Music
July 13, 2015
Qualche secondo, secondo David Silver
Miriam Marzura
Di primo impatto è di un cinismo allarmante, con un velo di stronz**§°ne, lui però preferisce definirsi maniaco del controllo. Appena lo incontro mi dice che le interviste non gli piacciono e che non collabora volentieri con la stampa, iniziamo bene, penso. Lo tranquillizzo e gli dico che con franz può stare tranquillo (seeeee ; ) ). Io, David ho avuto la (s)fortuna di incontrarlo sui banchi di scuola e ora lo seguo quando suona. Esigente di natura, forse è proprio questa la caratteristica che gli ha permesso di conseguire alcuni risultati. Non è che ci capisca di musica, si intende, ma ci scambio due chiacchere volentieri. Ci incontriamo nel suo studio, casse in vista e poster di Bob Marley sulla parete… Se non altro, ero tentata da anni a chiedergli come mai ha scelto Silver come pseudonimo.
David, Dj Silver, cosa è cambiato rispetto a quando hai cominciato a 15 anni?
Ti dico cosa non è cambiato: la voglia. È stato un percorso composto di tanti, tanti piccoli step, che mi hanno portato su palchi di qualità, situazioni che mi hanno dato la possibilità di esprimermi in una cornice adeguata, che rispecchi il lavoro svolto finora. Lo definirei sempre un continuo streben nach…
Cosa invece è rimasto uguale?
Una cosa che mi sono sempre prefissato, e che non ho cambiato nel tempo, è di non proclamare troppo me stesso. Non ho mai elemosinato serate, nè sgomitato per farmi conoscere. Penso sia giusto avere un equilibrio nel farsi conoscere e farsi desiderare. Però ad alcuni Dj che stimo, ho passato qualche mia traccia, giusto per avere un confronto. Sicuramente ho anche avuto la fortuna di avere intorno amici a cui sono piaciuto e che mi hanno fatto conoscere attraverso il passaparola. È un percorso lungo, ma in un certo senso più vero.
Quando ti sei accorto che questo percorso portava i primi frutti?
Diciamo che il “grande salto” non c’ è mai stato. I risultati comunque li ho sempre visti in ritardo e sono arrivati sempre in momenti inaspettati o quando ero concentrato su altro. La prima traccia su disco è uscita quando studiavo diritto civile all’università, ero indiavolato nero. L’ho sviluppata preso da un nervoso pazzesco e poco dopo ho avuto la conferma che all’etichetta era piaciuta.
È quindi una questione di emotività?
No, non credo. Penso sia piuttosto il caso, credo proprio che la vita ti sorprenda quando meno te l’aspetti.
Cosa rende, secondo te, un evento valido?
Una volta ti avrei risposto la musica, in purezza. Ora è composto di tante cose: professionalità, presentazione, vivibilità…nel senso che secondo me un evento riesce quando si può usufruire di un’esperienza musicale in una cornice qualitativamente alta.
Cosa invece lo rende pessimo?
Quando non riesco a godere dell’offerta perché manca di professionalità. Penso che lo spirito del pubblico e quello dello staff organizzativo dovrebbero viaggiare all’unisono. Solo in quel caso si crea davvero empatia. Mentre quando questa viene a mancare, per superficialità o poca professionalità, secondo me l’evento è pessimo.
Qual è l’aspetto più importante nel tuo lavoro?
La condivisione con le persone, su tutto, quello è il motore principale del mio lavoro. Oltre alla musica mi piacerebbe poter condividere sensazioni, spazi e situazioni molto più spesso di quello che il lavoro mi permette. Ma ciò che mi spinge davvero, come una missione, è portare in giro la migliore musica possibile per una determinata situazione.
Ti sei confrontato con diverse situazioni e le occasioni non ti sono mancate… c’è stato un periodo in cui te la tiravi un po’?
Sì, sicuro. Ma ho la fortuna di avere degli Amici pronti a segarti le gambe e a smontarmi.
Un’esperienza non piacevole?
C’è una situazione dove davvero mi sono vergognato, ma non dirò nè dove, nè con chi. Si tratta di un evento al quale ho partecipato, non sono stato all’altezza del palcoscenico dove mi sono esibito. L’ho presa come una festa tra amici e il livello di professionalità era risultato chiaramente basso.
Dove ti senti a casa invece?
Al Tante Emma a Innsbruck, mi sento davvero bene.
Ora che stai facendo?
Sono in fase di sperimentazione, cerco sempre di portare quello che ho dentro attraverso dei suoni. Ora il sound è techno, un po’ più duro e veloce, sicuro, più energico e profondo. Mi sto muovendo verso lo sviluppo di suoni miei che siano marchi di fabbrica, indipendentemente dal genere.
Quanto ti riascolti? Ti ritieni un perfezionista?
Un casino, sono un meticoloso. Lavorare con me non è affatto facile, non riesco a non dire la verità. Secondo me se provi un’emozione, la devi esprimere per quella che è ed io, in questo, cerco di essere un artista onesto. Comunque sì, sono perfezionista tanto da passare giornate insoddisfatto dei risultati, all’ossessiva ricerca della perfezione.
C’è un genere che non ascolti?
No, un genere no. Ma ascolto solo ciò che mi trasmette emozioni.
Dove ti vedremo a breve?
Sicuro a Vienna, Augsburg, Innsbruck e ovviamente a Bolzano.
Come ti senti a giocare in casa (Bozen)?
A casa. =)
È l’ultima domanda, giuro, poi chiudiamo… dimmi un po’, perchè Silver??!!
Perchè mi è capitato spesso nella mia vita di arrivare secondo, dalle competizioni sportive a tante altre cose. Vuole essere una sorta di tatuaggio che mi aiuta a ricordare che posso sempre migliorarmi.
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