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September 18, 2015

1:1 – Il rapporto (ana)logico di Jasmine Deporta con il suo diario digitale

Allegra Baggio Corradi

Il Kunstraum Café Mitterhofer di San Candido ospiterà gli scatti di Jasmine Deporta fino all’11 novembre. Le fotografie esposte sono tratte dall’archivio che Jasmine ha raccolto e fatto confluire nelle sue pagine digitali in rete e che sono state ora riunite in un unico ambiente fisico. L’intuizione personale dell’artista diviene una continua ricerca verso la cattura dell’effimero mentre i confini tra vita privata e professionale si dissolvono. 1:1 indica una corrispondenza tra l’intimo e il pubblico, tra l’io e l’altro. Le immagini racchiudono l’innocenza, il desiderio e l’ingenuità di un’artista che fa della sua lente un registratore di visioni e pensieri emersi dai suoi rapporti inter-personali.

1Il filo conduttore degli scatti esposti a San Candido é il rapporto tra la tua carriera di fotografa e la tua vita privata. Dove poni il confine tra questi due aspetti della vita?

Per me questo confine non esiste. Tutto quello che faccio, specialmente le mie più grandi passioni, sono un’espressione di me stessa e risultano da un’intuizione personale. Tutti i progetti che sviluppo derivano da una mia visione, dalle mie diverse anime nella vita o dalla quotidianità in ogni sfaccettatura. Le foto che espongo a San Candido puntano specialmente su questo – anche perché più che altri miei lavori -  sono foto della mia vita interpersonale e personale. Sono scatti della mia pagina tumblr che considero come un diario: autoscatti e altre tracce della mia esistenza. Voglio mostrare il “dietro le quinte” – che tuttavia è una parte integrante del mio “essere artista” in quanto influenza la mia personalità e naturalmente anche il mio approccio lavorativo. 

Tutti i tuoi scatti sono in analogico. Sviluppi ancora personalmente le tue fotografie? Che rapporto hai con la magia dello sviluppo in camera oscura? Ti sorprendi ancora ogni volta che vedi apparire l’immagine su carta?

Ho sperimentato con lo sviluppo l’ultima volta alle suole superiori. Più che la tecnica e il processo alla base della fotografia mi ha sempre interessato la preservazione di momenti irripetibili. Avrei anche potuto raggiungere lo stesso risultato utilizzando un’altra tecnica, ma ciò che mi ha sempre affascinato della fotografia sono l’estremo realismo e l’emozione. Uno scatto può infatti essere -comparato a video o filmati- di quanto più dettagliato ci sia nonostante quello che vediamo non mostri che attimo sospeso nel tempo.

1Che rapporto hai con il digitale? Come pensi che il suo utilizzo possa cambiare la percezione della realtà rispetto all’analogico? 

Ho una macchina fotografica digitale e la uso anche per qualche lavoro, ma perlopiù a fini commerciali o per necessità estetiche. Con il digitale in generale ho un rapporto abbastanza normale rispetto alla generazione dei miei coetanei; uso i social network, ho una pagina tumblr e comunico principalmente attraverso canali digitali. E’ molto più facile promuovere il mio lavoro in tutto il mondo in questo modo. Dato che sono nata nel 1989 sono cresciuta parzialmente in un’epoca “non digitale”, senza smartphone e senza internet e dunque anche con le macchine fotografiche analogiche. Mia sorella di 19 anni queste cose non può neanche immaginarle tanto che considera le macchine fotografiche analogiche come un oggetto vintage. Personalmente amo i momenti in cui sono senza cellulare e senza wifi perché la mente è rilassata e il mondo sembra ruotare più lentamente. 

Quali sono i fotografi dei quali ammiri maggiormente la tecnica o l’estetica?

Mi piace tanto il lavoro di Viviane Sassen, Lukasz Wierzbowski e Wolfgang Tillmanns, ma ci sono tanti altri fotografi che mi interessano.

Le tue immagini ricordano alcuni degli scatti fotografici di Jurgen Teller per le caratteristiche estetiche, il linguaggio diretto e l’utilizzo del colore. Quale è il tuo interesse per la fotografia di moda?

Anche Jurgen Teller scatta principalmente in analogico, magari per quello si può notare una  similarità nella nostra estetica. Come lui, se lavoro nell’ambito della moda non cerco di creare situazioni artificiali, ma combino aspetti ed elementi della vita quotidiana con modelle e luce naturali. Uno shooting inteso in questo modo si trasforma così in una documentazione di un’avventura che vivo quando trascorro una giornata con le modelle. 

6Quando decidi di stampare ti affidi alla post-produzione o non tagli mai nulla di quello che appare sul negativo?

Non faccio tanta post-produzione – mi piace lasciare le mie foto il più naturale possibile. Tento anche sempre di scattare in modo che la post-produzione possa essere ridotta al minimo. Chiaramente capita che alcune volte io tagli un frammento o un dettaglio dell’immagine intera, ma generalmente provo a lasciare le foto nella loro purezza.

Che ruolo svolge il caso nel tuo lavoro? Quando ci sono particolari che nella realtà non avevi inizialmente notato, ma diventano evidenti nel momento in cui ingrandisci le fotografie li preservi o preferisci rimanere fedele alla tua idea originale?

Nei miei lavori il caso svolge un ruolo importante e mi piace in particolar modo assecondarlo. Per i miei shooting provo a definire una serie di dettagli, come la location e il soggetto, ma per il resto amo lasciare che siano il momento e la situazione a svilupparsi autonomamente. E’ proprio questo che mi interessa della fotografia ovvero il suo costante tracciare e catturare momenti che nella realtà non possiamo neppure vedere perché di una brevissima durata. Quando scatto aspetto sempre il momento in cui l’idea originale si intreccia con il caso, con l’intuizione e con il momento irripetibile. 

4Spesso nelle tue foto le modelle sembrano diventare un tutt’uno con l’ambiente che le circonda. Che ruolo ha in questo senso l’illusione nella tua pratica fotografica?

Ho sperimentato con questo effetto specialmente nella serie “Sofasafari” – dove il concetto era di fondere le modelle e i loro vestiti con i divani vintage sui quali erano sdraiate. Volevo mettere un accento sui colori “classici” che esistono in quasi in ogni ambiente, specialmente in quello della moda e del design. Mi affascinava trattare il tema dello sdraiarsi sul divano: avevo in mente quei momenti in cui si ritorna o si è a casa, a tal punto rilassati su questo mobile da sembrare un tutt’uno con esso. Nelle mie altre serie la fusione di soggetto e ambiente é il risultato della mia volontà di combinare vestiti, oggetti e sfondi in base ai rimandi cromatici o strutturali, provando a fare questi accostamenti con raffinatezza piuttosto che in maniera classica. 

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