti erano coinvolti. Io ho vissuto due terzi della mia vita sotto il “regno di Durnwalder”, sentendo la presenza concreta di un politico che mi avrebbe ricevuto nel suo ufficio senza appuntamento, qualora mi fossi presentata all’alba al palazzo della Provincia.

Daniel Mazza, Martin Fliri, Cornelia Schöpf

Quali novità introduce il “modello Durnwalder”?

P: L’Alto Adige ha sempre vissuto una situazione particolare: Silvius Magnago è stato il padre dell’autonomia ed ha ottenuto ampi privilegi per il nostro territorio, Durnwalder ha messo in opera la ricchezza che l’autonomia ha portato, fornendo sussidi per le più varie necessità, per i contadini, i lavoratori, l’edilizia. Questa “generosità” è stata sicuramente un modo per controllare la popolazione, tuttavia tutti hanno aderito per trarne beneficio e tutti ne hanno tratto beneficio perché sostenevano ed aderivano a questo sistema.

Monitor: Durnwalder incontra dei dirigenti di una società sportiva nei pressi di un impianto di recente costruzione, questi chiedono – con la spontaneità di chi compra patate al mercato – qualche milione di euro in più per il completamento dei lavori. Il presidente ascolta, fa due conti a mente e spiega che non sono gli unici a volere di più e lui non può far miracoli.  

Durnwalder si è sempre mostrato lontano dal divismo, pur essendo  dotato di grande carisma della politica. Quanto di populista c’era nel suo atteggiamento?

P: Lui ha sempre visto la provincia come un maso. L’opposizione parlava di democrazia e lui non badava a questo aspetto, era il capo e doveva decidere, però era sempre disponibile ad ascoltare i suoi cittadini. Come il capo del maso, come il sindaco del villaggio, lui riceveva i suoi compaesani per questioni di qualsiasi natura ed importanza.

Monitor: È l’alba, la telecamera riprende alcune persone che, davanti al palazzo della Provincia,attendono di essere ricevute dal presidente. Ora Durnwalder percorre un corridoio del palazzo seguito da queste persone, sa che la telecamera lo sta riprendendo ma non ci bada e, con assoluta naturalezza – e dunque con grande professionalità –, la supera come non ci fosse.

Pensate che il pubblico fuori regione sarà in grado di capire questi meccanismi, che nascono in un contesto rurale e informale ed entrano nella politica di oggi?

S: In questo film ci sono delle scene caratterizzate da grande teatralità senza cadere nel ridicolo. Queste situazioni mostrano le reali intenzioni del politico che non finge interessamento per la comunità. Il suo “personaggio” è quello del capo villaggio e lui lo interpreta perfettamente.

Al termine del mandato, Durnwalder è stato oggetto di alcuni procedimenti legali, non vi chiedo un parere sulle vicende che lo riguardano, ma un’opinione sulla sua indole politica?

P: Dopo che se ne è andato, è stato da molti accusato di aver tenuto un comportamento poco lecito; è noto a tutti, però, che i soldi sono stati distribuiti da lui. Come un contadino ha “fatto le parti” tra gli abitanti del maso – questo maso grande tutta la provincia – impiegando e dividendo quanto di cui poteva disporre. Molti dicono che ha guadagnato troppo, lui invece ritiene di aver percepito ciò che gli spettava come amministratore di un’azienda efficiente.

Come ha preso il vostro interessamento nei suoi confronti?

P: Io sono stato da lui nel 2012, un anno prima della scadenza del suo mandato; dopo avermi chiesto dei miei lavori precedenti, ha accettato. Mi ha detto fin da subito che lui non aveva soldi per finanziare il mio progetto, anche se io non ne avevo chiesti, ma l’abitudine a sentirseli chiedere deve aver fatto scattare in lui un automatismo. L’ufficio cultura della Provincia, a cui mi ero rivolto, temeva che il mio progetto potesse presentare qualche risvolto imbarazzante; la RAI ha poi comprato i diritti del mio lavoro, una volta completato. Molti pensano che il nostro progetto sia finanziato dalla Provincia, ma così non è.

Monitor: Luis Durnwalder ed Arno Kompatscher sono invitati in uno studio radiofonico per la fine della campagna elettorale che vedrà l’elezione dell’attuale presidente. C’è qualche problema tecnico, cuffie e microfoni non sembrano funzionare, Kompatscher attende che il problema venga risolto, Durnwalder sembra non tenersi sulla sedia, come se da un momento all’altro si volesse alzare per “vedere cosa non funziona in quei cavi”. Il presidente uscente fa dell’umorismo sulla situazione, come per esorcizzare la sua imminente uscita dalla scena politica.

Rispetto al suo predecessore ed al suo successore, cosa contraddistingue la presidenza di Durnwalder?

Durnwalder è succeduto a Magnago, un intellettuale urbano, il padre dell’autonomia. Durnwalder viene da mondo contadino e il suo operato si è rivolto all’economia e allo sviluppo della provincia. Ora Kompatscher si trova in una situazione ancora diversa, in cui è necessario guardare anche oltre ai confini regionali, si pensi alla questione dell’immigrazione. Durnwalder è stato un politico del fare, che ha investito notevoli risorse in interventi concreti. Lo dice lui stesso in un intervista: “C’erano i soldi, li abbiamo spesi”.

Monitor: Durnwalder, assieme ad alcuni suoi amici, è impegnato in una battuta di caccia tra le montagne innevate. Non può non ricordarmi uno dei vari leader politici del passato – ma non solo – che si mostrano “forti e maschi”, affermandosi vincenti anche sull’animale selvatico. Chiedo a Prossliner se Luis è il capo anche quando è con gli amici; mi risponde che non lo è e che è un amico tra gli amici. Questa  normalità e il pensare che le riprese sono state concesse eccezionalmente, perché momento privato, stemperano l’immagine autoritaria che si stava formando nella mia testa.

Karl Prossliner

La battuta di caccia è per l’appassionato un momento intimo, quasi religioso. Come siete riusciti a parteciparvi?

Sono stato fortunato. Alla fine del mio lavoro, dopo più di un anno di frequentazione, ho chiesto a Durnwalder di poterlo riprendere mentre andava a caccia e dopo breve tempo mi è giunta una risposta positiva. Mi ha studiato, conosciuto e quindi ha accettato che lo riprendessimo in questo momento privato. Il fatto che non fossimo giornalisti e che ci posizionassimo anche fisicamente lontano da loro durante le nostre riprese, credo ci abbia fatto considerare meno “pericolosi”. Prima di conquistare la sua fiducia abbiamo conquistato quella del suo autista, che lo ha accompagnato per quasi trent’anni.

Il suo atteggiamento è stato collaborativo durante le riprese?

Con lui non si poteva fare una ricerca o una pianificazione del lavoro come si fa solitamente per un documentario o un ritratto, non era il tipo e non aveva neanche materialmente il tempo. La sua segretaria mi mostrava l’agenda con gli impegni per le settimane a venire: tutti i giorni erano pieni. Non tutti gli appuntamenti erano “degni” della presenza del presidente, ma lui c’era e voleva esserci. La mia impressione è che si realizzasse nello stare con la gente, che cercasse il pubblico.

Monitor: Casa Durnwalder, una quarantina di giornalisti vengono invitati alla conferenza stampa annuale. Il factotum di casa Durnwalder illustra il menù della merenda contadina preparato per gli ospiti: speck, formaggi, vino, tutti prodotti tipici. Il pane, quello di segale, lo ha tagliato proprio lui, il presidente.

Ha mai mostrato insofferenza nei confronti dell’interessamento della stampa?

Lui è stato un uomo politico dalla vita privata trasparente. Divorziato, non ha mai nascosto le relazioni che ha avuto in seguito, e questo, nel cattolicissimo Alto Adige, non era scontato. Il fatto che invitasse ogni anno una quarantina di giornalisti in casa sua è sintomatico del fatto che non fosse abituato a nascondersi. Prima del documentario ero più critico nei suoi confronti; seguendolo ho compreso la sincerità delle sue intenzioni, l’ho visto come uomo al di là del suo ruolo, un uomo forse un po’ solo che riempie la sua vita con innumerevoli impegni.

S: La sua trasparenza non era un atteggiamento studiato, non c’era una strategia, oppure voleva dimostrare che non aveva nulla da nascondere. Sono rimasta sorpresa dalla mancanza di differenze tra l’uomo pubblico e quello privato.

Monitor: In un filmato di repertorio della RAI Durnwalder è ripreso mentre siede in cucina con la vecchia madre. La donna spiega come il giovane Luis abbia sempre voluto primeggiare sugli altri, racconta dei suoi successi scolastici raggiunti anche senza studiare molto, forse grazie alla prodigiosa memoria. Durnwalder non apre bocca, è immobile. In quel momento, in quel contesto, il capo, per una legge non scritta ma condivisa, è la madre.

Trovate l’elenco dei cinematografi dove il film è in proiezione QUI

Foto: Karl Prossliner

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