NATURA MORTA – dimensions variable: voce all’occhio di Andrea Nacciarriti
In occasione dell’intervento NATURA MORTA – dimensions variable presso la Kunsthalle Eurocenter di Lana, incontriamo Andrea Nacciarriti. Fotografo di potentissima pulizia, occhio selettivo, Andrea ci parla di una natura mutata e della sua nuova iconografia.

Dall’antropizzazione del paesaggio agli organismi geneticamente modificati, fino a giungere alle stagioni che “non ci sono più”. Cosa è successo alla natura (morta)? Quali sono i nuovi soggetti di questo tipo di rappresentazione?
L’ambiente che abitiamo è un processo di trasformazione che coinvolge i nostri comportamenti e la nostra percezione della realtà, l’uomo è partecipe, non artefice di questa trasformazione. Se cambiamo punto di vista, escludendo una visione antropocentrica, le specie organiche si inseriscono e operano in un equilibrio per nulla fragile ma fortemente mutevole, in cui l’unico processo davvero significativo che riguarda gli esseri viventi è la selezione naturale. Ogni elemento presente nel paesaggio nasce dalla trasformazione di ciò di cui è composto lo stesso; lo sviluppo di forme considerate artificiali, paradossalmente non è altro che la conversione della materia organica e inorganica presente sul pianeta e la sua combinazione in una serie incredibile di forme.
La rappresentazione non è altro che la visione filtrata di una composizione, l’opera è sostanzialmente la modificazione della visione.
La natura morta ha percorso mezzo secolo di riproduzione iconografica, sino alla sua astrazione installativa, la composizione della forma scaturisce dall’esigenza di riprodursi, moltiplicandosi in una visione immobile della sua immagine. Un passaggio dall’elemento naturale all’oggetto in-naturale e viceversa, che definisce una meccanica della trasformazione, il suo processo di sviluppo, fino alla conseguente metabolizzazione.
Il risultato è quello di una iconografia, che diviene altro, se posta in relazione alle diverse declinazioni possibili suggerite dal sistema dell’arte.
Quali sono i fattori che hanno portato a questa “nuova natura”?
Non è nuova, è più completa e complessa, raccoglie tutto il visibile. La forma, in sé, può essere tradotta attraverso la natura morta. La formalizzazione è sempre più spesso una grafica rappresentazione della materia e del modo in cui può comporsi. Fare riferimento al genere è il pretesto per destrutturare una metodologia che da Giorgio Morandi in poi è divenuta astrazione di genere primigenio e costitutivo della formalizzazione contemporanea.
Il tuo lavoro mostra la pesante influenza dell’uomo sulla natura. In questo rapporto chi è la parte dominante?
Credo che il mio lavoro presenti l’influenza della natura sull’uomo, e quanto essa sia capace di condizionarlo.
La tua immersione in questo tema, la selettività dello sguardo attraverso l’obbiettivo, ti hanno permesso di liberarti da una visione della natura mediata, formandone una tua personale. Quali sono le distorsioni, quale la verità?
Niente è vero e tutto potrebbe esserlo, in questo caso la natura non è presente se la pensiamo in termini morfologici, natura è un termine su cui si cade sempre in un errore semantico, e troppo spesso è un luogo comune che ha la presunzione di definire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato nel pensare al paesaggio, all’ambiente. Partendo dal presupposto che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, la natura è di per sé ciò che ci circonda, in alcuni casi ostile al limite della sopportazione umana, ma ciò non significa che non sia naturale, o più propriamente fisiologico, così come nell’arte.
Foto: 1,2 Andra Nacciarriti, 3 “durante l’installazione presso Kunsthalle Eurocenter Lana” Ulrich Egger.