Tra il concettuale e il vernacolo in terra gardenese: il contemporaneo secondo la Galleria Doris Ghetta

Tra il concettuale e il vernacolo in terra gardenese: il contemporaneo secondo la Galleria Doris Ghetta

Tra scultura, pittura e installazione la gallerista Doris Ghetta ripercorre e rincorre le ricerche di un popolo in continua evoluzione: il suo. Quello altoatesino, quello gardenese in particolar modo, con il suo slancio internazionale e la sua larghezza di vedute che lo spingono sempre di più a guardare altrove, a voler imparare per poi riformulare linguaggi altri attraverso un lessico familiare. E’ questo ciò che emerge dalle due mostre attualmente in corso alla Galleria di Pontives, visitabili fino al 20 settembre: Listening di Walter Moroder ed Encounters, frutto di una collaborazione tra Isabella Kohlhuber ed Esther Stocker.

Intervisto Doris Ghetta per scoprire di più sulla genesi e l’evoluzione della sua galleria di arte contemporanea. La gentilezza che traspare dalla sua voce e la determinazione delle sue parole rivelano tutto  il suo entusiasmo per un progetto al quale si dedica con dedizione, senza mai dimenticare di rivolgere lo sguardo oltralpe. La talentuosa gallerista gardenese racconta i suoi esordi, la sua crescita e parla dei due progetti attualmente in corso.

 Doris, come nasce la galleria e da che tipo di esperienza artistica provieni?

Provengo da un’esperienza di bottega. Ho iniziato lavorando con i miei genitori nel loro negozio di cornici, dove sono entrata in contatto con diverse tecniche di pittura, dagli acquerelli agli olii. Ho collaborato con la galleria Marco Rossi di Milano per poi proseguire in modo indipendente in Val Gardena dove ho aperto una galleria d’arte contemporanea che promuovesse il lavoro di artisti locali e internazionali al contempo.

Cosa significa essere una gallerista di arte contemporanea donna in Val Gardena?

 A prescindere dall’occuparsi di arte antica o contemporanea, dall’essere donna o uomo, credo che quella del gallerista sia un’occupazione complessa in tutti i suoi aspetti, dalla curatela all’amministrazione, dalla burocrazia al rapporto con il pubblico. Nascere in Val Gardena, tuttavia, significa avere accesso all’arte direttamente di fronte alla porta di casa. La tradizione scultorea locale è molto radicata, ma gli artisti locali di oggi godono di una fama anche all’estero; le loro opere sono esposte in importanti musei e il loro livello artistico è comparabile a quello di grandi artisti internazionali.

Si può dire che la galleria sia dove é proprio per costringere il visitatore a recarsi nei luoghi dove tutto ha inizio, dove gli artisti sono cresciuti e tutt’oggi lavorano?

A molti collezionisti piace spostarsi per scoprire nuovi artisti o per vedere l’evolversi di coloro che già conoscono. Il fatto di trovarsi in Val Gardena é dunque in linea con il nostro desiderio di non focalizzarci esclusivamente sulla scultura per cercare di promuovere anche la pittura, le installazioni e interventi di natura concettuale rimanendo dove tutto nasce. L’arte locale viene valorizzata attraverso le mostre che teniamo alla galleria, ma anche attraverso le fiere alle quali partecipiamo regolarmente: Bologna, Basilea e Bucarest. Abbiamo registrato una considerevole affluenza nonostante la galleria sia aperta solamente dal martedì al sabato, dalle 15 alle 18. Ciò che mi piace è che i visitatori rimangano a lungo nei nostri spazi, forse anche grazie alle panchine che noi mettiamo sempre al centro delle sale.

Ci sono ancora secondo te delle mancanze culturali in Alto Adige e sente in qualche modo la necessità di colmarle?

Credo che l’Alto Adige sia una realtà tra le più fortunate al mondo, sia dal punto di vista culturale che strettamente artistico. Per quanto riguarda il contemporaneo, è ovvio che si può sempre fare di più, ma sono convinta che l’offerta attuale della regione sia comparabile a quella delle grandi città. Certamente la maggioranza del pubblico non è interessata all’arte contemporanea, ma gli abitanti locali sembrano rispondere bene alle nostre proposte. Abbiamo molti visitatori abituali oltre ad altri in visita dal resto d’Italia e dall’estero.

1Data l’importanza che attribuisci ai contatti con il panorama artistico internazionale, la tua galleria collabora con istituzioni estere?

Si, la galleria collabora da circa un anno con il Centro d’Arte Hugo Voeten di Herentals in Belgio dove é attualmente in corso una personale dedicata ad Aron Demetz; un evento di grandissimo successo del quale andiamo fieri. Un altro progetto riguarda invece la promozione di giovani artisti della scuola di Cluj in Romania tra cui Teodora Axente e Alin Bozbiciu.

Cosa ci puoi dire della mostra attuale dedicata a Walter Moroder?

La mostra presenta le opere più recenti dell’artista. Nella sala più grande sono esposte le sculture di donne posate che caratterizzano l’intera produzione di Moroder mentre nella stanza adiacente sono presentati dei frammenti scultorei in legno che hanno in comune il fatto di essere tagliati. L’intervento è di natura concettuale, qualcosa si nuovo per lo scultore gardenese che ha sempre impostato la sua ricerca artistica su un linguaggio di natura più classica.

2Nell’ampio spazio al piano terra invece la mostra in corso è dedicata a Isabella Kohlhuber ed Esther Stocker.

Si, la mostra è stata concepita da Victoria Dejaco, una giovane curatrice di base a Graz. Le opere presentano il concetto di arte delle due artiste come stretto rapporto tra bianco e nero. Mentre di Isabella Kohlhuber sono presenti dei lavori geometrici, degli inchiostri su carta e un’installazione sonora, di Esther Stocker sono esposti degli olii su tela e delle foto di sculture. Entrambe indagano il rapporto tra il linguaggio e i segni attraverso interventi in continuo dialogo tra loro.

Cosa hai in serbo per il futuro?

Stiamo attualmente lavorando al calendario del 2016, anno in cui ci saranno due mostre dedicate ad un’artista russa e ad uno ucraino. La direzione è quella di una sempre maggiore internazionalità, investendo le nostre risorse su giovani artisti locali e stranieri.

 

 

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